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Senza mediazione sociale, che diavolo fanno i “corpi intermedi”?

L’intervista a Fabrizio Barca di Tonia Mastrobuoni, sulla Stampa, ragiona sullo stesso tema su cui argomenta Francesco Piccioni su “il manifesto”. Con risultati diametralmente opposti.
Il tema è la funzione dei “corpi intermedi” – partiti, sindacati, associazioni, parrocchie, ecc – in una società che sta cambiando “struttura”. Il ministro Barca rievoca quasi con nostalgia i bei tempi in cui tutti questi soggetti, ben coesi nel “consociativismo” garantito dai partiti dell'”arco costituzionale”, “filtravano la rabbia sociale, la incanalavano dentro alvei controllabili, “facevano sfogare” persone. Figlio di un noto economista e dirigente del Pci, Barca non fa fatica ad ammettere che questo ruolo di “compatibilizzazione” era anche l’unico che li giustificava. E vede con preoccupazione che oggi, invece, soprattutto partiti e sindacati non sono più “radicati nel sociale”, curano con attenzione i propri rapporti reciproci all’interno di palazzi che si guardano in cagnesco perché in genere complici con fortune alterne.
La valanga di ragazzi “ingovernati” e disorganizzati che ha invaso ieri le piazze ha portato allo scoperto la faglia gigantesca che si è aperta tra politica e società.
Il ministro però non riesce a capire perché quegli stessi partiti e sindacati abbiano rinunciato a quel ruolo. Cerchiamo di aiutarlo noi: la politica che lei, Monti e Fornero, e prima ancora tutti i governi dell’ultimo ventennio, avete messo in atto viene registrata come “taglio della spesa sociale”, dei servizi, del welfare. Tutto “tecnicamente necessario”, perché “abbiamo vissuto troppo a lungo al di sopra dei nostri mezzi” (chi? non certo noi quaggiù…).
Queste sforbiciate hanno progressivamente ridotto, e questo governo sta annullando, qualsiasi voce di spesa dedicata alla “mediazione sociale” tra interessi contrapposti. Queste sforbiciate, ne consegue, hanno ridotto fino all’invisibilità gli spazi su cui i “corpi intermedi” esercitavano il loro ruolo di “rappresentanza”. Minima e spesso inefficace, ma “rappresentanza” riconosciuta.
Insomma: avete segato i travi portanti che sostenevano un’impalcatura sociale complessa, chiamata a volte addirittura “società opulenta” anche se la distribuzione della ricchezza andava aumentando le disparità. Ora questa impalcatura sta venendo giù e scoprite che “c’è una domanda sociale priva di rappresentanza” perché avete eliminato il margine – economico, quindi politico – della “mediazione”.
Non la potete riettere in piedi prima che abbia finito di venir giù.
Sta ad altri soggetti, politici e sindacali e associativi, farsi carico di interessi ormai incompatibili con le vostre politiche. A voi sono rimasti soltanto i manganelli e i blindati. All’inizio sembrano vincenti, alla lunga perdono. Perché il vecchio detto è sempre valido: “non si governa contro il popolo”.
C’è conflitto nell’aria…

“Queste proteste ingovernabili nascono dall’assenza dei partiti”
Tonia Mastrobuoni
Torino
Con le dovute differenze, le proteste nel Sulcis e quelle che hanno infiammato ieri molte città d’Italia hanno un tratto in comune. L’«anarchismo della protesta» che caratterizza entrambi «responsabilizza i partiti» perché ne denuncia con forza «la totale assenza nei territori». Per Fabrizio Barca, ministro per la Coesione territoriale, ben vengano dunque le primarie per rinnovare le leadership dei partiti. Ma sarebbe meglio se il Pd spendesse un po’ delle energie che riserva agli incontri tv per tornare nei territori: «È lì che si capisce dove va una società».

Ministro, perché martedì è scappato in elicottero dagli operai del Sulcis che protestavano?
«Dopo la firma del protocollo d’intesa ci hanno informati che c’erano i blocchi per strada e ci hanno dato due possibilità: sfondarli o andare via in elicottero. Per evitare feriti e tensioni ulteriori, con il ministro Passera abbiamo deciso per la seconda opzione».

Avete trovato un accordo. I sindacati sono scettici. Funzionerà?
«Il Sulcis è una metafora generale. Negli ultimi 100 anni – soprattutto negli ultimi 30 -, questa regione è stata presa in giro. Generazioni di politici hanno promesso facili soluzioni dietro l’angolo. Tutto questo su un’isola che già di suo avverte di essere lontana da tutto. E la rabbia trova oggi due sbocchi. Uno, i sassi. Due, il dialogo».

E il dialogo come procede?
«So che il termine Protocollo d’intesa suscita comprensibilmente diffidenze, ma quello firmato martedì è operativo. C’è un progetto di rilancio vero che riguarda il turismo, le energie pulite e il risanamento ambientale. Dei 128 milioni che riguardano il mio ministero, 38 sono destinati al collegamento Carbonia-Cibe e alla portualità di Porto Vesme. Ebbene: saranno stanziati entro 7 giorni. Il resto dei fondi verrà impiegato attraverso un bando internazionale. Faremo i progetti. E velocemente».

Ieri ci sono stati scontri in tutto il Paese durante le manifestazioni contro l’austerità. Non ha l’impressione che la situazione si stia aggravando?
«Quello che è avvenuto ieri nelle piazze responsabilizza fortemente i partiti e i corpi intermedi della società. Sul territorio non esistono più. La soluzione del disagio che attraversa la società, e che si manifesta anche in episodi preoccupanti come quelli di ieri, passa inevitabilmente attraverso un recupero serio del ruolo dei partiti»

I due partiti maggiori stanno facendo o hanno annunciato primarie per la scelta dei leader. Non è il segnale di una riflessione, di un rinnovamento?
«Per quanto riguarda il Pd mi piacerebbe vedere lo stesso entusiasmo speso per un confronto televisivo anche per l’impegno sul territorio. Per territorio intendo le sezioni e i luoghi dove i partiti sono spariti da anni. Sono quelli i presidi per capire dove va una società»

L’impressione è che le manifestazioni siano disordinate, ingovernate e ingovernabili.
«Esattamente. L’assenza dei partiti e dei corpi intermedi si esprime anche così, nell’anarchismo di protesta. È sparita l’abitudine a rivolgersi alle sedi dei sindacati, alle sezioni di partito o alle parrocchie per sfogarsi, per parlare. È un’urgenza che investe i partiti. E non riguarda solo questo governo: investirà anche il prossimo».

Non è paradossale che con un governo tecnico la disoccupazione abbia raggiunto il massimo da anni e un giovane su tre sia senza lavoro?
«Avremmo potuto fare meglio. Ma c’è una grave crisi economica internazionale. E nonostante tutto, la franchezza del nostro messaggio è ancora apprezzata e spiega forse la tenuta del giudizio su di noi. Mi faccia dire un’ultima cosa sul Sulcis».

Prego.
«Pesa anche qui l’assenza cronica dei partiti. Questi amministratori alle prese con problemi tragici sono soli, sono monadi abbandonate. Questa solitudine si toccava con mano al tavolo del negoziato: tutti si guardavano negli occhi e pensavano “possiamo fidarci”?»

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