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Casapound a Montecitorio: spezzeremo le reni…all’India

Pioveva su Roma, la manifestazione di Casapound affonda, con appena 400 persone – anche per prendere per buone le cifre diffuse dagli organizzatori, di parecchio al rialzo – a presidiare Montecitorio per i due marò prigionieri in India. «Riprendiamoci i nostri soldati», grida non troppo convinta la piazza. Poi giù di discorsi contro «l’incredibile e farsesca gesitione del caso da parte dell’esecutivo». Tricolori e banidiere con la tartaruga, striscioni, megafoni e un generico senso di malinconia da fallita chiamata alle armi.
Nei giorni scorsi in molti avevano ironizzato sul volantino stilato dai ragazzi di Iannone per i due fucilieri del reggimento San Marco accusati di aver ucciso due pescatori: «Casapound vuole dichiarare guerra all’India». E in effetti, di blitz armato per riprendersi Salvatore Girone e Massimiliano Latorre se n’è parlato. Alcuni militanti parlando di «provocazione» per smuovere le acque, altri credono veramente nella necessità di difendere gli «interessi strategici nazionali».
«Siamo qui per dimostrare al mondo che questa nazione non è morta e che nessuno può rapire impunemente soldati italiani in acque internazionali», dice Simone Di Stefano, sempre più logorato nel suo ruolo di eterno candidato, prima premier, ora sindaco di Roma. Va ricordato come suo padre, Luigi, si sia spacciato per ingegnere e abbia compilato una perizia difensiva per i due soldati che riportava tra i documenti stralci del settimanale “Chi” e filmati presi da TG1 e TG2. «State attenti – ha detto ancora Di Stefano, sotto la pioggia, rivolgendosi idealmente al palazzo davanti a sé -, perché ci sono italiani di un’altra pasta, italiani che non si arrendono, che non chinano la testa e che hanno intenzione di prendere in mano la Nazione. C’è chi si è fatto fregare un’altra volta votando Pd, Pdl o ‘il comico’, ma questa situazione finirà, perché se non siamo uniti, se l’Italia non torna ad essere una Nazione, non usciremo mai vivi dalla crisi». La gente passa, osserva e se ne va.
«Caro ministro – scandisce invece Andrea Antonini, vicepresidente di Casapound -, ti ricordiamo che le bugie hanno le gambe corte. Ci siamo fatti schiaffeggiare come gli ultimi degli ultimi. L’India ci ha mandato a dire che abbiamo rispedito indietro i marò per proteggere le nostre esportazioni. Ebbene, in questa piazza c’è una parte del popolo italiano che non sta zitta. Signori puclinella, ci fate schifo!».
I conati della piazza, un miscuglio di fatti palesemente falsi, nazionalismo spicciolo e un’immagine dell’India come paese di tribù dalle abitudini strane e non come enorme potenza mondiale, prima democrazia del mondo per estensione geografica.
L’ultimo a parlare, dopo un bel po’ di assenza dalle scene e molto silenzio dopo il disastro elettorale, è Gianluca Iannone, il leader delle tartarughe. «Da febbraio dell’anno scorso – ha detto – abbiamo portato in piazza centinaia di persone in tutto il Paese in solidarietà ai nostri soldati. Abbiamo cercato uno scatto d’orgoglio, con blitz clamorosi, come l’assalto simbolico all’ambasciata indiana a Roma, l’incursione all’Altare della Patria, lo striscione a Maranello prima del Gran Premio dell’India, i diecimila italiani portati a fischiare sotto la Farnesina il 24 novembre. Il nostro movimento si è impegnato nell’analisi delle ‘prove’, inesistenti quando non manipolate, che ‘incastrerebbero’ i soldati italiani per l’omicidio dei due pescatori scambiati per pirati, depositando un documento in procura il 13 marzo scorso, ma anche nella ricerca di una soluzione tecnica per riportare in Italia Girone e Latorre, con la promozione di una petizione perché venga loro offerto un passaporto diplomatico. E’ trascorso invano oltre un anno, ora non c’è più tempo – conclude Iannone -. Archiviata la gestione farsesca di questa vicenda da parte di un governo incapace e delegittimato, l’Italia ha ora il dovere inderogabile di agire come farebbe ogni Nazione degna di questo nome davanti a palesi e gravissime violazioni del diritto internazionale, arrivando a mettere in conto, sia pure come extrema ratio, un intervento militare di fronte a un’eventuale, illegittima condanna dei nostri soldati». Di nuovo, guerra all’India. A scapito del ridicolo, sotto gli occhi sempre più spenti dei pochi militanti infreddoliti, fradici di pioggia, poco coinvolti, quasi del tutto inconsapevoli. Il resto della città non si è accorto di nulla.

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3 Commenti


  • angelo

    Il dilemma è capire se preferiamo i ragazzi un po’ sopra le righe di CasaPound o i cialtroni che siedono (non eletti) nella stanza dei bottoni.
    Si puo’ essere contrari alla destra, ma è innegabilmente vero che la gestione dei maro’ è stata gestita da incompetenti, dilettanti ed infingardi!
    L’unico che (forse meno colpevole di altri) ha avuto il coraggio delle dimissioni è stato il ministro Terzi, gli altri invece …. meglio perderli che trovarli.
    La guerra all’India, non è praticabile e nuppure richiesta, ma piu’ fermezza (e qualche calcione) si richiede a gran voce!
    Chi non è d’accordo puo’ unirsi ai comunisti che considerano i 2 maro’ degli assassini; a proposito Bersani (premier incaricato) come la pensa?


  • Francisco

    “…ragazzi un po’ sopra le righe… qualche calcione… infingardi”
    Non ci sono parole, qui a forza di scivolare nelle distrazioni si farà un capitombolo dal quale sarà doloroso rialzarsi.


  • Diego

    Totalmente dalla parte dell’India… A mare lo sciovinismo!

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