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Berlusconi senza più vie d’uscita

Quando una cosa può andare male, sicuramente andrà nel peggiore dei modi. La “legge di Murphy” si è impossessata ormai dell’ex re Mida della politica e dell’imprenditoria italiana.

Dopo la sentenza deinitiva della Cassazione aveva tenuto una linea, diciamo così, di “riduzione del danno”. Chiedere un salvacondotto a Napolitano, con l’avallo del Pd, mentre faceva vedere che se il governo per caso fosse caduto, sarebbe caduto su questioni che “interessano gli italiani”. E quindi giù a testa bassa sull’Imu.

Non ha fatto i conti con i democristiani (tanti, tra i suoi e tra gli “avversari”), che gli hanno agevolmente sfilato l’argomento Imu togliendolo per i prossimi quattro mesi e reintroducendolo sotto altro nome (“Taser”, molto terroristico) da gennaio.

Così il suo ben piccolo giochino retorico si è sgonfiato. La sortita di ieri («Sarebbe disdicevole se il Governo cadesse, ma naturalmente non siamo disponibili a mandare avanti un Governo se la sinistra dovesse intervenire su di me, sul leader del Pdl, impedendogli di fare politica») è una confessione piena e non provocata: se decado cade il governo. Punto e basta.

Scriviamo da tempo, ormai due anni, che Berlusconi è un uomo finito. Politicamente, almeno. Da quando è entrata in campo la Troika (agosto 2011) e poi il governo Monti, la sua “utilità marginale” per i poteri che contano si è ridotta a quasi zero. Un “babau” con cui spaventare gli elettori di sinistra (tramite Repubblica, il Manifesto e l’Unità), ma che non metterà mai più piede in un consesso internazionale. Quindi neppure in uno nazionale (il rapporto si è rovesciato: siamo governati da fuori).

L’avvitamento nella sconfitta che da allora lo caratterizza è altamente patetico. Con le unghie, i denti e qualche pitonessa cerca di restare sulla zattera dei naufraghi della politica italiana. Ma ad ogni scossone, contrariamente a prima, scivola un po’ più fuori.

Farà casino, certamente, il giorno che la Giunta per le elezioni del Senato dovrà dichiararlo decaduto. Ma appare ormai certo che molti dei “suoi” non saranno disponibili a seguirlo nell’abisso. Alla Troika serve selezionare la “classe dirigente” del prossimo futuro. Esecutori fedeli, ciarlieri per abbindolare il pubblico, ma senza ambizioni personali che vadano oltre una poltrona e un lauto stipendio. “Manager” della politica, insomma, non “padroni”, funzionari del potere non “famiglie” ereditarie. Come avviene del resto nell’imprenditoria capitalistica “normale”, dove il “capitalismo familiare” – e le sue tare – sono stati superati già all’inizio del ‘900.

E’ un tramonto lungo, triste, sguaiato. Ma innocuo. Non facciamoci prendere per il culo, per favore…

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