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Viminale, un ‘corvo’ in volo sugli appalti truccati

Anche il Viminale ha il suo Corvo. Dopo lo scandalo in Vaticano, adesso è sul ministero degli Interni che rischia di abbattersi una tempesta dalle proporzioni inimmaginabili. Tutto nasce da un dossier di una ventina di pagine inviate alla procura di Roma, un esposto anonimo nel quale vengono elencati, con molta precisione, affari “poco trasparenti” nella gestione degli appalti – sottoposti per legge al vincolo della segretezza – per la sicurezza nazionale. 
Software per le centrali operative, sistemi di rilevamento delle impronte digitali, videosorveglianza, persino il numero telefonico europeo per la sicurezza (il 112). Un giro di affari da centinaia di milioni di euro, elargiti un po’ dall’Ue e un po’ dalla presidenza del Consiglio. Al centro del mirino c’è la Direzione Centrale per i servizi tecnico-logistici e la gestione patrimoniale, “la casa della legge – scrive il Corvo – che diventa luogo prediletto per l’affermazione di interessi personali”. La Direzione, tra il 2006 e il 2011, ha visto avvicendarsi alla sua guida tre persone: Nicola Izzo, Giovanna Iurato e Giuseppe Maddalena, in carica ancora oggi. L’accusa dell’anonima gola profonda riguarda le commesse milionarie, affidate direttamente ad alcune grandi società, senza passare per aste e gare d’appalto. Il tutto veniva facilmente coperto visto che si trattava di questioni strategiche, coperte da segretazione.
Dal dossier consegnato in procura emergono anche i nomi delle aziende coinvolte: Telecom Italia, Sintel, Divintech e Beyond Security. Tra i capitoli di spesa più “curiosi” del Viminale allora emergono 600mila euro andati via per delle scarpe da donna troppo strette, inutilizzabili per le poliziotte. Oppure, 500 milioni di euro per l’acquisto di nuovi braccialetti elettronici per i detenuti: anche se in otto anni ne sono stati utilizzati appena 14 dei 400 a disposizione. Ancora, pallottole comprate dall’azienda della Repubblica Ceca Sellier & Bellot: otto lotti tutti difettosi, con la polizia italiana che rimane senza proiettili da usare durante gli addestramenti. Ma non è tutto: il Viminale avrebbe pagato alla Sintel, senza passare per una gara d’appalto, apparati per polizia stradale (5.4 milioni di euro), polizia penitenziaria (7.1 milioni di euro) e Vigili del Fuoco (5.6 milioni di euro). Mentre Telecom avrebbe ricevuto la commissione per il rifacimento delle linee di tutte le centrali operative d’Italia. A Varese, infine, “per compiacere l’allora ministro degli Interni Maroni”, sarebbe stato sperimentato un nuovo sistema di gestione per il 112 europeo.
Ma la parte più inquietante del dossier è l’ultima, quella che il Corvo ha intitolato “In Memoria”: è la storia del vicequestore Salvatore Saporito, morto suicida nella caserma di Castro Pretorio il 31 marzo del 2011. La morte, secondo quanto scritto nell’esposto, sarebbe arrivata dopo mesi e mesi di mobbing e umiliazioni: “Gli urlavano contro, stracciavano le sue relazioni e gliele buttavano in faccia. Hanno fatto di tutto per allontanarlo”. E, alla fine, in un modo o nell’altro, ci sono riusciti.
Il documento redatto dal Corvo sarebbe stato consegnato in un’unica copia al ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri prima dell’estate, per poi arrivare nelle mani del capo della polizia, Antonio Manganelli, che avrebbe trasmesso tutti gli atti alla procura romana. Piazzale Clodio, adesso, è al lavoro sulle ipotesi di reato di turbativa d’asta e associazione per delinquere.
Nicola Izzo, definito dal Corvo “il puparo della combirccola”, sostiene che si tratti soltanto di diffamazione, e che lui non si occupa di appalti, in quanto vicecapo del Dipartimento. Dal canto suo, Manganelli cerca di stemperare questo clima sempre più pesante: “Ho massima fiducia nella magistratura – dice il capo della polizia –. Agiremo con massima trasparenza”. Ma l’aria è quella dello scontro finale all’interno del Viminale, con i vertici che – dopo la botta presa con le sentenze del processo Diaz – adesso rischiano l’azzeramento totale.

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