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Le “promesse elettorali” di Monti e Ichino sul lavoro. Da schiavi

Si parte intanto dal far proprio ed allargare quell’”art. 8” della “manovra d’agosto” 2011 firmata da Maurizio Sacconi e Silvio Berlusconi. Una riga o poco più che è diventata la chiave di volta di qualsiasi golpe sulle normative contrattuali, perché consente agli “accordi tra le parti” – anche a livello aziendale, e quindi con una “parte sindacale” che spesso non c’è e nella maggior parte dei casi è a libro paga dell’imprenditore – di andare in deroga ai contratti nazionali e persino alle leggi dello Stato. Una corta di “comma 22” che elimina dall’orizzonte lavorativo la possibilità stessa di contrattare, avere una rappresentanza sindacale eletta, pesare nella determinazione delle norme su salario, orario, organizzazione e sicurezza del lavoro. Se si può derogare dalle leggi esistenti, va da sé, si autorizzano le imprese ad agire in modo illegale.

E proprio questo è il punto di partenza della coppia di fatto Monti-Ichino (ah, per quanto tempo hanno dovuto nascondersi dagli sguardi indiscreti…).

Ma le “perle” sono numerose, come si può leggere in questo primo riassunto fatto sul Sole24Ore. Si va dai contratti a termine (che “rischiano” di diventare la forma più diffusa di rapporto di lavoro) alla previdenza complementare “obbligatoria”, fino alla riscrittura di tutto il Codice Civile in maeria di lavoro. Un rovesciamento totale, sul piano normativo, che non a caso è costretto a inserire una formula scaramantica: «fermi restando i vincoli costituzionali e quelli delle norme comunitarie e della convenzioni internazionali». Loro andrebbero anche più in là, insomma, ma per ora proprio non si può… Per ora.


Lavoro, ecco la bozza del piano Monti-Ichino

Fare leva sull’articolo 8 della manovra del 2011 del Governo Berlusconi (quello che vorrebbero cancellare con un referendum Sel e Rivoluzione civile) per affidare alle parti sociali il ruolo di sperimentare una rimodulazione del contratto a tempo indeterminato.

È questa la proposta più dirompente del nuovo documento programmatico diffuso ieri da Mario Monti. La bozza non si concentra solo sulla recente riforma del lavoro per farle compiere un passo avanti nella direzione della flexsecurity. Si parla anche di taglio dell’Imu e di riduzione dell’Irpef.

Ma è sui contratti a termine, nodo delicato della flessibilità in entrata messa alla prova dalla legge Fornero, che si trovano le novità maggiori. Nel testo, messo a punto sabato mattina nello studio di Pietro Ichino nel corso di una riunione cui ha partecipato lo stesso Monti e i candidati Alberto Bombassei, Mario Mauro e Giuliano Cazzola, si propone una norma-chiave per indicare una serie di materie derogabili attraverso la contrattazione collettiva decentrata con l’obiettivo di aumentare la quantità e la qualità dell’occupazione con contratti standard.

Nelle intese, che potranno derogare da norme di fonte pubblica o contrattuale («fermi restando i vincoli costituzionali e quelli delle norme comunitarie e della convenzioni internazionali») si potranno sperimentare forme di partecipazione dei lavoratori, l’emersione del lavoro irregolare, gli incrementi di competitività e di salario, la gestione delle crisi aziendali e occupazionali, gli investimenti e l’avvio di nuove attività. Nel testo, che compie un passo avanti deciso rispetto all’impianto della legge Fornero, cui si riconosce il pregio di aver aperto il cantiere di riforme per ridure il dualismo del mercato del lavoro italiano, si ricorda esplicitamente che la contrattazione in deroga è «diffusa nei principali Paesi europei» ed ha consentito – nel caso della Germania – «di rafforzare le relazioni industriali e di farne un elemento determinante della ripresa economica».

La semplificazione
La proposta di Scelta civica contiene anche il vecchio cavallo di battaglia della semplificazione che il senatore Pietro Ichino ha lanciato da tempo: un nuovo Codice del lavoro fatto di poche norme che razionalizzano la moltitudine di regole che si sono stratificate negli anni in modo da restituire al mercato (interno e internazionale) un quadro regolatorio facilmente compensibile e «traducibile in inglese».

Previdenza complementare
Altra novità forte forme arriva in materia previdenziale. Si riprende l’idea contenuta nell’ultima riforma per tentare la strada della «decontribuzione parziale dell’aliquota contributiva obbligatoria verso schemi previdenziali integrativi in particolare a favore delle giovani generazioni». In pratica si punta su schemi di opting out per consentire ai lavoratori, in particolare se giovani e con contratti atipici (quindi nell’impossibilità di avvalersi del tfr per aderire ad un fondo), di destinare al finanziamento di una forma di previdenza complementare una parte della loro contribuzione obbligatoria. L’idea di fondo è di consentire agli interessati di «distribuire il proprio rischio previdenziale su di una quota pubblica a ripartizione ed una privata a capitalizzazione», senza dover sostenere maggiori oneri. Mediante le soluzioni di opting out si otterrebbe certamente una copertura pubblica inferiore ma «sarebbe possibile ottenere rendimenti più generosi sui mercati».

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