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Fascisti in lutto: è morto Rauti, stratega della provocazione

Pino Rauti è stato uno dei fascisti più noti nel dopoguerra italiano, comparendo sempre al margine delle operazioni peggiori della destra eversiva, fino ad essere arrestato, ma sempre ricomparendo in posizioni di rilievo, fino a diventare segretario del Msi prima di Gianfranco Fini.

Balilla come tutti, nel ventennio fascista, volontario di guerra nella Repubblica sociale italiana. Si rivela per quel che è nel dopoguerra, dove compare già all’atto di fondazione del Movimento Sociale Italiano, alla fine del 1946. Ma l’attività politica ordinaria non gli sembra sufficiente, e quindi nei primi anni cinquanta contribuisce a dar vita all’organizzazione fascista semi-clandestina FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria), che resuscita un’omonima sigla sciolta nel luglio del 1947.

Il Far compie due attentati a Roma, contro il ministero degli esteri e all’ambasciata statunitense. Il 24 maggio 1951 furono arrestati per questo lo stesso Pino Rauti, insieme a Fausto Gianfranceschi, Clemente Graziani, Franco Petronio, Franco Dragoni e Flaminio Capotondi, Julius Evola (sedicente filosofo, considerato l’ispiratore del gruppo). Molti degli arrestati furono poi condannati a un anno e undici mesi, Evola, Rauti e qualcun altro vennero assolti. La sigla Far non compare più dopo questo processo, ma lo gruppo di squadristi si ritroverà in altre formazioni.

Nel 1954, dopo la svolta “legalitaria” del Msi che porta alla segreteria Arturo Michelini, Rauti dà vita al centro studi Ordine Nuovo, insieme a Clemente Graziani, Paolo Andriani, Rutilio Sermonti, Bruno Acquaviva, Piero Vassallo, Silvio Adorni, Riccardo e Gastone Romani, Silvio Vitale, Nino Capotondi, Alfio Tagliavia, Stefano Mangiante, Gabriele Troilo, Antonio Lombardo. In seguito aderirono anche Paolo Signorelli, Giulio Maceratini, Gino Ragno, Marcello Perina e Adriano Romualdi. Il gruppo esce dal Msi nel ’56 e e provvede a “formare” molti dei terroristi fascisti dei decenni successivi.

Nel maggio del 1965 l’istituto di studi militari Alberto Pollio organizza un convegno sulla “guerra rivoluzionaria”, a Roma all’Hotel Parco dei Principi, che viene finanziato dallo Stato Maggiore dell’esercito: si trattava di un raduno fra fascisti, alte cariche dello Stato e imprenditori: Rauti presenta una relazione su “La tattica della penetrazione comunista in Italia”. Il 16 aprile 1968 parte insieme ad altri 51 neofascisti, fra cui l’agente del SID Stefano Serpieri, Giulio Maceratini, Mario Merlino (che di lì a poco si infiltrerà effettivamente tra gli anarchici del gruppo 11 marzo, di Pinelli e Valpreda, nell’ambito della complessa operazione di provocazione che sfocerà nell’attentato di Piazza Fontana), Stefano Delle Chiaie, Franco Rocchetta, per un viaggio di istruzione sulle tecniche di infiltrazione, nella Grecia dei colonnelli, pagati dalla dittatura militare.

Con l’arrivo alla segreteria del Msi nel 1969 di Giorgio Almirante, Rauti e un gruppo di dirigenti rientra nel partito, mentre alla guida del movimento resta il bombarolo Clemente Graziani.

La sigla Ordine nuovo rivendica numerosi attentati tra la fine degli anni’60 e la pria metà dei ’70. Ma a quel punto si definisce come “Movimento politico”, guidato dallo stesso Graziani e Pierluigi Concutelli. Aderiscono fra gli altri Roberto Besutti, Antonio Ragusa, Bruno Esposito, Roberto Gabellini, Sandro Saccucci e Elio Massagrande.

Da queste file vengono quasi tutti i terroristi neri poi arrestati e processati: Giovanni Ventura, Franco Freda e Delfo Zorzi (che dal 1974 vive in Giappone); Pierluigi Concutelli, condannato per l’omicidio del giudice Vittorio Occorsio nel 1976; Zorzi, Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, indagati per la Strage di Piazza della Loggia di Brescia e successivamente assolti per insufficienza di prove; Vincenzo Vinciguerra, condannato e reo confesso per la Strage di Peteano di Sagrado in cui morirono tre carabinieri e due rimasero feriti.

Alla stessa organizzazione appartenevano anche Giovanni Ventura e Franco Freda (accusati della Strage di piazza Fontana, processo in cui in un primo momento venne indagato lo stesso Rauti) e Stefano Delle Chiaie (in seguito distaccatosi per fondare Avanguardia Nazionale).

Il 4 marzo 1972 il giudice Stiz di Treviso emette mandato di cattura contro Rauti per gli attentati ai treni dell’8 e 9 agosto 1969. Successivamente l’incriminazione si estenderà agli attentati del 12 dicembre. Il 21 novembre 1973 trenta aderenti ad Ordine Nuovo vengono condannati dalla magistratura per ricostituzione del Partito Nazionale Fascista e viene decretato lo scioglimento dell’organizzazione. Nel 1974, con la rivoluzione dei garofani in Portogallo, viene scoperta l’organizzazione eversiva internazionale fascista Aginter Press, con la quale ha stretti rapporti anche Rauti attraverso l’agenzia Oltremare per la quale lavora. Nessuna di queste inchieste è mai arrivata però al processo. Le “protezioni” del giornalista de “Il Tempo” erano davvero di primissimo livello (come dimostrava del resto la sua frequentazione con i vertici militari italiani e Nato).

Successivamente Pino Rauti fu inquisito anche per la strage di Piazza della Loggia a Brescia e in merito il 15 maggio 2008 è stato rinviato a giudizio. Fu assolto il 16 novembre 2010 per insufficienza di prove. Nelle richieste del pm Roberto Di Martino, si afferma che quella di Rauti è una “responsabilità morale, ma la sua posizione non è equiparabile a quella degli altri imputati dal punto di vista processuale. La sua posizione è quella del predicatore di idee praticate da altri ma non ci sono situazioni di responsabilità oggettiva. La conclusione è che Rauti va assolto perché non ha commesso il fatto”. In pratica, un’arringa difensiva, che però non convince il Tribunale (l’insufficienza di prove è ben diversa dalla “formula piena”).

Nel 1972, comunque, Rauti era stato eletto deputato alla Camera nelle file del Msi nel collegio di Roma, dove verrà sempre rieletto fino alle elezioni del 1994. Lancia il quindicinale “Linea”, e diverse organizzazioni parallele: Movimento giovani disoccupati, Gruppi Ricerca Ecologica, sostiene i Campi Hobbit.

Nel 1979, viene eletto vicesegretario del Msi.

Il 14 dicembre 1987, al XV congresso del Msi a Sorrento, raccoglie quasi la metà dei consensi, insieme alla corrente di Beppe Niccolai, per l’elezione a segretario, ma è battuto da Gianfranco Fini, che era sostenuto dal segretario uscente Giorgio Almirante.

Diventa comunque segretario al congresso successivo, quello di Rimini, nel ’90, coalizzandosi con la componente di Domenico Mennitti, e battendo Fini. Ma nelle sue mani il Msi frana quanto a voti elettorali. Dopo la sconfitta alle amministrative e alle regionali in Sicilia del 1991 il Comitato centrale del partito lo destituisce, e rielegge Fini.

Resta comunque europarlamentare dal 1994 al giugno 1999, dopo il congresso di Fiuggi del 1995, che trasforma il Movimento Sociale in Alleanza Nazionale. Rauti contesta la “svolta” finiana e fonda, insieme a Giorgio Pisanò, Cesare Biglia e Tommaso Staiti di Cuddia il Movimento Sociale Fiamma Tricolore.

Ha fatto sempre capo alla sua “corrente” la tecnica dell’infiltrazione a sinistra. Fin dalla scelta di alcuni temi, come l’anticapitalismo e il terzomondismo.

Pino Rauti è infine stato il suocero di Roma Gianni Alemanno. La figlia Isabella, consigliere regionale del Lazio e componente del consiglio di presidenza, risulta tra gli indagati nella recente indagine della magistratura che ha portato all’arresto dell’3x capogruppo del Pdl, “Tarzan” Granco Fiorito..

Per non dimenticare cosa era riuscito a dire questo personaggio:

L’intervento di Rauti ad una assemblea del MSI nel 1952; per molti aspetti molto più importante e indicativo, ai fini della strategia di aggressione contro la sinistra, di quelli svolti nel famoso convegno dell’Istituto Pollio all’Hotel Parco dei Principi tenutosi a Roma nel maggio del 1965.

Nell’intervento del ’52, Pino Rauti afferma testualmente che nel paese è in corso una guerra civile scatenata dai comunisti attraverso la  propaganda, la forza della parola e l’infiltrazione negli apparati dello Stato. Rauti sostiene che occorre far venire allo scoperto i comunisti, provocarli e costringerli all’insurrezione attraverso un piano articolato su sette punti:

“Far saltare i nervi all’avversario e trascinarlo nella rissa attraverso aggressioni fisiche ai militanti della sinistra, provocazioni, bombe e scazzottate qua e là. Se i comunisti non avessero reagito a questo stillicidio avrebbero perso credibilità di fronte alla classe operaia che li avrebbe visti incapaci di difendersi;
 Attentati a uffici, magazzini, cinema, linee ferroviarie. L’opinione pubblica si sarebbe indignata e avrebbe invocato l’ordine pubblico senza stare a guardare chi lo avrebbe assicurato;
  Lavorare sull’esercito inducendolo a buttare il proprio peso nella lotta politica;
  Creazione di una rete europea e mondiali di organismi, giornali, gruppi di pressione dell’estrema destra. Entrare in contatto con i governi e i servizi statali stranieri interessati ad impedire l’ascesa al potere dei comunisti nel paese;
  Lavorare sui potentati economici senza offrire mirabolanti soluzioni economiche ma convincendoli ad appoggiare un governo di estrema destra – anche sgradito politicamente – come soluzione dei propri interessi;
  Stabilire solidi rapporti di amicizia e se possibile di affari con gli uomini chiave di tutte le istituzioni in fosse stato possibile infiltrarsi;
  Fare capire alla Chiesa che il suo futuro stava nel consolidamento di un vero regime di destra perché la DC gli garantiva solo il presente”.

Rileggendo oggi questo progetto di Pino Rauti, c’è l’impressionante anticipazione della strategia che verrà utilizzata da fascisti, apparati dello stato e servizi segreti USA nella guerra dei quaranta anni scatenata con la strage di Piazza Fontana contro la sinistra, i comunisti e l’intellettualità progressista nel nostro paese.

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