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Cosa prevede il “decreto carceri”? Una scheda descrittiva

Tm News, 26 giugno 2013

Previsione di “misure dirette ad incidere strutturalmente sui flussi carcerari”, agendo in una duplice direzione: quella degli ingressi in carcere e quella delle uscite dalla detenzione.

E “rafforzamento delle opportunità trattamentali per i detenuti meno pericolosi”, che costituiscono la maggioranza. Sono i due fronti della cosiddetta “deflazione carceraria” cui tende il decreto legge recante “disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena” varato oggi dal Consiglio dei ministri. Ecco, in dettaglio, che cosa prevede il testo.

Modifica dell’art. 656 c.p.p.

L’obiettivo è riservare l’immediata incarcerazione ai soli condannati in via definitiva nei cui confronti vi sia una particolare necessità del ricorso alla più grave forma detentiva. Stante il particolare allarme sociale suscitato dal delitto di maltrattamenti in famiglia commesso in presenza di minori di 14 anni, tale tipologia di reato è stata inserita nel catalogo di quelli più gravi, cui l’ordinamento penitenziario connette un regime particolarmente gravoso, l’articolo 4 bis. Nei confronti degli altri condannati si è intervenuti sulla cosiddetta “liberazione anticipata”, istituto che premia con una riduzione di pena, pari a 45 giorni per ciascun semestre, il detenuto che tiene una condotta regolare in carcere e partecipa fattivamente al trattamento rieducativo. Il decreto prevede la possibilità che il pm, prima di emettere l’ordine di carcerazione, verifichi se vi siano le condizioni per concedere la liberazione anticipata e investa, in caso di valutazione positiva, il giudice competente della relativa decisione.

In questo modo, il condannato potrà attendere “da libero” la decisione del tribunale di sorveglianza sulla sua richiesta di misura alternativa. Inoltre, per le donne madri ed i soggetti portatori di gravi patologie viene contemplata l’opportunità di accedere alla detenzione domiciliare, peraltro già prevista dalle norme vigenti, senza dover passare attraverso il carcere, quantomeno nei casi in cui debba essere espiata una pena non superiore ai 4 anni. In pratica, al passaggio in giudicato della sentenza, ove il condannato debba espiare una pena non superiore ai 2 anni (4 anni se donna incinta o con prole sotto i dieci anni, o se gravemente ammalato) il pubblico ministero sospenderà l’esecuzione della pena dandogli la possibilità di chiedere, dalla libertà, una misura alternativa al carcere, che spetterà al tribunale di sorveglianza eventualmente concedere. Ove invece si tratti di autori di gravi reati o di soggetti in concreto pericolosi, ovvero sottoposti a custodia cautelare in carcere, questa possibilità non sarà offerta ed il condannato resterà in carcere fino a quando il tribunale di sorveglianza non ritenga, sulla base di una valutazione da svolgere su ogni caso specifico, che egli possa uscire in misura alternativa.

Lavoro di pubblica utilità

Viene ampliata la possibilità per il giudice di ricorrere, al momento della condanna, ad una soluzione alternativa al carcere, costituita dal lavoro di pubblica utilità. Tale misura, prevista per i soggetti dipendenti dall’alcol o dagli stupefacenti, fino ad oggi poteva essere disposta per i soli delitti meno gravi in materia di droga, mentre in prospettiva potrà essere disposta per tutti reati commessi da tale categoria di soggetti, salvo che si tratti delle violazioni più gravi della legge penale previste dall’articolo 407, comma 2, lett. a), del codice di procedura penale.

Misure alternative

Nella duplice prospettiva di ridurre i flussi in entrata ma anche di incrementare le possibilità di uscita dal carcere, si collocano le modifiche che prevedono l’estensione degli spazi di applicabilità di alcune misure alternative per determinate categorie di soggetti, che in passato erano invece esclusi, come i recidivi per piccoli reati. La preclusione si caratterizzava per una assoluta astrattezza, impedendo l’accesso alle misure, in particolare la detenzione domiciliare cosiddetta generica (ovvero sotto i 2 anni di pena), anche nei casi in cui i soggetti avevano commesso reati di modesto allarme sociale e magari in un lontano passato. L’eliminazione di tali automatismi consentirà al tribunale (o al magistrato) di sorveglianza di svolgere una valutazione in concreto, sulla base di elementi di giudizio forniti dagli organi di polizia e del servizio sociale del ministero della Giustizia. Nei confronti dei condannati per uno dei delitti di cui all’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario viene mantenuto il divieto di concessione di questa particolare forma di detenzione domiciliare.

Misure incidenti sul trattamento rieducativo

Al fine di alleggerire le tensioni che, in specie nel periodo estivo, possono più facilmente innescarsi sia tra i detenuti sia nei confronti del personale penitenziario, il provvedimento estende la possibilità di accesso ai permessi premio per i soggetti recidivi e prevede l’estensione dell’istituto del cosiddetto lavoro all’esterno anche al lavoro di pubblica utilità.

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