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E’ iniziata la ‘guerra del Viminale’

La crisi del settimo anno. Come le coppiette e come il Quirinale. “Il settenariato noi lo ipotizziamo, ma è un giochino…”, svela il capo della polizia Antonio Manganelli a Repubblica, alimentando il sospetto che qualcuno, tra le divise, punti molto sulle sue dimissioni nel prossimo anno e mezzo. La voce, in realtà, gira da un po’: Manganelli lascerà libera la poltrona entro il 2014, a conferma di una prassi collaudata, i vertici duranto sette anni. 
E’ così che le rivelazioni del Corvo sugli appalti truccati al Viminale acquistano uno spessore inedito, in cui l’importante non è il “come”, ma il “quando”. Cioè, proprio quando le voci sulle dimissioni del grande capo si fanno più insistenti, ecco che spunta fuori il dossier infuocato. La prima testa eccellente a rischio è quella di Nicola Izzo – definito dal Corvo “il puparo della combriccola” -, il vice capo della polizia, l’erede naturale di Manganelli. In questo contesto andrebbero inserite anche le condanne per le violenze della scuola Diaz: non un ritrovato senso di giustizia in Italia, ma la prima grande battaglia di una guerra intestina che andrà avanti ancora a lungo. Non è un caso, infatti, che quella sentenza abbia fatto piazza pulita proprio tra gli uomini più vicini agli attuali vertici della polizia. Non tanto con le condanne in sé – nessuno passerà mezza giornata dietro le sbarre – quanto per l’interdizione dai pubblici uffici, l’arma in grado di troncare ogni carriera. Un nome per tutti è quello di Francesco Gratteri, indicato da più parti come papabile per il posto di capo, ma azzoppato in Cassazione.
Il regolamento di conti è tra poliziotti e prefetti, con i secondi nettamente avvantaggiati dal fatto di avere al governo diversi “colleghi”. La successione di Manganelli potrebbe essere anche un’occasione per risistemare alcuni “amici in difficoltà”. Con la spending review, infatti, oltre a diverse province salteranno anche parecchie prefetture, con i funzionari che rischiano di ritrovarsi, da un giorno all’altro, in mezzo alla strada.
Così, la griglia di partenza per il posto di capo della polizia vede ai primi tre posti Giuseppe Procaccini (ex prefetto di Latina), Franco Gabrielli (capo della protezione civile) e Alessandro Pansa (ex prefetto di Napoli).
Dal canto suo, Manganelli sta facendo di tutto per sedare gli animi e dare l’impressione che tutto proceda tranquillamente. “E’ difficile dar retta alle voci – dice ancora a Repubblica –. Anche a me, a volte, ne sono arrivate su quello o su quell’altro… Poi penso che sul mio conto non ce ne siano”. Non è ingenuità, ma pretattica. I poliziotti stanno perdendo il controllo della situazione in favore dei burocrati. Il sospetto, alimentato soprattutto dagli ambienti sindacali, è che dietro queste manovre ci sia Gianni De Gennaro, che avrebbe barattato il suo ingresso al governo – è sottosegretario con delega ai servizi – con il controllo della polizia italiana.
Ecco allora che si spiega anche la rapida evoluzione della situazione sul fronte della successione a Manganelli: le elezioni sono alle porte, e un cambio di governo, con l’esclusione in toto dei tecnici, potrebbe far saltare tutto il banco. Ma c’è un piano B che risponde al nome di Nicola Cavaliere, poliziotto sì, ma ha 65 anni, e rappresenterebbe una scelta di transizione, in attesa di capire i nuovi equilibri politici del Paese.
La procura di Roma, intanto, prosegue con le sue indagini sui presunti appalti truccati rivelati dal Corvo, mentre il Viminale non ha avviato alcuna indagine al suo interno. Anche questa è una mossa tattica: aspettare il “corso della Giustizia” aiuta a mascherare da operazione trasparenza con cacciata delle mele marce, il gioco di potere che si sta consumando proprio in questi giorni.

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