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Leader dei centristi, Monti perde l’aura

Le Sorelle di Sion hanno ospitato il “vertice degli ottimati”, questi aritocratici che dicono di volerci governare per il nostro bene. Monti, Montezemolo, Casini, Passera, Riccardi, un paio di ambasciatori di Fini. Alla fine è stata partorita la “grande decisione”: una sola lista “Agenda Monti” al Senato, dove la soglia di sbarramento è più alta, due liste apparentate alla Camera, dove Casini contuerà a guidare lo scudocrociato e Montezemolo il gruppazzo dei liberali ricchi e ben ammanicati. Il Vaticano benedice, con Bagnasco ultrà.
Cosa dire?
Intanto una cosa semplice: Monti non appare più il geniale “risolutore di problemi” inviato dalla Troika a metter ordine nell’incasinato sistema di governo italiano, ma un banale “primus inter pares” di uno schieramento minoritario, apertamente classista e vagamente impresentabile. Passare dal cercare affari per Goldman Sachs e Coca Cola – questo fa un “international advisor” – a trattare con Ciocchetti o gli “amici” di Totò Cuffaro non è un esempio di “bella politica”, e neppure un indizio prestigioso della volontà di “cambiare la mentalità” degli italiani. Pure quell’arzigogolare sulla lista “che non è un partito”, sullo “statuto” per assicurare una governance tranquilla, puzza di vecchi trucchi da politichetta di basso rango. Ma come? Arrivi qui a cambiarci la vita, a insegnarci le regole del capitalismo che funziona come un orologio, il rispetto dei vincoli di bilancio e la spending review che non dovrebbe guardare in faccia a nessuno… e poi ti metti a pasticciare col do ut des sottobanco? L’aura sacrale del “professore” si dissolve, ridotta a banale gioco di luci.
La banalità democristiana si ripropone qui in forme quasi comiche: i vescovi che ti garantiscono sostegno e voti (le parrocchie e gli ospizi, non proprio il massimo quanto a “energie migliori della società” o “espressioni del merito”), vecchi politicanti abili tessitori di clientele (che vanno perciò nutrite, non bastonate come in teoria l'”agenda Monti” promette di fare), imprenditori più o meno di successo, o magari semplici “prenditori” abili nel subappalto.
Dov’è il “rinnovamento” da contrapporre al “conservatorismo” sindacale o dei diritti sociali?
Sparito. Resta solo la certezza di politiche contro il lavoro, il taglio del welfare (ora toccherà alla sanità, hanno già promesso; e il Vaticano ringrazia forse più per questo che per l’esenzione Imu), il degrado programmato dell’istruzione pubblica. Un programma spudoratamente “di classe”, senza più nemmeno la maschera della “cura tecnica” per antiche malattie.
La seconda cosa da dire è altrettanto semplice. Questo “nuovo centro” nasce parecchio gracile, checché ne dicano Repubblica o il Corriere. I voti promessi dal Vaticano verrano certo dirottati da quelli investiti a suo tempo nel Pdl berlusconiano, che sarà quindi costretto a cercare di compensarli tramite un’estremizzazione “anti-europea”. Ma se il gioco non andrà in porto, e l'”agenda Monti” si ritroverà ad avere meno del 20% dei voti, sarà molto più difficile per chiunque cercare di portarla avanti. Perché c’è una legge della politica che vale sotto qualsiasi regime: non si governa contro il popolo.
Naturalmente la Troika sorveglia dall’alto e non mancherà di far sentire il suo peso, tramite “lettere” o imbizzarimenti dello spread. Ma la “discesa” di Monti tra i comuni mortali manda in frantumi la retorica dominante negli ultimi tredici mesi: “non c’è altra soluzione che questa per uscire dalla crisi e far ripartire la crescita”. Se il “medico venuto da Bruxelles”, insomma, si comporta come uno sciamano di sacrestia, perché mai gli dovrebbe esser dato tutto il credito che fin qui ha avuto?
L’impressione è che stavolta il perfido Mario abbia sbagliato la mossa…

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