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Una manovra tutta tagli

Che comandi Monti o Cirino Pomicino, la legge finanziaria è da sempre terreno paludoso su cui si scontrano interessi diversi. Del resto, è persino normale che sulla legge più importante dello Stato – deve decidere come si aggiustano i conti, quindi si determina anche “chi è che paga” – la battaglia prosegua fino all’ultimo minuto.

Con l’invasione della Troika, che pilota Monti e il suo esecutivo, è però cambiato molto: ora non si discute più se regalare soldi a un settore togliendoli a un altro, ma soltanto della misura dei tagli da apportare qui oppure là. Tutti devono perderci qualcosa, ma qualcuno più di altri. Non a caso per “salvare” la Chiesa dal pagamento dell’Imu sui suoi esercizi commerciali (cliniche, alberghi, ristotanti e mense, negozi, ecc) questo governo che finge d’essere “puramente tecnico” si sta persino inventando una nuova formulazione giuridica del concetto di “no profit” per facilitare la “sacra” elusione fiscale.

La discussione in Parlamento avviene intorno a un testo elastico nei contenuti ma rigido nel saldo finale: 6,5 miliardi. Il “gioco della torre” convolge giorno dopo giorno il pubblico impiego, gli esodati, i non autosufficienti, la scuola, la ricerca, ecc. In un clima avvelenato dalla necessità per alcune forze di salvaguardare il più possibile i propri bacini elettorali (le elezioni sono troppo vicine), e con il governo impegnato a tentare di disinnescare le proteste sociali (ultime quelle della scuola, cui vengono in queste ore rivolti segnali “concilianti” sulla rinuncia ad aumentare l’orario di lezione frontale da 18 a 24 ore settimanali).

Il nostro consiglio – nel mentre vi proponiamo diverse schede sui capitoli più “scottanti” – è di non fidarvi di nessuna “promessa” (né politica né governativa) e contunare la mobilitazione fino al testo definitivo e anche dopo. Perché, ripetiamo, l’unica cosa certa è che comunque confezionata da questa “legge di stabilità”, la manovra ci toglierà molto. E non ci sembra utile star qui a questionare se ciò che perdo io è un po’ più o un po’ meno di quello che perdi tu. Questo è un gioco miserabile che lasciamo volentieri a chi, tutto sommato, vuole che “il manovratore” sia disturbato il meno possibile. E perciò gioca alla divisione tra settori sociali.

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