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Quando il Muos parla americano. Un bilancio

Il nuovo anno è già arrivato ma l’eco di quello appena trascorso non ha ancora cessato di propagarsi e ancora per tanto tempo continuerà a far sentire i propri effetti. Un anno che si chiude, inevitabilmente, porta ad analizzare ciò che è avvenuto, a porsi domande su ciò che si è fatto, sui “come” e sui “perché”… ma riuscire a redigere un bilancio su una questione ancora in divenire come quella che riguarda il sistema di telecomunicazioni satellitare della Marina militare statunitense a Niscemi è davvero impresa ardua, se non impossibile.

Parlare di Muos e di No Muos in questa fase della storia della istallazione americana, sarebbe troppo facile anche per chi non l’ha vissuta direttamente, ma, andare qua e là, ritagliare due righe qui e due righe là e raccontare cosa sono stati gli ultimi due anni di lotta per il popolo dei No Muos, lo lasciamo fare ad altri.

Noi, tanto abbiamo scritto, quanto abbiamo vissuto.

Ma proprio perché viviamo, in questi giorni, in un’ atmosfera di bilanci, ci sembra doveroso e ci piace, riprendere una pagina di cronaca non raccontata o solo brevemente accennata.

Il Media Day

Il fatto risale allo scorso 19 giugno, il giorno del “Media Day”, ribattezzato come il “giorno dei balconi fioriti”, il giorno in cui i “media” hanno avuto libero accesso alla base americana NRTF-8 di Niscemi. A raccontarcelo…

Ero sul lago Maggiore in vacanza, quando la mia redazione mi ha chiamata e mi ha chiesto se volessi andare al “Media Day” organizzato dall’Ambasciata americana e dal ministero della Difesa Italiano presso la base NRTF-8 di Niscemi. Non poteva essere vero, mai nessuno dei non “addetti ai lavori” era entrato  dentro la base americana creata all’interno della area protetta della sughereta di Niscemi, solo una volta qualche settimana prima una delegazione di Sel, accompagnata dal professor Massimo Zucchetti del Politecnico di Torino e dal giornalista Antonio Mazzeo vi era riuscita, figuriamoci 40 giornalisti della stampa nazionale e locale. Così ho preso il primo aereo che avesse la disponibilità di un posto e sono rientrata in Sicilia.

Il giorno dopo, alle otto del mattino, attraversavo i cancelli della base Nato di Sigonella, luogo di raduno di tutti i partecipanti. Qualche difficoltà all’ingresso per me e per i colleghi di un’altra testata giornalistica locale, prontamente risolta dall’intervento provvidenziale di un ufficiale del 41° Stormo AntiSom dell’Aeronautica Militare italiana, nella sua impeccabile divisa bianca.

Ci ritroviamo tutti nel cortile antistante al Circolo Ufficiali della base. Pian piano arrivano tutti gli invitati, compresi i 17 della “stampa nazionale” che, insieme alla delegazione italiana del ministero della Difesa e a quella americana dell’Ambasciata e del Consolato statunitensi, arrivano da Roma a bordo di un C130 dell’Aeronautica Militare italiana.

Alle 11.00, finalmente, siamo tutti presenti: sorrisi, abbracci, ci si riconosce, ci si racconta.

Improvvisamente, una copia della «Repubblica», comincia a girare frettolosamente di mano in mano, il quotidiano pubblica la notizia secondo la quale l’Istituto Superiore di Sanità riterrebbe “non pericoloso” il Muos. Una strana “anticipazione” arrivata proprio in quel momento quando ancora nulla dallo stesso Istituto è stato ufficialmente reso noto. Ci guardiamo tutti preoccupati ma sempre più convinti che qualcuno stia giocando pesante!

Veniamo accompagnati in una grande sala del Circolo Ufficiali dove, fra coffee, pastries, croissants e fruit juices, il nostro “accompagnatore e guida”, il console Moore, ci dà i suoi saluti ed il suo benvenuto, mentre un generale del ministero della Difesa, ci assicura, con voce serena e pacata, che a Niscemi troveremo tecnici specializzati americani (ovviamente), che risponderanno a tutte le nostre domande e ci “rassicureranno” sull’assoluta innocuità del Muos.

Ergo? Potevamo fare qualcosa di “più utile” stamattina?

Muos: perché l’Italia, perché Niscemi

La sensazione generale è quella di star partecipando, tutti, all’ultima puntata della soap opera “Muos: un nome, una garanzia”.

Sul pullman, messo a disposizione della Marina Militare, prendono posto i 40 “inviati” di tutte le reti televisive nazionali, di diverse e importanti agenzie-stampa e di alcune grosse testate giornalistiche nazionali e locali. Nel pulmino davanti a noi i rappresentanti dello Stato Maggiore della Difesa ed i rappresentati del Consolato e dell’Ambasciata americana. Da Niscemi arrivano voci di disordini, ma basta una telefonata in paese perché tutto venga smentito. Niscemi tace? Un po’ di stupore sui volti di tutti, poteva essere una buona occasione per far passare un messaggio forte e deciso da parte degli attivisti ma, dopo qualche minuto, arriva un’altra telefonata, la notizia è certa: circa cinquanta manifestanti stanno raggiungendo l’ingresso della base.

Speriamo non ci siano disordini, comincia a far caldo.

Sul nostro pullman c’è una rappresentanza del ministero della Difesa e siamo scortati dalla Polizia di Stato. I cameraman delle reti televisive che sono a bordo, già all’ingresso del paese prendono posizione nei posti davanti. Sì, è vero, tutto quanto fa spettacolo.

Niscemi, contrada Ulmo, passiamo davanti al presidio del Coordinamento Regionale che stranamente è vuoto, solo un ragazzo ci guarda passare mentre, miracolosamente, compaiono davanti a noi altri mezzi della Polizia di Stato. Riconosco la sagoma inconfondibile e il codino brizzolato di Massimo Coraddu, ha l’andatura stanca si appoggia a un bastone, lo chiamo dal finestrino, lui si gira, io gli grido il mio “ciao Massimo”, lui mi sorride e dice qualcosa, sembra arrabbiato ma sorride.

Massimo ha sempre questo sorriso, “sardo” lo definisco io, è un sorriso fiero e timido insieme. Lui mi guarda, non so se mi abbia riconosciuta, io gli urlo che andrà tutto bene e di stare tranquillo, lui mi sorride. Qualcuno dei “colleghi” mi chiede chi sia, io rispondo: “cavolo, come chi è?… Lui è Massimo Coraddu, consulente esterno del dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino, ex ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), adesso è consulente per il Comune di Niscemi, lui sa tutto sul Muos, lui e Massimo Zucchetti sono gli autori dello studio da cui è partita tutta la storia del Muos”. “Accidenti – risponde la “collega” – ne sai di cose tu, magari ci sentiamo dopo e mi racconti”.

Resto a guardarla a bocca aperta… non conosce Massimo Coraddu… e non è la sola.

Davanti al presidio delle Mamme No Muos, a poche centinaia di metri dall’ingresso della base, gli attivisti. Non sono molti, forse una trentina di persone, alcuni si seggono in terra davanti ai due mezzi ma la Polizia, pronta, li sposta trascinandoli. Siamo fermi, vedo un poliziotto che trascina una ragazza sul bordo strada, lei resta seduta in terra, il poliziotto si abbassa e lo sento distintamente chiedere “tutto a posto, stai bene? “ la ragazza fa cenno di sì con la testa, penso: “meno male”.

Dopo una decina di minuti riusciamo a passare. Siamo dentro la famigerata base NRTF-8 la base americana di Niscemi, da 22 anni adibita a stazione radio trasmittente, all’interno della quale le tre parabole del Muos, aspettano un “sì, è pericoloso” ed una revoca definitiva delle autorizzazioni per essere smantellate, oppure un “no, non è pericoloso“ da parte delle due Commissioni (Istituto Superiore di Sanità e la commissione di 8 scienziati di fama internazionale, voluta dall’Assessorato Ambiente e Territorio dell’Assemblea Regionale Siciliana) per essere ultimate. Penso a tutti gli attivisti, a tutti i siciliani che vorrebbero essere al mio posto e sorrido, bene, avrò la possibilità di parlare e di chiedere anche per loro, lo farò assolutamente!

Il Console Generale americano, Donald Moore, ci saluta tutti cordialmente e ci sorride, altri militari ci accompagnano dentro una piccolissima struttura prefabbricata all’interno della quale prendiamo posto: ci permettono di fotografare e filmare per un po’, quindi ci chiedono di spegnere luci e lucine perché il briefing comincia. Luci e lucine vuol dire anche il mio registratorino? Non lo so, vorrà dire che prenderò appunti.

“La base di Niscemi – comincia il capitano di fregata Antonino Franza dello Stato Maggiore della Difesa – è una base italiana concessa in uso alle forze degli Stati Uniti nel quadro degli impegni NATO a cui aderiscono tutti i Paesi aderenti al trattato costitutivo della NATO del 1949″. “Il comandante italiano del 41° Stormo di Sigonella – prosegue Franza – è il rappresentante ufficiale dell’istallazione e assolve tutti i compiti di collegamento con le autorità militari e civili ed esterni ed è responsabile della sicurezza interna dell’infrastruttura. Ovviamente esiste anche un comandante americano, che ha il comando pieno sul personale, l’equipaggiamento e le operazioni statunitensi ma deve preventivamente informare il comandante italiano in merito a tutte le attività svolte dalle forze americane ed è tenuto a svolgere le attività nel rispetto delle leggi italiane”.

Sorrido e torno col pensiero al lago Maggiore, che bella Stresa, l’isola dei pescatori… perché non sono rimasta a godermi quella meraviglia? “All’interno della base esistono due installazioni – ci dice ancora il capitano di fregata – la vecchia stazione NRTF costituita dalle 44 antenne installate negli anni Novanta (due sono state dismesse) ma effettivamente funzionanti sono soltanto 21 e il sistema MUOS in fase di realizzazione.”

Il capitano cede la parola all’ingegnere Paul Quintal dell’Ufficio Cooperazione della Difesa dell’Ambasciata americana il quale ci spiega “perché l’Italia”.

“L’Italia ha una posizione geostrategica nel Mediterraneo – ci racconta – perché è una sorta di crocevia della civiltà occidentale (ha dimenticato greci, fenici, arabi… e i cinesi? E i migranti che arrivano da ogni dove? Non portano le loro di civiltà?), perché dall’Italia è possibile focalizzare l’attenzione sull’area sud e l’area est del nostro emisfero”.

“Perché l’Italia ospita le forze statunitensi da più di 50 anni – continua, convinto di starci rassicurando – perché l’Italia ha capacità politiche, sociali, economiche e militari (sic!) e perché ha preso impegni e stretto accordi bilaterali con l’ONU e la NATO”. (Ecco – penso – raccontala giusta!)

“Abbiamo spostato forze dalla Germania diminuendo le nostre presenze lì, perché sono più utili in Italia”.

“Perché Niscemi? – Continua nel suo italiano quasi perfetto. – La base di Niscemi copre tutta l’area dall’Oceano Atlantico all’Oceano Indiano. La copertura ad alta e bassa frequenza permetterà l’intervento in situazioni di crisi per missioni (quelle di “pace”, sicuramente allude a quelle…) ONU e NATO (sì, parla di quelle!), così com’è avvenuto in quelle “antipirateria” in Libia (la Libia… ops…) e in Libano, permetterà di organizzare operazioni di aiuti umanitari ed è da Niscemi (eccallà!!) che sarà possibile il controllo e l’intervento in emergenza nel corso di operazioni in aree remote”.

 

La sicurezza prima di tutto

“La sicurezza prima di tutto – prosegue serio e apparentemente “accorato” – e per questo siamo in collaborazione con l’ISS e con L’ISPRA che controlla continuamente le nostre emissioni. E per confermare che le emanazioni eletttromagnetiche delle 44 antenne non sono nocive. I tecnici dell’ISPRA con Arpa Sicilia, hanno diviso il sito in otto settori e fanno misure in ogni settore… con gli strumenti a tutta potenza per provare con la massima emissione. Anche in questo momento il tecnico dell’ISPRA sta facendo le sue misurazioni. Se vedete, uscendo, un omino con un apparecchietto che fa misurazioni, ecco quello è l’omino dell’Ispra. Noi lo facciamo di nostro ogni tre anni – dice ancora. – E nella storia di questo sito mai i nostri risultati sono andati fuori dai limiti previsti dalla legge”.

Leggero brusio, tutti ascoltano attenti… si alza una mano, è la mia. Chiedo la parola: “Mi scusi signore, ma gli ultimi dati forniti dall’Arpa Sicilia e anche quelli precedenti mostrano valori che superano abbondantemente quei 6v/m imposti dalla Comunità europea e riconosciuti come limiti di legge dalla legislazione italiana”.

Il nostro interlocutore tace, respira profondamente, diventa leggermente paonazzo, il suo italiano incespica cercando qualcosa da dire, quindi mi risponde “ehm… più tardi, più tardi ci sarà tecnico che prenderà parola e risponderà a sua domanda”.

E “più tardi”, mi risponde il tecnico, l’ingegner John Oetting della John Hopkins University, il quale sembra invece abbia molto a che fare con la Loocked Martin azienda-madre del MUOS, ma è una “voce di corridoio” e io non posso saperlo. Riprende Oetting e illustra una slade in cui si rappresenta una comparazione visiva fra i rischi di vari emittitori e i limiti legali. Da questi risulta evidente come i limiti voluti dalla legislazione italiana siano di gran lunga inferiori a quelli americani e gli americani stanno tutti bene! Riprovo a chiedere dei limiti imposti dalla Comunità europea e adottati dall’Italia. Il mio italiano probabilmente non è comprensibile perché mi viene confermato, ancora, che i limiti americani sono di gran lunga superiori a quelli imposti dalla Comunità europea…

Porca miseria, ma l’interprete traduce quello che io chiedo? Provo ad azzardare un’altra domanda: “Perché continuate a parlare di una potenza massima di emissione di 200 watt (che fra l’altro, come dite, si raggiungerebbe soltanto quando piove visto che l’acqua assorbe e non riflette e quindi gli strumenti devono essere messi al massimo…), quando nei documenti ufficiali del progetto MUOS depositati presso la Regione Sicilia per ottenere le autorizzazioni del 2011, si parla di una potenza di 1600 watt? Stiamo parlando di dati non corrispondenti al progetto presentato… non credete che le valutazioni debbano essere fatte sul progetto ufficiale, e non su un altro diverso?”

Momento di panico, silenzio, quindi dalla prima fila la voce stizzita del rappresentante del ministero della Difesa: “Non so dove la signora abbia preso questi dati, ma noi abbiamo SEMPRE parlato di 200 watt! Anche per le altre tre basi abbiamo sempre parlato di 200 watt”.

Ribadisco che sono state date autorizzazioni su 1600 watt e non su 200; che quello su cui loro stanno lavorando è un progetto diverso e non autorizzato. La risposta è: “Deve esserci un errore perché anche per tutti gli altri siti nel mondo è sempre stato di 200 watt”, c’è nervosismo nell’aria, anche altri colleghi insistono su questo argomento, ma la risposta è sempre la stessa “DEV’ESSERCI STATO UN ERRORE”.

L’imbarazzo è davvero notevole, il portavoce dell’Ambasciata americana chiude la discussione invitandoci, vista l’ora, ad accomodarci fuori per un break. Ma Quintal si intrattiene un attimo, la mia mano, assolutamente indipendente, si solleva ancora e chiedo ancora: “Signore, perché Niscemi e non Sigonella? Avete considerato le caratteristiche del territorio? la vicinanza del petrolchimico? Che influenza possono avere queste onde sull’aeroporto di Comiso?”

“Comiso? Ha detto Comiso? Sì questa ce l’ho! ma le rispondo dopo, si questa ce l’ho…”  sembra risollevato, sono risollevata anch’io… finalmente avrò una risposta?

Ridiamo tutti, sembra una battuta quella del nostro relatore… ma mi risponde “a Sigonella ci sono le piste di atterraggio e una struttura alta ‘4 piani’ come il MUOS creerebbe serie difficoltà al decollo e all’atterraggio dei velivoli militari che da e su Sigonella si muovono”. Resto a fissarlo sbalordita, senza aver più la forza di dire altro. Chissà se nel parlare di velivoli militari abbia pensato ai Global Hawk, ai Reaper o ai Predator…

La risposta mi sembra decisamente insufficiente e generica, per non dire palesemente assurda, considerati gli spazi enormi su cui la base di Sigonella insiste e sulla “facilità all’esproprio” che esiste in Italia, ma tant’è…

“Tutti gli altri siti non danno i problemi che sta dando Niscemi… – insiste Quintal – Niscemi è in ritardo di due anni e sta rallentando anche l’invio nello spazio del secondo satellite, creando molti problemi perché si spendono soldi anche per l’affitto delle gru che però non possono lavorare, perché i lavori sono fermi dall’11 aprile ed entrano solo operai per la manutenzione degli impianti di condizionamento e nient’altro”.

Ormai non mi serve più nemmeno levare in alto la mano, chiedo ancora la parola e domando se anche gli altri siti hanno 44 antenne intorno e un petrolchimico a due passi… ma per tutta risposta l’ingegnere americano fa l’esempio dell’impianto alle Hawaii posto al centro di un’isola abitata (Honolulu) a due passi dal quale vive il cognato dello stesso ingegnere… Lui ci assicura che il cognato e gli altri parenti, stanno tutti bene e che garantisce lui. Sì, è tutto sicurissimo e ci invita fuori per il lunch.

Usciamo. Nel raccogliere le mie cose dico a voce abbastanza forte “Qui ci stanno pigliando per il culo”. Un collega romano annuisce sorridendo.

 

“Il MUOS non fa male!”

Usciamo, mi raggiunge il console e mi domanda con un sorriso, per quale giornale io scriva e alla mia risposta, annuendo, mi sorride sopra pensiero e se ne va. Sappiamo tutti chi non verrà più invitato alle prossime passeggiate istruttive all’interno della base, se mai ce ne saranno ancora.

Cercando un po’ d’ombra, incrocio un altro generale dello Stato Maggiore della Difesa. Gli chiedo spiegazioni sulla sua affermazione rivolta a me durante il briefing (“la signora chissà dove ha preso queste notizie non stanno né in cielo né in terra”). Lui mi dice di non aver visto il progetto ma che dev’esserci stato un errore… Non riporterò nulla della nostra chiacchierata che aveva tono confidenziale, posso solo dire che ho fatto presente come quei benedetti limiti non siano stati rispettati, che come quel 6 V/m è già “alto” per la Comunità europea che pensa di abbassarlo ancora, lui mi risponde: “Lo vede?, sono valori incerti, suscettibili di cambiamenti…” E io “Sì, ma di abbassamento, generale, non di innalzamento”.

Hamburer e hot dog, la chiacchierata col generale mi risparmia l’olezzo della carne bruciacchiata, sono vegana, quell’odore di animale abbrustolito mi dà la nausea. Quando i militari hanno finito di arrostire, invito il generale a spostarci sotto la tettoia dove insiste il barbecue. Lì, colleghi e funzionari sono seduti e mangiano sereni, ci sono dei grandi vassoi pieni di frutta fresca, ne mangio anch’io… fa davvero tanto caldo e la sete è davvero tanta. Mi viene da pensare al militare del nostro esercito che sotto quelle antenne innocue si è beccato una leucemia mieloide, lui durante l’intervista fatta lo scarso anno mi disse che, all’interno della base, il bisogno di bere acqua era sempre molto forte… quasi tutti i militari hanno con sé bottiglie d’acqua.

Riprendiamo il nostro “tour”. Fa uno strano effetto aggirarsi per la base, vedere quelle gru, poter toccare le parabole, entrare dentro le torrette che ospiteranno le parabole, perché è chiaro che le parabole saranno montate. Stephen Anderson, portavoce dell’Ambasciata americana, ci fa notare come siano stati rispettati i parametri per evitare l’impatto ambientale, terra del luogo e mattoni della stessa tinta per non “stonare” con le tinte dell’argilla della collina e un azzurro tenue per le parti metalliche che così si confonderanno con il cielo e non disturberanno la vista di alcuno… Sinceramente, trovo il discorso estremamente ridicolo.

È sicuro – il portavoce Anderson – sicurissimo che i giudizi degli esperti nominati dal TAR Sicilia daranno pareri positivi, “perché il MUOS NON FA MALE!!”

Gli esperti del Tar e cioè il professor D’Amore della Sapienza di Roma, verificatore nominato dal Tribunale Amministrativo della Regione Sicilia, poco tempo dopo non sarà d’accordo, come non sarà d’accordo la commissione degli 8 studiosi, la cui relazione di 150 pagine verrà assolutamente ignorata dalla Presidenza della Regione e anche dall’Assessore al Territorio e all’Ambiente, la quale non troverà di meglio da dire che il “giudizio della commissione non è attendibile perché di parte”, ma questa è un’altra storia e seguirà di qualche settimana la nostra visita alla base americana.

Ha uno strano atteggiamento il portavoce Anderson, osserva e ascolta in silenzio domande e risposte ai e dai tecnici pronto a interrompere quando la domanda non gli è “gradita” o la risposta americana non è in linea con quanto stabilito noi si debba “sapere”.

“I ritardi con cui i lavori stanno procedendo a Niscemi – ci dice Anderson – stanno costando agli Stati Uniti 50.000 dollari al giorno”. Qualcuno chiede come mai allora abbiano chiesto soltanto 25.000 euro come risarcimento danni, lui risponde: “Chiedetelo al vostro governo” ci ringrazia e ci invita a lasciare la torre: è molto infastidito il portavoce dell’ambasciata americana, più volte ha bloccato le risposte dell’ingegner Quintal. Ma a questa storia del risarcimento, più tardi durante la conferenza stampa, risponderà per lui il generale Goretti. “La richiesta di risarcimento era un fatto ‘dovuto’, diretta conseguenza della revoca alle autorizzazioni voluta dalla Regione Sicilia”. (Risarcimento dunque, non penale come dichiarerà settimane dopo il presidente Crocetta per giustificare la sporca storia della revoca delle revoche: nessuna penale era mai stata “imposta”, ma tant’è…)

La visita volge al termine i colleghi delle reti televisive fanno le ultime interviste, alcuni soldati in mimetica blu, si affrettano ad allestire la scena per l’ultimo atto di quella commedia, portano all’ombra di una parabola un tavolino, due sedie e due bandiere ma fra il tricolore e le stelle e strisce, tese come se su di loro soffiasse un vento invece inesistente, spicca per la sua assenza la bandiera della NATO, ma come? E gli accordi Nato di cui parlava il capitano di fregata dello Stato Maggiore della Difesa che ha aperto il briefing del mattino? Ma soprattutto manca il triscele: questi americani, hanno dimenticato che stanno occupando terra siciliana, mi consola non essere la sola a notarlo, mi conforta un po’.

Finita la breve conferenza stampa mentre i soldati arrotolano le due bandiere tese e inanimate e si accingono a riporle in naftalina, perché chissà quando e se mai le esporranno ancora… noi ci accingiamo a lasciare la base e sembra che nulla debba turbare il nostro “sereno rientro”.

Perché dovrebbe accadere qualcosa? Il Muos non fa male, hanno detto gli americani, gli Hawaiani stanno tutti bene… quindi? Massima sicurezza per i lavoratori all’interno della base e per gli abitanti delle zone limitrofe, dunque?

Dunque perché questi ultimi si agitano così tanto da bloccare i mezzi su cui rientriamo a Sigonella, infilandosi sotto gli stessi in movimento, col rischio di essere “frantumati” da un autista che non si è accorto di quanto stia accadendo e che solo le nostre urla riescono a far fermare?

Forse hanno qualcosa da dire anche loro, quei ragazzi brutti sporchi e cattivi?

Forse un certo Massimo Coraddu, dal sorriso sardo, può dimostrare che gli omini dell’ISPRA stanno procedendo in quei giorni alle misurazioni per l’ISS, ad antenne spente, rilevando valori assolutamente al di sotto della media “standard”?

Forse non fanno scendere nessuno dei giornalisti dal pullman perché ascoltare istanze di gente arrabbiata dalla strada e nella confusione più totale, può dare ai “media” l’idea di un’assoluta confusione mentale di quella fetta di popolazione?

Forse che gli attivisti presenti sul posto che tutti i giorni tentano di bloccare l’ingresso ai mezzi diretti alla base e tutti quelli che lavorano spulciando carte e creando contatti con Commissioni di studio e ricorsi su ricorsi, tassandosi di tasca propria, sono tutti visionari?

Restiamo fermi e chiusi dentro il pullman per un tempo interminabile, mentre due cinture di poliziotti in antisommossa “ci proteggono” da quegli “scalmanati”, tanto pericolosi da rischiare loro di farsi “tritare”. Il caldo è asfissiante, la porta anteriore si apre solo per far salire Massimo Coraddu e un’attivista, io resto indietro, conosco la storia, io la conosco.

Una delle ragazze in strada mi vede, si allunga oltre ogni sua possibilità e mi porge il suo ghiacciolo all’arancia già smozzicato a metà… è giovane, in quel momento mi sembra un angelo, la ringrazio lei mi sorride, il pullman riparte col suo carico di caldo, sudore e nient’altro.

da Tg VAlle Susa

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