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Il giorno dell’ordalia: i berlusconiani chiedono tempo

Ultim’ora: la riunione della Giunta per le elezioni è stata aggiornata a domani sera alle 20. Lo hanno comunicato alcuni senatori, lasciando la riunione durata oltre cinque ore. «Il relatore ha illustrato tre proposte pregiudiziali e ci ha chiesto 24 ore per aggiornare un elemento. Ci aggiorniamo per domani alle 20 per discutere e mettere al voto» le pregiudiziali, ha spiegato Dario Stefano, presidente della Giunta per le autorizzazioni al Senato. «Sarà fatta una votazione unica». Ovvero quella decisiva, par di capire.

Immediata la reazione dei berluscone: “allora il governo cade”.

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Ci siamo. L’ultima puntata della telenovela berlusconiana si svolge oggi all’interno della Giunta per le elezioni del Senato, chiamato a decidere se davvero la condanna definitiva a quattro anni per evasione fiscale obbliga il Parlamento italiano a dichiarare “decaduto” dalla poltrona senatoriale re Silvio da Arcore.

In fondo, il giudizio della Giunta non è neppure così decisivo quanto sembra. Il 15 ottobre la condanna diventerà operativa con la scelta tra arresti domiciliari e affidamento ai servizi sociali. Poco dopo (il 19 ottobre) arriverà la Corte d’appello che ricalcolerà gli anni di interdizione dai pubblici uffici. Non più i cinque comminati in secondo gradoe ritenuti eccessivi dalla Cassazione, ma di certo da uno a tre. Quanto basta per decretare che il Berluska torna a casa.

Sul piano giuridico tutto è chiaro da molto tempo: la legge Severino, votata anche dal Pdl e  dallo stesso Berlusconi soltanto un anno fa, esclude dall’elettorato passivo (“incandidabilità”) chiunque abbia riportato condanne definitive superiori ai due anni di reclusione. Silvio ne ha presi quattro, quindi discorso chiuso, anche se tre sono stati cancellati dall’indulto. E’ la stessa legge che ha fatto decadere da consigliere comunale di Roma Andrea “Tarzan” Alzetta, pure lui indultato, condannato a due anni per “conflitto sociale” (occupazione di immobili, ecc) circa dieci anni fa. Una legge di merda, scrivemmo subito, perché puntava a afar fuori dalla scena politico-amministrativa tutti quei militanti e attivisti sociali che si vedono denunciare a spron battuto ogni volta che vanno in piazza. Per fare solo un esempio, a questo ritmo la popolazione della Val Susa si vedrà presto “interdetta” dalla possibilità di scegliere o essere tra i rappresentanti eletti nei consigli comunali locali, provinciali, regionali e – perché no – seggi parlamentari.

Detto questo, è “purtroppo” per i politici nazionali anche una legge che può troncare la vita amministrativa di parlamentari eccessivamente “disinvolti” nel rispeto delle altre leggi. Come sta accadendo per Silvio e, di fatto, era accaduto per altri berlusconiani non rieleggebili (Cosentino, Papa, Di Gregorio, ecc).

La riunione della Giunta è stata aperta dal senatore Augello, un ex missino oggi berlusconiano, nominato “relatore” sulla vicenda. Da vero “uomo di parte”, ha depositato una relazione di 80 pagine e ha immediatamente chiesto un rinvio. Le ragioni erano state già anticipate nei giorni scorsi: bisogna vedere se la legge Severino può essere o no applicata, se è o no incostituzionale, se non sia il caso di attendere il giudizio chiesto alla Corte europea di trasburgo dallo stesso Cavaliere e cento altri cavilli che i legulei del Detenuto hanno elaborato nelle scorse settimane.

Per Augello, infatti, ci sarebbero tutti i presupposti perché la Giunta chieda un parere alla Corte di Lussemburgo, ve verificare se la legge Severino viola i principi comunitari. Augello ha chiesto alla giunta di valutare se la proposta di sollevare la questione costituzionale della legge può essere sollevata solo nella seduta pubblica o già ora. “Siamo un organo giurisdizionale e in quanto relatore sono come un magistrato. Nel merito ho l’obbligo delle riservatezza”.

Ha presentato anche altre due pregiuziali, allo scopo di guadagnare tempo. Ma la Giunta starebbe decidendo se votare subito su queste tre richieste (respingendole) oppure a “avallare” qualche perdita di tempo. Ricordiamole brevemente: la prima chiede alla Giunta stessa di verificare l’ammissibilità di un ricorso alla Corte Costituzionale, la seconda di sollevare direttamente l’eccezione di costituzionalità su 10 profili indicati dal relatore. Nella terza, infine, il senatore Pdl chiede un rinvio interpretativo alla Corte di Giustizia della Ue, con una procedura accelerata.

E’ chiaro infatti che un voto sulle tre pregiuziali equivale di fatto ad un voto sulla relazione di Augello. E quindi il voto negativo sarebbe una sconfessione del relatore, o almeno della sua presunta “terzietà”.

Qui è avvenuto il promo scontro con il Pd, rappresentato in Giunta dall’ex magistrato Felice Casson. “Siamo senatori eletti. Siamo un organo politico”. Ma anche queste ovvietà non sembrano sufficienti ad andare avanti, o almeno a “persuadere” gli impersuadibili.

Secondo il presidente della Giunta di Palazzo Madama, Dario Stefano (Sel), il ricorso di Berlusconi alla corte di Strasburgo, “sotto il profilo procedurale è una variabile indipendente, che non produce la sospensione dei lavori in giunta: non ci sono norme né precedenti in tal senso. Rappresenta semmai, un ulteriore atto di cui tener conto sotto il profilo dei contenuti della difesa.

I grillini dicono di essere per il giudizio e il voto immediato, già in giornata. Ma appare ultra-evidente che il Pdl chiede “tempo” e che il Pd è dispostissimoa concederglielo. Almeno entro certi limiti, per salvaguardare la vita del governo. Che tutto il Pdl dà per finito un attimo dopo che “il Detenuto” sarà stato dichiarato decaduto da parlamentare.

La domanda è ancora una volta semplice: se “il governo non può cadere” (come indirettamente dicono Letta e Napolitano) attraverso quale artificio sarà possibile evitare – a lungo – di arrivare alla più logica conclusione dei lavori della Giunta?

Una scheda de IlSole24Ore ha censito le molte ipotesi dilatorie atualmente in campo:

Il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’Uomo
Nel ricorso alla Cedu, 33 pagine firmate dallo stesso Berlusconi , si chiede la condanna dello Stato italiano per la violazione di tre articoli della Convenzione europea, a cominciare dall’articolo 7 che disciplina il “nulla poena sine lege”, ovvero il principio di irretroattività. In particolare, Berlusconi chiede di dichiarare la responsabilità dell’Italia «perché l’applicazione nei confronti del ricorrente delle disposizioni del decreto legislativo 235/2012 (il “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità”, noto anche come “legge Severino”, approvato a fine 2012, ndr), in tema di incandidabilità e conseguente decadenza del mandato a seguito dicondanna per fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore è contraria al divieto di retroattività delle sanzioni penali». L’articolo 7 sarebbe violato anche perché lesivo del «principio di legalità, sufficiente predeterminazione e proporzionalità delle sanzioni penali».

L’incandidabilità violerebbe anche l’articolo 3, Protocollo n. 1 della Convenzione in quanto «costituisce una restrizione del diritto di elettorato passivo, che non soddisfa i requisiti di legalità e proporzionalità rispetto allo scopo perseguito e che viola il divieto di discriminazione», oltre a ledere il diritto di Berlusconi «nella sua veste di leader di uno dei maggiori partiti politici italiani, di continuare a rivestire la carica parlamentare e la legittima aspettativa del corpo elettorale alla permanenza in carica dello stesso», in virtù di una «decisione sulla decadenza» affidata a un «organo politico (la Giunta per le Elezioni del Senato) in difetto di qualsiasi possibilità di controllo esterno da parte di un’istanza indipendente e imparziale». Da ultimo, l’Italia violerebbe l’articolo 13 della Convenzione, «perché il ricorrente non dispone di alcun rimedio accessibile ed effettivo per far valere le doglianze» elencate.

In attesa della prima riunione della Giunta sul “caso Berlusconi” il presidente Dario Stefano (Sel), ha dichiarato che «il ricorso in sede europea non cambia nulla» rispetto ai lavori già fissati: «Il ricorso a Strasburgo va valutato con attenzione ma non possiamo bloccare l’iter della giunta». Oggi, i rappresentanti del Pdl in Giunta potrebbero comunque chidere una sospensione dei lavori in attesa del pronunciamento della Corte europea almeno sull’ammissibilità del ricorso. Il ricorso alla Cedu, se accolto, prevede una procedura complessa per la sua valutazione, che potrebbe inpiegare non meno di un anno prima di arrivare ad una sentenza di merito.

Ricorso alla Corte costituzionale I (“Schema Violante”)
Per molti osservatori, la relazione di 90 pagine che oggi il relatore pidiellino Andrea Augello presenterà in Giunta chiederà proprio questo: promuovere un ricorso alla Consulta per quanto riguarda l’ applicazione della legge Severino su decadenza e incandidabilità del senatore Silvio Berlusconi. La via di un’istanza alla Corte costituzionale per accertare senza ombra di dubbio la legittimità delle legge Severino è quella che nelle ultime settimane è stata ribattezzato “Schema Violante”, dal nome del giurista ed ex presidente della Camera Luciano Violante (Pd).

Ancora incerto se l’istanza (peraltro, ipotesi bocciata nel recente passato dalla Giunta per altri casi) possa essere presentata direttamente dalla Giunta. Violante lo ritiene possibile («La Corte costituzionale ha ritenuto che il procedimento in Giunta è di carattere giurisdizionale»), mentre altri giuristi, come il presidente emerito della Consulta Valerio Onida, ritiene necessario un passaggio in Aula. La strada ipotizzata da Violante è stata appoggiata in pratica da eminenti giuristi che hanno presentato in Giunta pareri pro veritate su richiesta della difesa del Cavaliere, mentre il Pd ha èpreso ufficilmente le distanze dall’idea di un ricorso alla Consulta.

Ricorso alla Corte costituzionale II
Esiste poi la possibilità, remota, che la difesa di Berlusconi tenti di sciogliere il nodo della decadenza del Cavaliere attrverso un “incidente di esecuzione della pena”, da porre all’attenzione del giudice di esecuzione della pena che è l’unico magistrato al quale ci si potrebbe rivolgere nella fase in cui è giunta la vicenda Berlusconi, essendo già stata emessa una sentenza definitiva di condanna nei suoi confronti. Il giudice d’esecuzione della pena potrebbe optare per due soluzioni: o respingere tale richiesta o accoglierla e considerare non manifestamente infondata la questione dell’irretroattività della legge Severino. L’incidente dell’esecuzione della pena, infatti, potrebbe essere sollevato puntando proprio sulla tesi dell’irretroattività della norma. Se il magistrato dovesse propendere per questa seconda soluzione, dovrebbe rinviare gli atti alla Corte costituzionale.

Ricorso alla Corte di Giustizia Ue (“Schema Violante”)
È la “seconda parte dello “Schema” proposto sa Violante, e prevede, in parallelo al ricorso alla nostra Consulta, la presentazione di un ricorso alla Corte europea di giustizia di Lussemburgo (quella dell’Unione Europea) per valutare la congruità della legge Severino con il diritto europeo. In caso di accoglimento, la norma verrebbe sospesa in attesa della pronuncia.

Revisione del processo Mediaset
Tra le strade possibili per “salvare” il Cavaliere dalla decadenza da senatore con un voto “politico” della Giunta i suoi difensori stanno valutando anche l’idea di chiedere una revisione del processo sui diritti Mediaset che però sarebbe possibile solo in presenza di nuove prove non a conoscenza della difesa prima della sentenza. A dare qualche chance alla revisione, secondo il coordinatore Pdl Sandro Bondi, sarebbe la recente documentazione dei giudici svizzeri «rivelata dal settimanale Tempi» che confermerebbero «la totale infondatezza della sentenza pronunciata sui diritti Mediaset», dimostrando che Frank Agrama ha svolto un ruolo «reale e non fittizio» di intermediario dei diritti Tv al centro del processo per frode fiscale. Se anche si andasse alla revisione, la sentenza di condanna non verrebbe comunque sospesa.

Amnistia e indulto
Al centro del dibattito politico del mese di agosto seguito alla condanna definitiva di Berlusconi l’ipotesi di amnistia o indulto ha una percorribilità pari allo zero, o quasi. L’amnistia è prevista dall’articolo 79 della Costituzione e prevede l’estinzione del reato e la cessazione dell’esecuzione delle pene, incluse quelle accessorie, quindi annullerebbe anche l’interdizione dai pubblici uffici. Il provvedimento richiederebbe pero’ la maggioranza dei due terzi in entrambe le Camere, con un ruolo determinante del Pd. Improbabile anche l’ipotesi indulto, che al contrario dell’amnistia estingue solo la pena principale (per quella accessoria servirebbe una dichiarazione esplicita nel provvedimento). Nel caso specifico, peraltro, Berlusconi ha già usufruito di un indulto, e di certo non potrebbe cumulare i benefici di un secondo.

In entrambi i casi, l’iniziativa dovrebbe partire dal Parlamento (da escludere un passo delGoverno, anche se la Guardasigilli Cancellieri ha piu’ volte auspicato una riflessione sull”amnistia per risolvere l’emergenza carcere). A rendere impossibile questa strada anche il peso dei precedenti: le amnistie del passato sono state per pene fino a tre anni, o al massimo 5. Berlusconi è stato sì condannato a 4 anni, ma amnistia e indulto si debbono eventualmente calcolare non sulla pena massima irrogata, ma sulla pena massima prevista dal Codice. Che nel caso della frode fiscale arriva a 6 anni.

Grazia e commutazione delle pena
Anche l’ipotesi di una grazia da parte del Qurinale ha occupato per giorni le cronache estive, dal momento che la Costituzione (articolo 87) prevede che il presidente della Repubblica possa «concedere grazia e commutare le pene». La prima, estingue in tutto o in parte la pena inflitta con sentenza irrevocabile, la seconda la trasforma in altra specie di pena prevista dalla legge (nel caso specifico, potrebbe in ipotesi essere una pena pecuniaria). La grazia cancella anche le pene accessorie, ma solo se così previsto dal decreto presidenziale che la autorizza.

Se questo è lo scenario generale, i margini di percorribilità della grazia sono comunque assai esigui, dal momento che il Qurinale, in una nota diffusa lo scorso 13 agosto, ha ricordato che la domanda di grazia da parte del conmdannato costituisce un passaggio «essenziale» per l’avvio dell’iter di valutazione della richiesta da parte della presidenza della Repubblica.

Da escludere che Napolitano decida di concedere sua sponte la grazia al Cavaliere, come precisato sempre nella nota di metà agosto, che sottolineava come il presidente della Repubblica non può prescindere «dalla prassi seguita in precedenza« in base alla quale, negli ultimi anni, «è stata ritenuta essenziale la presentazione di una domanda». Cosa che Berlusconi non vuole assolutamente fare (per ora) perché la riterrrebbe una ammissione di colpevolezza. Nello stesso messaggio, Napolitano ha confermato poi che «un eventuale atto di clemenza individuale inciderà sull’esecuzione della pena principale», escludendo quindi l’ipotesi di una grazia “limitata” all’interdizione dai pubblici uffici, che è quello che interessa di più Berlusconi. L’eventuale grazia a Berlusconi non annullerebbe l’applicazione della legge Severino su decadenza e incandidabilità del leader Pdl per i prossimi sei anni.

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