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Il “caso Lander”. Interrogazione al ministro Severino


Che fosse una boutade ben orchestrata lo si era capito già il 13 giugno scorso, quando la Garbatella si era svegliata in un clima da fiction allestito per arrestare Lander Fernandez Arrinda, presunto militante di Eta; che dietro la domanda di estradizione avanzata in seguito da Madrid si nascondesse una volontà politica anziché un’istanza di giustizia era altrettanto palese, vista l’estraneità di Lander ai legami che gli sono imputati.
Ciò che invece affiora negli ultimi giorni, evidenziando una grave responsabilità del ministro Severino, è la subordinazione della Corte d’Appello a questo maquillage che, dopo quasi 5 mesi, comincia ad assumere tratti grotteschi. In un fax giunto lo scorso 30 ottobre a Kepa Mancisidor, legale di Lander a Bilbao, il rappresentante dell’ambasciata spagnola Manuel Garcia Castellon richiedeva urgentemente all’Audiencia Nacional di Madrid ulteriori prove sulla colpevolezza di Lander, sintomo che le poche informazioni raccolte non sono ad ora sufficienti a tenere in piedi l’impianto accusatorio.
Ma due elementi destano sospetto. In primo luogo, come si evince dallo stesso fax, la richiesta di ulteriori mezzi istruttori avviene su invito del sostituto procuratore Catalani e della presidente della IV sezione della Corte d’Appello di Roma, dott.ssa Russo. Una sollecitazione, quindi, che determina una perdita di imparzialità e terzietà della Corte, oltre ad essere prova di una forte anomalia: la richiesta di supplementi dei materiali istruttori, infatti, può essere effettuata direttamente all’ Audiencia Nacional solo dalla Corte stessa o dal ministro di Grazia e giustizia, mentre la Procura – che in questo caso ha agito fuori dalle proprie competenze – può provare a richiedere materiali integrativi solo attraverso canali diplomatici.
Passiamo alla seconda stranezza. La richiesta di «ulteriori mezzi istruttori» dovrebbe dimostrare sia la «concreta appartenenza» di Lander a Eta, sia la pericolosità del fatto addebitatogli (che ricordiamo risale al 2002, quindi ampiamente prescritto secondo il nostro ordinamento) in relazione alla presenza di persone in prossimità del luogo del reato e alla loro incolumità. Ipotesi, però, già smentite dalla documentazione prodotta in passato dalle autorità spagnole e ora in possesso del collegio difensivo di Lander.
L’unica verità, dunque, è che Lander, ormai da due anni in Italia, è agli arresti domiciliari da quasi 5 mesi senza che le autorità spagnole (e italiane) abbiano presentato uno straccio di prova che renda credibile l’impianto accusatorio. Non è un caso quindi che l’ affaire Lander abbia attirato su di sé la solidarietà delle reti sociali e politiche basche e italiane; ma anche l’impegno a fare chiarezza di molte personalità politiche.
È il caso degli onorevoli Donatella Poretti e Marco Perduca (Radicali) che giovedì scorso hanno presentato un’interrogazione parlamentare al ministro Severino nella quale, sulla scorta degli elementi dedotti dal fax, si interroga la guardasigilli sulla conformità della Corte d’Appello «alle ordinarie procedure di estradizione». I due senatori hanno poi chiesto «se il Ministro non ritenga che sussistano le condizioni per revocare il regime di libertà vigilata a cui è sottoposto LFA (Lander Fernandez Arrinda, ndr ), per permettergli di ricominciare a svolgere le sue attività lavorative e la sua vita ordinaria, o in subordine non possa esser previsto un attenuamento del regime di arresti domiciliari».
Il prossimo 13 novembre, infatti, è fissata l’udienza che deciderà sulla revoca delle misure detentive cui è sottoposto Lander; per questo motivo, a Piazzale Clodio, la rete di solidarietà Un Caso Basco a Roma ha organizzato un presidio di sostegno a partire dalle ore 9.00.

da “il manifesto”

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