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Porcellum. Un ricorso al Tar per annullarlo


 
Allora Ragusa, il Tar del Lazio ha fissato l’udienza per il 29 gennaio. Nonostante i molti tentativi per sollecitare un po’ di attenzione, nessuno ne parla. Non è che forse sì, non c’è molto di cui parlare?
Probabilmente sì, forse si tratta di un tentativo così sconclusionato che neanche vale la pena di perderci un minuto.
È però curioso che non si trovi il tempo per interrogarsi ed informare su quelle che sono le domande alle quali, attraverso questo ricorso, si sta cercando di trovare una risposta.
 
Si riferisce alla questione di legittimità costituzionale della legge elettorale?
No, non del tutto. Il 90% degli argomenti utilizzati nel ricorso sono finalizzati ad altro, a dimostrare che il giudice amministrativo non se ne può lavare le mani, così come ha già fatto in passato, eccependo il difetto di giurisdizione.
 
Cerchiamo di farci capire anche dai meno esperti della materia. Cosa vuol dire che un giudice “se ne lava le mani”?
Molto semplicemente, che posto di fronte a delle semplici domande, “É giusto votare con una legge incostituzionale? Il Porcellum, è incostituzionale o no? Chi se ne deve occupare?”, i giudici ordinari ed amministrativi si sono sino ad oggi rifiutati di inviare gli atti alla Corte Costituzionale, dicendo che non è loro competenza poter entrare nel merito in materia di Legge elettorale.
In altre parole, ad oggi vige la regola che può essere possibile essere costretti a votare con una legge elettorale in ipotesi incostituzionale, per il semplice motivo che chi dovrebbe occuparsene dichiara di non poterlo fare.
 
Be’ no, una qualche risposta i giudici l’avranno pur data.
In effetti sì: su questa materia c’è l’autodiachia, rivolgetevi alle Camere.
 
Riforme: Tradotto?
Cinque anni fa venne presentato da tre avvocati un ricorso analogo, e il TAR del Lazio rispose che la questione di legittimità costituzionale poteva ben essere sollevata dalle Camere stesse. Ed è quello che il sottoscritto ha poi chiesto di fare alle Camere, con tanto di protesta verbalizzata in sede di seggio elettorale, ai sensi dell’art. 87 del T.U. delle leggi Elettorali.
 
Quindi qualcuno che potrebbe occuparsene, anche se in pieno conflitto di interessi, alla fine si è trovato.
Niente affatto. La Giunta delle elezioni della Camera dei Deputati ha in primo luogo precisato che lei si occupa solo delle proteste relative alla validità dei voti espressi, senza alcun riguardo per altre questioni, quale quella appunto da me sollevata relativamente alla presunta incostituzionalità della legge elettorale; e per quanto riguardava, invece, la possibilità che fosse la Camera dei Deputati stessa a sollevare la questione di illegittimità costituzionale, inviando gli atti alla Consulta, la risposta è stata, va detto, più che onesta: La Camera non può farlo, perché parte in causa e, quindi, non può rivestire i panni del giudice terzo.
 
Ah, allora è per questo che si prova di nuovo con il TAR. C’è qualcosa in più rispetto ai precedenti ricorsi?
C’è qualcosa in più, ma c’è, soprattutto, il triste spettacolo di un Parlamento che è dal 2008 che non fa nulla, nonostante il richiamo della Corte Costituzionale con la sentenza 15/2008, per correggere il modo assurdo con il quale potrebbe essere possibile assegnare il 55% dei seggi ad una forza politica che in ipotesi potrebbe vincere le elezioni anche con solo il 10% dei voti, purché con un voto in più degli altri.
 
 Ma tra tante questioni, liste bloccate, candidature multiple, liste che di fatto escludono la presenza femminile, era proprio necessario intervenire sul premio di maggioranza?
Si è trattato di una scelta ben precisa, visto peraltro il conforto di un richiamo della Consulta. Il problema vero da superare, infatti, è riuscire a superare l’ostacolo oggi costituito dal “ce ne laviamo le mani” da parte del giudice ordinario e amministrativo. Una o dieci questioni fanno poca differenza se poi il TAR se ne lava le mani.
Con troppa carne sul fuoco, con decine e decine di pagine di motivazioni, il problema vero, cioè le tre domande che ancora sono senza risposta, avrebbe rischiato di cadere in secondo piano: É giusto votare con una legge incostituzionale? Il Porcellum, è incostituzionale o no? Chi se ne deve occupare?
Ebbene sì, prima ancora che al TAR, ci si rivolge anche e soprattutto all’opinione pubblica.
Vada come vada, che le tre domande non rimangano senza risposta o senza che ci si interroghi su di esse.
 
Tutto vero e condivisibile. Ma sul premio di maggioranza oggi è facile farsi nemici. Il PD e Grillo, ad esempio, quando circa tre mesi fa venne avanzata l’ipotesi di inserire una soglia minima di voti da raggiungere ai fini della sua assegnazione, sono insorti ed hanno urlato al Golpe...
Da elettore, il mio problema è poter votare senza condizionamenti, si veda la scandalosa campagna terroristica per il voto utile. Ma soprattutto, come e perché i voti di alcuni possono infine valere più del mio voto grazie ai regali della legge elettorale?
Il premio di maggioranza è un furto di rappresentanza a danno degli elettori che non hanno votato il beneficiato di turno, prima ancora che un danno a questa o quella forza politica.
 
Sì, ma questa volta potrebbe vincere il centrosinistra. E proprio oggi ci si sveglia?
Chi ci ha provato prima si è scontrato con i problemi al centro dell’attuale ricorso, ed è per questo che la questione è ancora aperta. Ma anche la protesta nei seggi venne promossa da queste pagine contro il premio di maggioranza indefinito.
Oggi non si sta facendo altro che proseguire, con coerenza, su quella strada.
Certo, visti gli interessi in campo c’è anche la consapevolezza che si può facilmente divenire oggetto di una campagna diffamatoria, e devo dire che nonostante abbia trovato molta collaborazione nel mettere in piedi il ricorso, alla fine il problema di esporsi si è posto per molti. Ed eccomi qui, quindi, nonostante la collaborazione ricevuta, formalmente da solo.
Formalmente da solo ma al tempo stesso in splendida compagnia, perché quando si parla di regole, ciò che più conta è valutare tutte le possibili conseguenze e i pericoli per la democrazia.

E se, ad esempio, vincesse di nuovo Berlusconi?
Con il premio di maggioranza Berlusconi riuscirebbe a condizionare in maniera decisiva la vita politico-istituzionale per i prossimi cinque anni, così come è stato per i venti anni passati.
Senza premio di maggioranza, sarebbe soltanto il leader di una forza politica, nella migliore delle ipotesi intorno al 25%, cioè nulla di particolarmente decisivo di fronte al restante 75%.
Niente premierato, niente ministeri, niente presidenze delle Camere. Un parlamentare, insomma, come tutti gli altri.

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