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Venezuela. La Rivoluzione Bolivariana è in buone mani

Non è facile in meno di due ore sentire condensati la storia, il presente e le prospettive di un processo rivoluzionario come quello bolivariano del Venezuela. E’ successo a Roma, grazie all’incontro con il Presidente Maduro, in visita in Italia per ricevere dalla FAO il riconoscimento come uno dei paesi che hanno fatto più sforzi per combattere la fame: un premio per le politiche promosse da Chavez per ridurre la malnutrizione e garantire l’accesso dei venezuelani, senza distinzioni, al cibo.


Nella sua fitta agenda italiana Maduro ha incontrato il suo omologo Napolitano e il papa Francesco (cui ha proposto un’alleanza sociale tra la S. Sede e i paesi dell’Alba attorno all’esempio della Missione Milagros, che oggi cura gli occhi di un milione e mezzo di latino-americani, soprattutto delle fasce sociali più in difficoltà, uomini e donne dei barrios che dopo tanti anni stanno riacquistando la vista), senza mancare alcune tappe fondamentali: l’omaggio al Libertador Simon Bolivar, che 208 anni fa a Monte Sacro giurò di liberare l’America Latina dagli occupanti europei, e al cimitero acattolico di Roma, dove davanti alla tomba di Antonio Gramsci il successore di Chavez ha giurato di portare tutta l’eredità gramsciana sul percorso della rivoluzione socialista.


Lunedì 17 giugno Maduro ha incontrato i movimenti e le realtà sociali, politiche e del sindacalismo conflittuale italiani: dall’Unione Sindacale di Base ai movimenti di lotta per la casa, da Rifondazione Comunista al Comitato Italiano Giustizia per i 5, dall’Associazione La Villetta per Cuba al Collettivo Militant, dal Comitato No Debito alla Rete dei Comunisti (presente a Caracas durante le elezioni del 14 aprile con una delegazione di accompagnatori internazionali, il Prof. Luciano Vasapollo e Rita Martufi, che hanno partecipato a vari incontri con Maduro e i rappresentanti del governo venezuelano durante la visita in Italia). Davvero peccato che l’Ambasciata e gli organizzatori abbiano scelto una sala poco capiente (circa 250 persone) poiché sono rimasti per strada oltre 200 compagni  di partiti e associazioni di solidarietà che avrebbero voluto e sicuramente meritato di partecipare a questo importante evento ascoltando direttamente un gran discorso politico di Maduro fortemente orientato alle prospettive della transizione socialista.

Salutando l’Ambasciatore della Repubblica Bolivariana del Venezuela Isaia Rodriguez Diaz, e i rappresentanti diplomatici dei paesi dell’ALBA presenti all’incontro, Maduro ha ringraziato la comunità italo-venezuelana, che lo ha accompagnato nella sua visita in Italia, e si è detto impressionato dalla quantità di persone che lo hanno salutato, “con baci e solidarietà al popolo di Chavez e Bolivar”, anche nella sua passeggiata notturna nel centro della capitale, quando era appena arrivato da Caracas.


“La rivoluzione bolivariana è in buone mani, quelle dei figli di Chavez” ha esordito Maduro, davanti a una sala stracolma di applausi e di pugni chiusi a salutare il nuovo Presidente e con lui il lascito politico di Hugo Chavez, “il più grande bolivariano di tutti i tempi”. E’ come se lo stesso Chavez, ha sottolineato Maduro, avesse vinto le elezioni dello scorso 14 aprile stroncando il progetto fascista, quello che già in Cile e in Argentina cancellò una intera generazione, e che in Venezuela era, ed è, ancora legato ai settori più retrogradi, conservatori e cospiratori della borghesia contro-rivoluzionaria, dell’elite imperiale statunitense e del capitale finanziario. Perché “per ogni rivoluzione c’è sempre una contro-rivoluzione”, ha detto Maduro, “e la destra fascista contro-rivoluzionaria ha tentato più volte di incendiare la nostra patria, anche il 14 aprile, così come ha tentato di riempire d’angoscia il popolo uccidendo Chavez tante volte, sfruttando la sua malattia”, con l’intenzione di far perdere la fiducia al popolo venezuelano e di innescare un’ondata di violenze. 



La morte di Chavez è stata una “tragedia storica”, che il popolo ha affrontato con le lacrime ma anche con coscienza e tranquillità e ciò ha permesso al paese di non cedere al caos. “Per fare una rivoluzione occorre prima una rivoluzione del pensiero, dei valori, dell’etica politica: Chavez aveva capito che portare la rivoluzione al governo avrebbe garantito la pace”. Per questi motivi il 14 aprile ha vinto il popolo: una “vittoria eroica” nell’ambito di un “sistema elettorale perfetto, il più perfetto del mondo, che ha visto 17 elezioni negli ultimi 14 anni e altrettante vittorie limpide e pulite”. Lo aveva detto il Presidente Maduro, se avesse vinto per un voto avrebbe governato, se avesse perso per un voto avrebbe lasciato. 

La vittoria elettorale ha confermato la grande fiducia del popolo nel processo bolivariano e che valeva la pena proseguire con le politiche sulla sanità pubblica e gratuita (il Venezuela sta formando 60.000 medici a Cuba nell’ambito dell’alleanza bolivariana), sull’istruzione, sulle nazionalizzazioni (come quella della PDVSA nel settore energetico e petrolifero), sulla protezione sociale, sulla promozione della cultura.  Quelle politiche di pieno “rispetto della società umana” hanno bloccato lo strapotere del capitale finanziario, che storicamente è quello che finanziò Hitler, Mussolini, Franco. Nel vortice della guerra economica in corso, il Venezuela continua a distinguersi: “a noi non mancano la sanità, l’istruzione, il cibo”.


“Ieri – ha ricordato Maduro – abbiamo ricevuto il premio della FAO perché il Venezuela è il paese che più si è impegnato nella lotta contro la fame e la povertà. Così come qualche anno fa il Comandante Chavez ritirò il premio dell’UNESCO perché il Venezuela fu riconosciuto come ‘paese libero dall’analfabetismo’. Questi riconoscimenti sono il risultato di un modello che vuole superare il capitalismo. Noi continueremo a lottare, soprattutto in un momento così difficile”. 

La conclusione cui giunse Chavez era che “l’unico modo per superare il capitalismo è creare il cammino per il socialismo”, per una nuova società che non dipenda dall’economia ma muova dall’essere umano; occorre allora costruire una pratica sociale di rottura con l’individualismo e con la logica della ricchezza facile. Non è un caso se il 15 e 16 aprile le violenze fasciste e squadriste hanno preso di mira gli ambulatori e i consultori cubani, simbolo a Caracas e in tutta l’America Latina della “medicina più potente che hanno in mano i rivoluzionari, che è l’amore per la società umana, come stanno a dimostrare l’esempio cubano e di quel ‘rebelde endomito’ che è il Comandante Fidel Castro”. Su questi presupposti Chavez ha lasciato un testamento, un piano per la costruzione della patria socialista che, inserito appieno nei processi dell’ALBA, costruisca le basi per il Socialismo del XXI secolo.
 

Nel ripercorrere i passaggi più importanti della sua storia e militanza politica, il Presidente Maduro ha ricordato quando, a 8 anni, fu rinchiuso per una settimana dalle suore, con il suo compagno Paco, nella biblioteca della scuola S. Pedro di Caracas “perché difendevamo Cuba e Fidel, contro cui si dicevano tante bugie”. “A 11 anni – ha poi raccontato – andai nei barrios, poi entrai nel movimento sindacale e operaio finché nel febbraio del 1992 intrapresi con la rivoluzione la strada del Socialismo del XXI secolo. Chavez non può essere sostituito – ha tenuto a sottolineare Maduro – e in questi 3 mesi dalla sua morte sembra essere passato un secolo di dolore, ma noi invitiamo il nostro popolo ad asciugarsi le lacrime, a trasformare il dolore in azione e a contribuire a costruire una nuova etica”. 
 

Mentre tra i sorrisi di tutti Maduro si riferiva a coloro che lo definiscono “el burro”, l’asino, esprimendo tutto l’orgoglio di aver raccolto il testimone chavista, nelle orecchie di tutta la sala ancora risuonavano gli ultimi versi dell’inno nazionale venezuelano cantato in apertura dell’incontro: “seguid el ejemplo que Caracas dio”, “seguire l’esempio di Caracas”, nella convinzione che, sì, la rivoluzione bolivariana è davvero in buone mani.

* Radio Città Aperta

Le foto di Francesco Rossi:

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