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Verona. Le pulsioni nel “cuore nero” d’Italia

 Il 12 febbraio, una vera e propria aggressione di militanti di Casa Pound, Blocco Studentesco e Forza Nuova all’interno dell’università ha bloccato un’iniziativa sulle foibe organizzata dal collettivo delle facoltà umanistiche Studiare con Lentezza, con la storica Alessandra Kersevan.

La dinamica dei fatti, raccontata da molti presenti, è semplice e inquietante. Dopo circa 40 minuti dall’inizio dell’incontro i fascisti del nuovo e del vecchio millennio, al grido di “merde” e “Tito boia” (per chi ragiona a slogan e strumentalizza tragedie è ovviamente difficile capire che lì nessuno stava facendo un’apologia acritica di Tito), hanno fatto irruzione nell’ateneo coperti dai caschi e con un fumogeno. La prontezza di alcuni presenti all’iniziativa che hanno bloccato le porte dell’aula ha evitato che gli aggressori colpissero qualcuno. Le intenzioni dei camerati erano chiare. Ai primi concitati minuti, è seguito l’intervento della polizia, non particolarmente celere, che ha disperso gli aggressori. La preoccupazione per un episodio così grave, soprattutto se si considera la cornice in cui è avvenuto, emerge con chiarezza dalle parole della stessa Kersevan, ormai abituata a contestazioni e censure. In un comunicato la storica scrive che «mai era ancora successa la concomitanza così evidente fra le urgenze repressive dell’istituzione e l’azione diretta degli squadristi di Casa Pound e degli altri gruppi neonazifascisti. Questa è secondo me la particolarità di questa vicenda dell’Università di Verona, che fa venire in mente altri momenti storici, come quello dell’avvento del fascismo».

Come darle torto? Nei giorni precedenti, infatti, gli stessi esponenti di Casa Pound e Forza Nuova avevano gridato allo scandalo, trovando ampio appoggio nel consigliere comunale Vittorio Di Dio, da tempo sponsor istituzionale dei “fascisti del terzo millennio”, eletto nella lista civica del sindaco Tosi. Il rettore Mazzucco, affermando che «c’è un tempo per la pietà e uno per la scienza» e dichiarandosi preoccupato dell’ombra che la conferenza avrebbe gettato sull’ateneo, aveva deciso di togliere la concessione dell’aula, assecondando così la volontà delle istituzioni locali compiacenti ai piagnucolii dell’estrema destra.

La revoca della concessione dell’aula avvenuta un solo giorno prima della data prevista, aveva ovviamente indignato gli organizzatori che, d’accordo con la Kersevan, avevano deciso di tenere comunque l’incontro, trovando spazio in un’altra aula libera, senza dunque interrompere nessuna attività ufficiale dell’ateneo. Dai piani alti dell’università, arrivava però l’ordine di impedire che la conferenza si svolgesse e veniva quindi staccata la corrente all’intero piano dell’ateneo. Poi l’ingresso degli squadristi, nel buio non solo simbolico, creato dalle autorità accademiche. Il giorno dopo anziché scuse da parte del rettore giungeva il colpo di grazia alla dignità dell’Università di Verona. Il problema, stando alle dichiarazioni delle autorità cittadine ed accademiche, non derivava dall’aggressione fascista su cui venivano spese poche parole e non di chiara condanna, ma dalla disobbedienza del collettivo. Erano dunque partite le prime ritorsioni: la comunicazione della revoca alla concessione di un’aula autogestita dagli studenti e la creazione di una commissione disciplinare interna di fronte alla quale dovrà presentarsi il professor Romagnani, direttore del dipartimento Tempi, Spazi, Immagini e Società, che aveva formalmente richiesto l’aula per la conferenza con la Kersevan. Ecco dunque gli aggrediti diventare implicitamente i colpevoli. Le antifasciste e gli antifascisti avevano reagito a tutto ciò con una manifestazione che sabato 2 marzo aveva visto circa 300 persone attraversare il quartiere universitario ed arrivare fino alla centrale piazza Dante.

Poco più di un mese dopo la violenza fascista torna a manifestarsi nello storico quartiere di Veronetta, dove sorge anche l’Università. La sera di giovedì 21 marzo un gruppetto di circa 10 persone di Casa Pound, giunti anche da fuori città, decidono di festeggiare la laurea di Marcello Ruffo, un noto esponente locale dell’organizzazione di estrema destra, recandosi in due locali storici, il Malacarne e l’Osteria ai Preti, notoriamente frequentati da una Verona ben altra rispetto a quella securitaria ed identitaria tristemente nota. Due luoghi di socialità sicuramente malvisti dai camerati. Nel primo bar, stando alle testimonianze, il gruppo irrompe cantando cori fascisti, scandendo “sieg heil” e facendo saluti romani. Il barista, che ha presentato una denuncia, dichiara di essere stato minacciato con un coltello a serramanico. Le provocazioni però cadono nel vuoto e si evita il peggio. Probabilmente insoddisfatta, la squadraccia decide di far visita all’Osteria ai Preti, dove giunge indisturbata (i due locali distanto poche centinaia di metri) nonostante la polizia fosse stata avvisata della presenza del gruppo di estrema destra nelle vie del quartiere. I testimoni riferiscono di un copione uguale al primo: braccia tese, cori fascisti. La situazione che si era contenuta al Malacarne degenera all’Osteria ai Preti, basta poco e scoppia il parapiglia. Volano bicchieri e sedie. Intervengono le forze dell’ordine. Due giovani, clienti del locale, finiscono in ospedale. Uno con il naso rotto, il secondo, meno sfortunato, se la cava con pochi punti per una bottiglia in testa. I titolari dell’Osteria hanno presentato denuncia per danneggiamento, probabilmente ne arriveranno altre da parte dei contusi. Fin qui i fatti.

Politicamente il giudizio non può che essere altrettanto chiaro e allarmato. Marcello Ruffo, riconosciuto da numerosi testimoni in entrambi i locali, non è solo un esponente di Casa Pound Verona, è pure consigliere della terza circoscrizione, anche lui eletto nelle fila della lista civica del sindaco Tosi. Doveroso ricordare, inoltre, che il segretario della Lista Tosi è Andrea Miglioranzi che nel suo passato ha fatto parte del Veneto Fronte Skinhead e del gruppo musicale nazifascista Gesta Bellica e che attualemte è presidente di Amia (la partecipata che gestisce la raccolta dei rifiuti).

* il presente articolo è stato pubblicato anche su Popoff.globalist

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