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Abu Omar. Confermato segreto di stato sul sequestro

Ribadendo la scelta dei governi Prodi e Berlusconi, anche il governo Monti è ricorso al segreto di stato per coprire le scomode verità e le responsabilità degli apparati italiani nel sequestro dell’ex Imam di Milano Abu Omar . Il sequestro, avvenuto nel 2003 per le strade di Milano, è stato uno dei casi emersi pubblicamente delle operazioni di “extraordinary rendition”, illegali per il diritto internazionale ma portate avanti dalla Cia in numerosi paesi collaborativi nella cosiddetta lotta al terrorismo dopo l’11 settembre.
La notizia è stata confermata oggi nel processo d’appello a Milano e in cui la difesa del dirigente del Sismi Marco Mancini ha prodotto una lettera della presidenza del Consiglio.
Nella lettera, ricevuta venerdi’ scorso da Mancini e proveniente dalla presidenza del Consiglio dei ministri, “viene rilevata l’esigenza del segreto di Stato”, che era gia’ stato apposto da parte dei governi Prodi e Berlusconi. L’avvocato difensore di Mancini, ha detto che il segreto di Stato riguarda in particolare i rapporti “tra i servizi di intelligence nazionali e stranieri”, soprattutto in merito alle “modalita’ organizzative”.

Nel documento viene inoltre chiarito che “l’autorita’ giudiziaria non puo’ ne’ acquisire, ne’ utilizzare atti coperti da segreto”. Nel settembre scorso la Cassazione aveva condannato 23 agenti della Cia per il sequestro di Abu Omar e aveva annullato la sentenza di non doversi procedere per Marco Mancini, per l’ex capo del Sismi Nicolo’ Pollari e per altri tre ex responsabili del servizio segreto militare perche’ aveva ritenuto in parte illegittimo il segreto di Stato.
Un mese fa il governo aveva provveduto anche a “mettere in sicurezza” 22 su 23 degli agenti statunitensi condannati dal tribunale di Milano. A Dicembre il ministro della Giustizia Paola Severino aveva firmato una sola una delle 23 richieste di estradizione della Procura generale di Milano nei confronti degli agenti della Cia condannati per la partecipazione al rapimento dell’imam Abu Omar, il 23 febbraio 2003.
Il ministro Severino aveva ricevuto dalla Procura generale di Milano le 23 richieste di «diffondere le ricerche in campo internazionale per i cittadini statunitensi condannati in via definitiva nel procedimento per il sequestro di Abu Omar» – l’ultima richiesta le era pervenuta il 14 dicembre – ma il ministro aveva deciso di non firmarne ben 22 perché si tratta di casi nei quali i condannati hanno ricevuto una pena di 4 anni. Il motivo è che in base ad un decreto ministeriale del 2000 e ad altre circolari in materia, un cittadino straniero estradato e con una condanna fino a 4 anni può chiedere di giovarsi di «misure alternative» e «benefici penitenziari» vanificando l’intento del rientro. Le pene non superiori ai 4 anni per gli agenti Cia e per un militare Usa coinvolti nel sequestro di Abu Omar si devono all’indulto applicato dall’autorità giudiziaria milanese nel 2006, quando ministro della Giustizia era Clemente Mastella. L’unica richiesta firmata dal ministro Severino riguarda Robert Seldon Lady, ex capo stazione della Cia a Milano, che essendo considerato il regista del sequestro è stato condannato a 6 anni di detenzione e dunque non rientra nei termini di quanto stabilito dal decreto ministeriale del gennaio 2000.  

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