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E’ ufficiale: Casapound correrà alle politiche del 2013

La tigre della “antipolitica” viaggia veloce e Casapound decide di salire al volo. Durante una conferenza stampa nella sede di via Napoleone III è arrivato l’annuncio ufficiale: “Correremo alle politiche del 2013”. Una notizia che, in realtà, era nell’aria già da qualche tempo, almeno dalla manifestazione nazionale che si è svolta a Roma lo scorso novembre. E che si era rivelata un flop. Ma dal palco allestito a Ponte Milvio, il leader Gianluca Iannone si era lasciato sfuggire che il suo movimento era pronto a prendersi “la città, la regione e, chissà, magari anche l’Italia”, mentre la sua voce roca veniva coperta dal passaggio degli elicotteri di polizia e carabinieri. Così, oggi è arrivato il grande annuncio: “Siamo pronti a partecipare attivamente alla vita politica di questa nazione”, con tanto di rivendicazione della primogenitura dell’opposizione a questo governo: “Noi eravamo in piazza contro Monti già dieci giorni dopo il suo insediamento”, e guai a ricordare che esiste chi si batte contro questo sistema da decenni. Per l’occasione, il simbolo è stato anche cambiato: non più sfondo nero dietro la famosa tartaruga, adesso il colore prevalente è il bianco, perché “conosciamo le dinamiche dei seggi elettorali, infestati di gente disposta a tutto pur di danneggiare l’avversario politico. Cambiamo lo sfondo per rendere più chiara la X tracciata dai nostri elettori”. Non era mai successo che qualcuno gridasse ai brogli prima ancora di sapere quando si andrà a votare.

Ma il tema della conferenza stampa era un altro, più locale e più vicino anche in senso cronologico: le elezioni regionali del Lazio, con Simone Di Stefano che correrà per la presidenza al grido di “Facciamoli piangere tutti”. Il programma è ancora poco chiaro ma, almeno, adesso sappiamo che le tartarughe hanno “tante idee per la sanità, poi le studieremo meglio” e che la regione merita “una moneta complementare: l’Equo”. L’obiettivo, in realtà, c’è: dopo i fallimenti di Storace e della Polverini, a destra si sono aperte praterie, con “diverse persone che hanno lavorato nelle precedenti amministrazioni che sono entrati (sic, ndr) nel nostro entourage”. Tutto questo mentre Facebook veniva invaso dal primo manifesto targato “Di Stefano presidente”, uno sterminato campo di grano sotto un cielo terso e lo slogan: “Terra, popolo, lavoro: la forza della Regione”. Dalla biografia ufficiale, poi, apprendiamo che il candidato ha 36 anni, è nato e cresciuto alla Garbatella, è militante politico dall’età di 16 anni con l’Msi, abbandonato però nel 1994 dopo la svolta di Fiuggi e la fondazione di AN. “Dopo un diploma da Chef all’istituto alberghiero – si legge ancora -, indirizza da autodidatta la sua creatività alla comunicazione sul web quando internet era agli albori, fino a farne la sua professione. Padre separato di due bambine, ha dedicato la sua vita alla militanza politica attiva, occupando palazzi abbandonati per dare un tetto a centinaia di famiglie italiane, organizzando azioni mediatiche eclatanti per tutelare categorie e lavoratori a rischio”.

Il grande pubblico ha già avuto modo di conoscere Di Stefano qualche tempo fa, durante un puntata di ‘In Onda su La7’. In quell’occasione, i suoi discorsi sui “successi del fascismo sociale” furono bollati dallo storico Marco Revelli come “emerite puttanate”, mentre il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, sorrideva sadico nel vederlo farsi impallinare con tanta ingenuità.
Il resto del programma per la conquista del Lazio è incentrato sulla “Rivoluzione che volevi”: una regione come “roccaforte sociale”, con mutui non controllati dalle banche, sanità e servizi sociali “esclusivamente pubblici”, protezionismo alimentare (“consumiamo prima i frutti della nostra terra”) e un berlusconiano ammiccamento alla salvaguardia dell’economia reale: “noi veniamo dal mondo del lavoro, gli altri hanno sempre solo fatto politica”. 
La conclusione, invece, è un inno alla forca: con i politici che diventano “maledetti ladri” da “cacciare via per sempre” perché “possiamo tornare ad essere un popolo unito e libero di determinare il proprio destino”. 
In via Napoleone III l’atmosfera è però rovente, Gianluca Iannone vuole contare i suoi prima di decidere se scendere in campo personalmente e proporsi come premier alle politiche: se al centro e al sud, Casapound pare discretamente radicata, il nord è un buco nero, con Forza Nuova che continua a controllare agilmente i quattro gatti a disposizione, con le buone o con le cattive (le indagini sull’aggressione alla sede delle tartarughe a Verona starebbero portando proprio verso i forzanovisti). Il rischio, insomma, è di ritrovarsi nudi alla meta, con un pugno di voti ed esclusi da ogni trattativa. Perché, al di là dei proclami, l’obiettivo reale è quello di cominciare ad occupare posizioni di potere, e il valzer è già cominciato. A Minturno, alle porte di Latina, il sindaco di centrodestra ha affidato proprio a un giovane di Casapound la delega alle politiche abitative. E sono lacrime di gioia per loro, altro che “facciamoli piangere tutti”.

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