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Università di frontiera… per l’Unione Europea

Dopo anni di devastanti politiche universitarie che hanno avuto come unici obiettivi i tagli alla ricerca e alla formazione , l’esclusione di ampie fasce della popolazione all’accesso al mondo della formazione con una conseguente e drastica diminuzione degli iscritti, è arrivata l’ora dell’EUROPA.  Il marchio di fabbrica impresso dalla scuola superiore Sant’Anna sembra un simbolico passaggio di consegne ideologico: dagli ultra liberisti bocconiani, che hanno presieduto i principali ministeri nel governo Monti, alla loro evoluzione super europeista dei colleghi pisani che, oltre alla Carrozza, possono vantare lo stesso presidente del consiglio Enrico Letta. Quello che il neoministro vuole fare con l’università italiana è chiaro non solo dalle sue prime dichiarazioni e dal programma del Pd in tema di formazione e università, ma soprattutto da quello che concretamente è stata negli ultimi anni la scuola Sant’Anna da lei diretta . Integrazione della ricerca con le imprese del territorio, netta distinzione tra università della formazione e università della ricerca, dimensione europea dei programmi e delle attività.

Già qualche mese fa abbiamo individuato nella scuola pisana una modello di elitizzazione del sapere e delle conoscenze che passa non sull’esclusione sociale ma sulla cooptazione ideologica degli studenti e dei ricercatori. Quello che si teorizza e si pratica alla sant’Anna è un accesso all’università gratuito per i più “meritevoli”, che devono rispondere non solo al criterio della media ma anche e soprattutto alla partecipazione a corsi e attività extracurricolari di natura tecnica -e di indirizzo politico. Una vera e propria scuola per la classe dirigente, dove naturalmente anche gli ex allievi vengono tenuti assieme da un’associazione, tanto per evitare che il “capitale umano prodotto dalla scuola” finisca nelle mani sbagliate.. Ad ascoltare la ministra sembra che il futuro che aspetta l’università pubblica non sia poi così diverso da quello che da anni si applica alla Sant’Anna. Se quindi le riforme in materia che si sono succedute negli ultimi anni sono state tutte caratterizzate dalla riduzione dei finanziamenti, e conseguentemente dei corsi di laurea, della ricerca e delle attività accademiche, l’attuale dirigenza del dicastero cambia passo: la parola d’ordine di questo ministro è aumentare il finanziamento a formazione e ricerca, ma fin dalle primissime dichiarazioni ha aggiunto: “vorrei introdurre maggiore efficienza nella valutazione dei progetti di ricerca: bisogna lavorare per meritare quei maggiori investimenti che giustamente si pretendono”. Quello che viene da chiedersi è quali saranno questi criteri di valutazione che si intendono  applicare nella valutazione. Se il modello da seguire sarà quello della Sant’Anna non avremo di certo delle belle sorprese e dobbiamo immaginarci una università totalmente asservita agli  interessi “dei finanziatori più interessanti”. Un modello decisamente imparziale.

Al di là delle riforme strutturali annunciate dalla Carrozza, che non si discostano  poi molto da quell’impianto generale dato alle istituzioni della formazione e della ricerca con l’avvio del “Bologna process” nel 1999 e che ha accompagnato tutte le seguenti iniziative di riforma dell’università e della scuola, quello che vale la pena sottolineare è il portato ideologico di questa ministra. Convinta sostenitrice della necessità di una maggiore spinta all’unificazione politica dell’Europa, la Carrozza rappresenta un degno ambasciatore di quella classe dirigente europea in via di costituzione. Durante il tour europeo del neo premier Letta, la Carrozza sottolineava infatti la necessità di intervenire strutturalmente  sulle istituzioni della formazione italiana, convinta che il nostro paese abbia il diritto e il dovere di concorrere alla creazione di un’Europa forte e che tale diritto non possa essere appaltato alla Germania e agli altri partners nordeuropei. Una dichiarazione questa che la dice lunga su come le prospettive  tra le classi dirigenti europee non siano ancora completamente condivise e su come sia in corso una lotta di classe accanita nei vertici della piramide sociale europea. Una battaglia che di certo non può essere portata in Europa senza la presenza di un governo forte e di una identità nazionale coesa, l’esatto contrario di quello che è uscito dalle urne. La Carrozza cerca allora, almeno per ciò che gli compete, di porre qualche base di unità tra colleghi di diversi partiti e del governo di larghe coalizioni, sostenendo che il passato non può essere ostacolo ai percorsi futuri e che il bene comune del paese può essere perseguito solo avendo come guida “i principi della Costituzione, a partire dall’aiuto a capaci e meritevoli per raggiungere i più alti livelli nello studio”. Strana Costituzione ha letto la ministra. Quel che è certo è che dalle prime dichiarazioni sul suo lavoro alla Sant’Anna di Pisa questa ministra ci parla di una formazione aziendalizzata, nettamente d’élite, investita del compito di costruire la classe dirigente europea. Tutto il contrario di quello che noi vogliamo e di quello per cui da anni si battono i movimenti, gli studenti e i ricercatori di mezza Europa.

  
Coordinamento giovani Rete dei Comunisti

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