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Ripubblicizzare conviene, privatizzare no. I casi di Roma e Fiuggi

Quando abbiamo letto dell’emendamento al Senato sul decreto Salva-Roma della senatrice Linda Lanzillotta, che in cambio di soldi per il bilancio del Comune di Roma chiedeva la privatizzazione delle aziende pubbliche, ci è tornata subito alla mente la scelta scellerata già all’epoca – seconda metà degli anni ’90 – del Sindaco Rutelli, con assessore al bilancio appunto Linda Lanzillotta, di far entrare i privati nella gestione di Acea e Centrale del Latte.

Contro quella scelta si  svolse nella nostra città un battaglia politica durissima che portò ad un referendum cittadino (fortemente osteggiato) che vide contrapposti i fautori della privatizzazione (tanti e anche potenti) contro le realtà territoriali romane, i gruppi politici della sinistra di classe , i sindacati di base. Il referendum imposto da oltre 60.000 romani che lo avevano richiesto, si perse per pochi voti, ma qualcuno adombrò anche l’ipotesi di brogli che invertirono a notte fonda “il trend” che vedeva in vantaggio gli oppositori alla privatizzazione di Acea e Centrale del Latte.

Il leit-motiv dei privatizzatori fu – ma è il ritornello di sempre – che con l’entrata dei privati sarebbe migliorata la qualità dei servizi e i loro costi sarebbero diminuiti magicamente grazie alla competizione sul mercato. Ma, a distanza di anni, chi li ha visti? L’unica cosa certa è che sono peggiorate le condizioni dei lavoratori all’interno delle aziende, sono peggiorati i servizi e le tariffe e i prezzi dei servizi non sono affatto diminuiti.

Ora, Linda Lanzillotta, passata nel frattempo dal PD a Scelta Civica, ritorna alla carica e quel che più stupisce è che l’emendamento al Senato sia stato sostenuto anche dal M5S.

Che le prescrizioni delle privatizzazioni si siano rivelate fallimentari è un dato di fatto, ma una ulteriore conferma ci viene da un articolo sul quotidiano Repubblica (RomaEconomia martedì 17/12/2013) – quotidiano capofila della logica mercatista e liberista – in cui si descrive la storia dell’acqua di Fiuggi, la quale “concessa” negli anni ’90, prima all’imprenditore fascista Ciarrapico e poi alla Sangemini, ha rischiato il fallimento completo.

Dopo 20 anni il comune di Fiuggi ha ripreso il possesso della Fonte e in poco più di un anno ha portato a casa un boom del fatturato, tanto che la giornalista Giovanna Vitale parla di miracolo italiano e una riprova – testuali parole – che non sempre privatizzare conviene.

Un articolo che non ha meritato certo la prima pagina di Repubblica, ma conferma il fatto chiarissimo che quando c’è la volontà, anche il  “pubblico” può gestire al meglio, sia dal punto di vista economico che della qualità, un bene comune collettivo nell’interesse dei lavoratori e dei cittadini. 

Per questo motivo occorre opporsi con tutte le forze ai progetti di privatizzazione dei servizi pubblici locali che vogliono imporre anche a Roma.

 

* Rete dei Comunisti, Roma

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1 Commento


  • Antonio

    E se invece di spingere per “pubblicizzare” queste aziende, quindi darle in pasto agli squali dei politici piuttosto che ai privati, di queste aziende se ne fanno “Beni Comuni” , nè dello Stato nè dei privati ma di tutti. Aziende Sociali gestiti da dipendenti, utenti e territorio???

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