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Morire a Kabul? Non ne vale la pena

“Non posso non sottolineare la mia profonda amarezza nel vedere questa aula vuota a fronte di quello che e’ accaduto” ha esordito così oggi in aula il ministro della Difesa Mario Mauro, riferendo alla Camera sull’attentato in Afghanistan che ha causato la morte del capitano Giuseppe La Rosa.

Sulla continuità della partecipazione di un contingente militare italiano all’occupazione dell’Afghanistan sembra che, finalmente, si apra uno scontro politico e una polarizzazione di posizioni.

La destra conferma il suo spirito bellicista attraverso l’intervento del deputato Cirielli di Fratelli d’Italia. ”I nostri soldati – afferma Cirielli – non sono caduti invano, non c’e’ stato spreco di denaro. L’Afghanistan di oggi, non solo sul piano della democrazia, liberta’ e civilta’, infatti, non e’ neanche lontanamente paragonabile a quello talebano, ma i nostri militari hanno partecipato ad una missione di legittima difesa in coerenza con l’Alleanza Atlantica che imponeva sostegno agli Usa attaccati l’11 settembre del 2001, legittima difesa riconosciuta dall’Onu”. Questa è dunque la chiave di lettura della destra rispetto alla missione militare. Non è certo una sopresa.

Il PD, si guarda bene dal chiedere il ritiro dei militari italiani dall’Afghanistan, anzi per bocca del deputato Giamario Scanu afferma di ritenere necessario di “dover lavorare di piu’ e meglio sul versante dell’addestramento e della sicurezza dei militari impegnati in missione, con uno spostamento di risorse, se necessario, dai fondi destinati per l’acquisto degli armamenti. Con l’approssimarsi della conclusione della missione in Afghanistan prevista per il 2014, si hanno validi motivi di ritenere che si verifichera’ una intensificazione delle ostilita’ a danno dei vari contingenti. Anche a questo fine sara’ necessario che il governo vigili sulla piena e totale corrispondenza della attivita’ del contingente italiano ai postulati della missione Aisaf evitando contiguita’, o peggio ancora identificazione, con la missione Enduring Freedom voluta con altri intendimenti”. Non solo. Il PD si preoccupa che ai militari e in particolare a quelli in Afghanistan arrivino più soldi: ”Chiediamo al governo di stralciare, come gia’ avvenuto per i magistrati, il comparto della difesa e sicurezza dal blocco degli stipendi” come dire: chi fa la guerra o manganella nelle piazze deve essere pagato presto e bene. Una indecenza.

SEL annuncia che presentera’ una mozione per ”il ritiro del contingente italiano in Afghanistan” quando si discutera’ del rifinanziamento delle missioni all’estero. ”Chiediamo un gesto di realta’ e coraggio, ovvero non accettare la logica per cui bisogna permanere in una palude. Dobbiamo uscirne”. Inoltre ”si fa fatica davanti all’ennesima vittima a condividere la fissita’ della posizione del governo”, ha affermato Vendola.
“Dobbiamo domandarci cosa stiamo a fare in Afghanistan, dal momento che non abbiamo in quel Paese alcun vitale interesse in discussione, eccezion fatta per il rapporto che ci lega agli Stati Uniti. E’ necessario chiedercelo perche’ le morti degli ultimi mesi ci sembrano purtroppo inutili.” ha detto invece il deputato della Lega Nord, Nicola Molteni, intervenendo in Aula.

Alessandro Di Battista, del M5S chiede il ritiro dall’Afghanistan: “Massimo cordoglio per il militare morto in Afghanistan e per la sua famiglia. Non intendiamo strumentalizzare questa tragedia, ma torniamo a chiedere quanto chiesto in una mozione presentata all’inizio della legislatura: i nostri militari tornino immediatamente a casa”. Alcuni giorni fa, Marco Scibona senatore valsusino del M5S, aveva protestato contro la presenza di parlamentari M5S ai funerali dell”ufficiale italiano ucciso in Afghanistan dagli insorti: “Chi ha deciso che ci sarebbe stata una delegazione del M5S? – ha denunciato Scibona – Sono incazzato… quello è un funerale di un portatore di morte. Ora gli stessi che sono andati lì vadano a tutti i funerali dei caduti sul lavoro”.

I militari italiani morti in undici anni di operazioni militari nell’Afghanistan invaso dagli Usa e dalla Nato sono saliti a 53 con la morte del capitano De Rosa. Il governo si è affannato a smentire la notizia che potesse essere stato un bambino afghano di 11 a tirare la bomba nel blindato dell’ufficiale dei bersaglieri. Aggiungere uno smacco alla inutilità – e alla vergogna – della operazione militare in Afghanistan sarebbe stato troppo anche per chi in questi anni ha sostenuto, votato e mantenuto la missione militare. Non solo. Il governo sta facendo anche i conti con le ripercussioni della partecipazione dell’Italia all’aggressione militare della Nato in Libia e alla destabilizzazione di quel paese alleato del nostro attraverso un trattato ufficiale di non aggressione. Ieri hanno provato a far saltare una macchina dell’ambasciatore italiano a Tripoli. Il premier Letta si è limitato a ringraziare con un tweet l’autista del velivolo per la sua prontezza. Tutto qua.
Viene da chiedersi quand’è che l’Italia troverà il coraggio di resettare la sua politica estera e chiedere scusa al popolo afghano e al popolo libico onde voltare pagina sul colonialismo di ritorno che la vede coinvolta fattivamente e funestamente già da troppi anni.
Una pagina che si sarebbe potuto chiudere, almeno parzialmente, nel luglio del 2006 con il secondo governo Prodi, votando contro il rinnovo delle missioni militari. Settanta parlamentari dei partiti della sinistra, soprattutto quelli in Senato, hanno avuto l’occasione per farlo… ma hanno coscientemente perso l’occasione. Se ne stanno ancora pagando le conseguenze.

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