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Catania. Rifugiati siriani, sopravvissuti al naufragio, rinchiusi al Cara

Lo sbarco sulle coste catanesi del 10 agosto di migranti siriani, che ha visto la morte di sei di loro, ha avuto un ulteriore infelice epilogo stasera 14 agosto, giorno in cui era stato indetto il lutto cittadino. Chiusi dentro la scuola Andrea Doria, una struttura inidonea ad accoglierli (nei primi giorni il movimento antirazzista e varie associazioni avevano provveduto a fornire mediatori culturali, pediatri, medici donna nonché medicine, sapone, spazzolini, ecc.), i migranti avevano chiaramente e ostinatamente espresso la volontà di non farsi identificare, poiché non volevano fare richiesta d’asilo in Italia, viste le leggi e i tempi, e volevano ricongiungersi con familiari presenti in altri paesi del nord Europa.

A partire dalle quattro del pomeriggio circa, quelli che non erano riusciti a scappare (nuclei familiari con bambini sotto i dieci anni) sono stati trasportati singolarmente in un ufficio della Questura e identificati con la forza. Al ritorno, oltre a mostrare segni evidenti di percosse, i migranti hanno raccontato, gridando in arabo alle associazioni costrette a stare all’esterno, che gli uomini erano stati manganellati, alle donne era stato strappato il velo e che uno dei bambini era stato trattenuto da un poliziotto affinché tutti con la forza si convincessero ad essere identificati.

In serata, verso le otto, sono stati trasportati al CARA di Mineo, struttura sovraffollata e nota per le sue inefficienze, tutto ciò nonostante sin dal primo giorno molte figure istituzionali, dal ministro Kyenge a un deputato del PD, si fossero espresse per scongiurare il CARA come soluzione finale della vicenda.

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