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I meta-decreti di Monti


Ogni volta che Monti compare in televisione per annunciare i decreti, gran parte della comunicazione si sdraia sul tappetino e contribuisce a veicolare annunci che hanno del miracoloso. Che i dati reali smentiscono sistematicamente.
C’è stato il decreto “SalvaItalia” i cui risultati – boom del debito pubblico e del deficit – sono sotto gli occhi di tutti. C’è stato il decreto “CresciItalia” i cui effetti recessivi sono stati sottolineati persino dal presidente della Corte dei Conti. Si potrebbe poi parlare degli effetti in termini di disoccupazione, crollo dell’occupazione e del potere d’acquisto etc.
L’ultimo coniglio dal cappello si chiama decreto “TrasformaItalia” che prende di petto le spese degli enti locali e introduce misure misteriose sintetizzate con gli acronimi di “start up” e “agenda digitale”.
Il decreto è stato anticipato da una rumorosa – e doverosa – campagna moralizzatrice contro le abbuffate del ceto politico che amministra regioni, comuni e province. Lo spettro der Batman e dei festini con i porcellini, ha agito come un totem che ha attirato su di se l’indignazione popolare distogliendo l’attenzione – ad esempio – dai “dettagli” del decreto che annuncia i tagli ai costi della politica negli enti locali.
Insieme a misure che hanno una loro ragione d’essere per ridurre costi, sprechi e sottrazioni indecenti alle casse pubbliche, ci sono dettagli come quello che introduce l’obbligo del pareggio in bilancio previsto dal nuovo art.81 della Costituzione (modificato senza alcuna procedura democratica) anche per gli enti locali e prevede lo scioglimento dei consigli regionali, comunali e provinciali che non rispettano i parametri imposti dai diktat dell’Unione Europea. Non solo, i sindaci o governatori che non rispetteranno questi diktat verranno considerati ineleggibili per dieci anni, al pari di quelli che magari hanno arraffato a man bassa.
Si tratti di due scenari ben diversi che vengono accomunati e consegnati allo stesso pubblico ludibrio. Nel primo si tratta di tagliare servizi sociali, posti di lavoro, prestazioni etc. per rientrare nell’obbligo di pareggio di bilancio, nel secondo si tratta di malaffare vero e proprio. Non è affatto la stessa cosa ma verranno sanzionate alla stessa maniera.
Una mannaia che farà sì che i nuovi amministratori di regioni, comuni e province saranno una nuova classe dirigente locale asai più allineata, disciplinata e subalterna alle oligarchie dominanti di quella precedente. Torniamo a ripetere di fare sempre attenzione alla scopa che ramazza l’immondizia.

Infine nel decreto sugli enti locali c’è anche la proroga per la concessione della riscossione dei tributi ad Equitalia finita – giustamente – sulla graticola per le sue modalità vessatorie e sotto certi aspetti illegali. Anche qui la proroga ad Equitalia è stata giustificata dalla “emergenza” scaturita dall’arresto degli amministratori di una società di riscossione privata (dunque non pubblica) che era riuscita a rubarsi… anche le tasse.

Attenzione dunque ai dettagli dei decreti, anzi dei meta-decreti, del governo Monti. Sono strapieni di diavolerie.

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Qui di seguito segnaliamo uno dei rari esempi di giornalismo che non si è lasciato ingannare dai meta-decreti del governo Monti. In questo caso si tratta delle misure per agevolare la nascita di nuove imprese, quelle che i bocconiani chiamano “start up” e che i lavoratori impareranno a conoscere sulla propria pelle come ulteriore precarizzazione e sfruttamento.


Da Il Fatto Quotidiano di oggi


Start-up significa 4 anni senza garanzie

Salvatore Cannavò


Potrebbe essere il primo stravolgimento della riforma Fornero del mercato del lavoro la parte del Decreto Crescita 2.0 dedicata ai contratti.

Nelle norme ideate dal ministro Passera, infatti, si ritrovano ampie semplificazioni in materia di contrattualistica del lavoro riservata alle “start-up” per i primi quattro anni di vita. E si tratta di semplificazioni piuttosto pesanti.
Il contratto di lavoro a tempo indeterminato, nei primi 48 mesi di vita delle aziende, è di fatto abolito e sostituito da un “contratto tipico”, cioè un contratto di lavoro a tempo determinato. Il primo contratto ha una durata minima di almento 6 mesi mentre nel periodo tra i 6 mesi e i primi tre anni si procede con rinnovi contrattuali successivi anche senza soluzione di continuità.

Dopo il terzo anno, infine, è possibile un solo rinnovo e per un solo anno. Al termine dei 48 mesi l’assunzione deve essere necessariamente a tempo indeterminato “altrimenti è espressamente vietato che la collaborazione possa continuare con altre fattispecie di lavoro subordinato o anche “fittiziamente” autonomo”. Insomma, sembra un vantaggio per i lavoratori che, però, nel frattempo si sono fatti quattro anni di impiego senza alcuna garanzia. La norma, poi, sembra confliggere con quella comunitaria che indica in 36 mesi il periodo di tempo in cui poter stipulare contratti di lavoro a tempo determinato successivi tra un’azienda e il medesimo lavoratore. I piani di Ichino, paragonati a questo, sembrano estremisti.
Le idee di Passera, in ogni caso, sono ancora più elastiche. Per quanto riguarda la remunerazione, infatti, si introduce una nuova possibilità per le aziende. Determinare una parte fissa, che segue i minimi tabellari, e una parte variabile “che può essere remunerata anche con quote della società (stock options)”. Sia chiaro, però, che non stiamo parlando di remunerazioni alla Marchionne (che con le stock options è diventato più che ricco) ma di quote di salario elargite legando il dipendente alla società. Che magari, visto che è una società innovativa, dopo 48 mesi è costretta, per difficoltà oggettive, a chiudere i battenti.
Le società in oggetto, infatti, sono società di capitali “non quotate” detenute e controllate almeno al 51% da persone fisiche con un fatturato annuo inferiore ai 5 milioni di euro e che non distribuiscano utili. “Un Paese cresce se ha imprese così” ha spiegato ieri Corrado Passera.

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1 Commento


  • MaxVinella

    Sempre per rimanere nei dettagli, occorrebbe sapere se l’obbligo del pareggio di bilancio vale anche per le partecipate, perchè in caso contrario i sindaci esternalizzeranno tutto quello che è esternalizzabile e la norma verrà facilmente bypassata !!

    E’ un po’ quello che già avviene ora per superare i vincoli del patto di stabilità ed i tetti di spesa per il personale !!

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