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Sondaggi: No al presidenzialismo, serve lavoro!

Una fonte “tecnica” che smonta completamente “l’agenda” del più inguardabile dei governi. Com’era ovvio, ma non risulta soltanto a Letta e Alfano (quindi anche a Giorgio Napolitano), le priorità sentite dalla popolazione sono l’esatto opposto di quelle messe come “prioritarie” da una classe politica delegittimata e tutta presa dalla necessità di “blindare” gli assetti istituzionali, per renderli ancor più imenetrabili alle istanze provenienti dalla società reale.
Che il presidenzialismo sia una torsione reazionaria è evidente a chi un po’ di ragionamenti sulle forme istituzionali è stato costretto a farseli. Che sia un diversivo rispetto ai problemi sociali (occupazione, lavoro, casa, ammortizzatori sociali, sanità, scuola, ecc) è invece evidente proprio a tutti.
Per questo, alla ripresa autunnale ma già ora (con iniziative di costruzione unitaria), bisognerà concentrare tutte le energie per far saltare l’attuale quadro politico. Rovesciare il tavolo non è la rivoluzione, ma semplicemente la precondizione per imporre – non solo “difendere” – interessi e priorità sociali decisamente “altri” rispetto a quelli governativi.

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Il governo prova ad accelerare i tempi su due temi di forte impatto verso il fronte dell’antipolitica, come l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, appena introdotto attraverso un decreto legge (che dovrà però passare ancora per le modifiche che saranno operate alle Camere) e l’inizio del percorso di riforma della legge elettorale. Più difficile e lungo sarà il processo di superamento del Porcellum, dal momento che allo stato attuale i partiti non sembrano avere ancora una idea pienamente condivisa sulla direzione da prendere per la nuova legge elettorale. In ogni caso, il governo delle larghe intese sembra aver voluto dare all’opinione pubblica un segnale chiaro sulla priorità di una riforma generale del sistema politico persino rispetto ai temi economici, per evidenziare che i primi, evidentemente, devono costituire la cornice dei secondi. Pur con tutte le contraddizioni ancora aperte, nel suo complesso il segnale sembrerebbe essere giunto a destinazione, dal momento che la principale forza “anti partiti” oggi in Parlamento,  sembra aver ridotto notevolmente i propri consensi, come hanno testimoniato anche le ultime consultazioni amministrative, dove il M5S è stato escluso da tutti i ballottaggi. E’ certamente sopratutto la cosenguenza di scelte del Movimento di Grillo percepite come errate dai suoi stessi elettori, ma la definizione dei primi obiettivi del governo mirati simbolicamente a dare una risosta imediata alla voglia di cambiamento dei cittadini, potrebbe aver contribuito anche in questo senso. Ma il punto è capire se questi temi siano davvero percepiti come emergenziali anche dall’opinione pubblica generale, che in realtà appare assai divisa. Per il 30% degli italiani è il lavoro la vera emergenza e infatti la priorità per il governo dovrebbe essere un provvedimento di natura economica come “l’aumento dell’occupazione attraverso politiche di defiscalizzazione delle assunzioni”, tema che già in campagna elettorale era stato peraltro ampiamente affrontato. Subito dopo, vengono i temi di riforma del sistema politico istituzionale, al 22% il taglio dei costi della politica e al 20% la riforma della legge elettorale e delle istituzioni. Interessante rilevare come il 16% del campione percepisca come debba essere una priorità per il governo rinegoziare con le Ue le politiche di austerità, che vengono tutt’ora focalizzate come la causa del perdurare della crisi economica. Colpisce anche che in questo quadro solo il 12% (il risultato più basso) abbia risposto che la priorità per il governo sia l’abbassamento delle tasse tout court, un dato che testimonia come ci sia ormai una visione più articolata e complessa della situazione economica attuale, a dispetto di precedenti letture, fin troppo semplicistiche. Ma, proprio con riguardo alla modifica del sistema politico istituzionale, si è aperto il dibattito su quale debba essere la destinazione finale del processo di riforme. E a questo proposito sembra stia emergendo gradualmente, fra i partiti che compongono le larghe intese, un orientamento comune verso il passaggio al modello semipresidenziale francese, cosa che prevederebbe dunque l’introduzione anche nel nostro Paese di una novità assoluta come l’elezione diretta del Capo dello Stato. Su questo tema si è espresso inequivocabilmente anche lo stesso premier, asserendo recentemente che quella di Napolitano sarà l’ultima elezione di un Presidente della Repubblica avvenuta con le vecchie regole. Ma gli italiani – da sempre molto legati alla figura del Capo dello Stato- per ora sembrano restare interdetti da una modifica tanto sostanziale di un meccanismo di garanzia presente nella carta costituzionale fin dalla sua nascita e forse, proprio per il timore di un salto nel buio, bocciano in prima istanza questa ipotesi, dal momento che il 56% del campione si dichiara contrario ad una modifica della Costituzione in questo senso.

Nota metodologica:

Rilevazioni effettuate il 1 giugno. Metodo C.a.t.i. Totale contatti effettuati 5.902, sostituzioni 1.368. Margine di errore +/-3,5% (livello di confidenza 95%).Tutte le altre informazioni e il sondaggio completo, saranno pubblicati sul sito www.agicom.it e www.sondaggipoliticoelettorali.it

da IlRetroscena.it

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