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Roma. Prigionieri politici: la solidarietà fa centro

Alle 17 in punto decine di bandiere palestinesi e curde – quelle con il volto di Ocalan – hanno puntualmente occupato il piazzale su via dei Fori Imperiali portando davanti al Colosseo la solidarietà umana e politica di varie realtà della sinistra romana – dal Forum Palestina al Collettivo Militant, dalla Rete dei Comunisti ai centri sociali, dal Comitato con la Palestina nel Cuore all’Uiki e altri ancora – nei confronti di due popoli martoriati. 
La celebrazione della giornata internazionale del prigioniero politico palestinese è diventata così occasione per far risuonare nel centro della Capitale, così come nel resto del mondo, un appello alla liberazione non solo delle migliaia di detenuti incarcerati nelle prigioni di Israele ed in quelle turche, ma anche per riportare alla ribalta altri casi eclatanti di repressione. Quegli stessi casi che le istituzioni internazionali non hanno mancato di denunciare, salvo spesso voltarsi dall’altro parte per non disturbare alleanze, business e governi amici.

E così sul muraglione della stazione della metropolitana a due passi dal Colosseo assieme ad una enorme bandiera palestinese – quella che in questi anni non ha mancato neanche una manifestazione – e a quelle del movimento di liberazione curdo ce n’era anche una cubana, a ricordare la battaglia per la scarcerazione dei cinque agenti dell’antiterrorismo cubano da 14 anni ormai sepolti nelle carceri degli Stati Uniti, noncuranti della campagna internazionale sempre più determinata e capillare che chiede il ritorno a casa di Antonio Guerrero, Fernando Gonzalez, Gerardo Hernandez, Ramón Labañino e Renè Gonzalez.

Dopo un po’ si sono aggiunti altri due grandi striscioni, a chiedere la fine della persecuzione spagnola nei confronti di Lander Fernandez – prigioniero politico basco da dieci mesi ai domiciliari a Roma, la cui estradizione a Madrid è stata appena confermata dalla Corte di Cassazione – e la liberazione di tutti i 600 detenuti politici baschi dispersi in decine di carceri spagnole e francesi.

Mentre la comunità curda manifestava le sue ansie di libertà con musica e balli – ribadendo una identità culturale e linguistica che lo Stato Turco, ma non solo, nega con la violenza e la sopraffazione – al microfono i rappresentanti di forze politiche, associazioni e comitati spiegavano il senso di una manifestazione che ha messo insieme le diverse specificità di una battaglia che va intesa come un unico fronte di lotta contro l’imperialismo nelle sue diverse espressioni. Una denuncia della tortura e della detenzione amministrativa contro gli attivisti e i combattenti palestinesi in questi giorni in sciopero della fame, una richiesta di giustizia e libertà per il popolo curdo e per il suo leader Ocalan tumulato vivo nell’isola prigione di Imrali. Ma anche una chiamata alla solidarietà nei confronti del popolo basco, da decenni in lotta per l’autodeterminazione, accompagnato dalla denuncia – da parte del comitato Un Caso basco a Roma – dell’uso della tortura e dell’isolamento da parte di un paese che fa parte dell’Unione Europea e che come Israele e Turchia viola sistematicamente i diritti umani e civili dei dissidenti. E poi i richiami alla lotta del popolo venezuelano contro la violenza fascista scatenata dalla cosiddetta opposizione sostenuta dai governi degli Stati Uniti e di Madrid; la solidarietà nei confronti dei prigionieri politici colombiani e di altri popoli in lotta per la libertà.

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