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Voto al Senato, Grillo infuriato

Sul suo blog, ieri sera, è apparso un post tanto breve quanto ultimativo.

Trasparenza e voto segreto

Nella votazione di oggi per la presidenza del Senato è mancata la trasparenza. Il voto segreto non ha senso, l’eletto deve rispondere delle sue azioni ai cittadini con un voto palese.
Se questo è vero in generale, per il MoVimento 5 Stelle, che fa della trasparenza uno dei suoi punti cardinali, vale ancora di più. Per questo vorrei che i senatori del M5S dichiarino il loro voto.
Nel “Codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in Parlamento” sottoscritto liberamente da tutti i candidati, al punto Trasparenza è citato:– Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S.
Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo ha mentito agli elettori, spero ne tragga le dovute conseguenze.

Il problema è evidente: c’è un gruppo politico assolutamente disomogeneo per culture politiche, accomunato da un’ostilità diffusa e molto generica per “la casta” e da un “programma” contenente obiettivi altrettanto disomogenei (dalla contrarietà alla Tav all’abolizione di partiti e sindacati).
L’unico collante vero è costituito dal “logo” (M5S), che però è proprietà privata di Grillo. Il quale non è neppure un parlamentare e quindi non ha strumenti per influire sulle scelte del suo” gruppo, se non la minaccia di togliere la benedizione del “marchio” sulla testa dei singoli parlamentari “traditori”. Ma è una minaccia che scatterà solo nella prossima legislatura, quando i reprobi – se individuati con certezza, e dal tono del post traspare anche la difficoltà nel riuscirci (“se qualcuno avesse…”)  – saranno esclusi dalle liste dei candidati. Un po’ poco per tenere insieme l’aggregato.
L’altra cosa chiarissima è che il “Codice di comportamento” grillino confligge apertamente con la Costituzione italiana, le leggi che regolano la politica parlamentare e i regolamenti interni alle Camere. E’ possibile, naturalmente, chiedere il rispetto dei patti privati (tutti gli accordi dentro un partito o un movimento hanno questa natura) anche in sede pubblica; e quindi chiedere a chi li infrange di trarne le conseguenze. Ma non è possibile – nel quadro costituzionale che pure il M5S dice di voler difendere e ripristinare – prendersela con il “voto segreto” e pretendere un “vincolo di mandato” esplicitamente escluso proprio dalla Costituzione.
Soprattutto, queste regole di vario livello esistevano ben prima che il M5S “entrasse in campo”. E quindi si sapeva – o si sarebbe dovuto sapere – in quale ordine di problemi ci si andava a cacciare, portando in istituzioni che hanno l’obbligo di “decidere” 165 persone che per statuto erano e sono libere di pensarla come vogliono su quasi tutto.

D’altro canto, una cosa è fare campagna elettorale “virale”, raccogliendo in modo indistinto i centomila giusti o sbagliati risentimenti popolari (dal piccolo imprenditore al precario, dal lavoratore delle aziende in crisi ai broker che vogliono agire ancora più liberamente, dai proprietari di case agli inquilini da questi dissanguati, ecc); tutt’altra è mettere in piedi un’azione politica (d’opposizione istituzionale) che abbia un senso logico e una prospettiva “strategica” chiara.
I problemi accantonati per raccogliere più voti tornano ora al pettine; e non basta davvero averli qualificati come “ideologici” per averli risolti.
Basta un voto tra antimafia blanda e “ma quale mafia…”  per squadernarli agli occhi del mondo.

E infatti arrivano le prime “rivendicazioni” da parte di alcuni “dissidenti”, che esplicitano un ragionamento politico diverso da quello “grillino doc”.
”Sì, ho votato Grasso. E con me altri. Perché la distanza con il personaggio Schifani era ed è enorme. Ma sia chiaro: non abbiamo firmato alcuna apertura di credito al Pd”. Il senatore di M5S Francesco Campanella non si nasconde affatto: ”C’è stato un dibattito serrato, intenso. L’indicazione di massima, all’inizio, era quella per la scheda bianca. Poi ci siamo confrontati su due esigenze diverse. Quella di non dare spazio al Pd ma anche quella di sottolineare la distanza enorme fra il personaggio Grasso e il personaggio Schifani”. ”Noi siciliani non abbiamo fatto blocco, credo che alla fine i consensi all’esponente del Pd siano arrivati anche da colleghi di altre regioni”. Tuttavia non si tratta dell’avvio di un dialogo stabile con i democratici: ”Oggi la necessità era quella di individuare una figura che avesse un livello minimo di credibilità. Per noi Schifani non l’aveva, perché sappiamo chi e quali interessi ha difeso”.
Si può essere d’accordo o meno, naturalmente. Ma è il segnale che anche per il M5S si pongono i problemi della “tattica”, molto concreti; e che fanno sembrare la posizione di Grillo nel blog pura ideologia astratta. Le vie dell’ironia della storia sono davvero infinite…

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