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Lavoratori pubblici? Sono i più produttivi…

La fabbrica del falso è sempre al lavoro. E alimenta i “luoghi comuni”, trascinandoli per le orecchie durante i decenni, in barba ai cambiamenti che nel frattempo inevitabilmente si verificano.

Quello sulla fannullonaggine dei lavoratori pubblici è tra i più gettonati, facili, condivisi senza alcuna necessità di conferma empirica. Poi arriva la solita analisi tecnica della Corte dei Conti – quella che fa le pulci al governo su come amministra  spese e bilanci – e si scopre il contrario.

Lasciamo volentieri la parola all’articolo che segue,, tratto da un sito di informazione specifica assolutamente tranquillo come http://www.quotidianosanita.it. Naturalmente, al contrario dell’autore (preoccupato che ci possano essere errori marchiani nello sviluppo della spending review), noi non confidiamo affatto nelle capacità amministrative del nuovo governo Renzi…

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Dipendenti pubblici. Troppi e poco produttivi? Una balla. Ecco i dati che smentiscono un falso mito

La realtà è invece ben diversa e racconta di un sistema in linea con gli altri paesi così come viene autorevolmente certificato dalla Corte  dei conti nella sua relazione del 2012 sul “Costo del lavoro pubblico”. L’Italia è allineata ai partner europei sia per numero che per costi.

Tra i miti razionali più utilizzati dai detrattori dei sistemi pubblici di welfare,  quello della pletora dei  dipendenti pubblici e della loro scarsa  produttività,  occupa il di sicuro il posto d’onore.
Un mito sostanzialmente falso, (anche se è sicuramente da migliorare la performance complessiva della P.A),  che viene sostenuto con particolare verve da due categorie di soggetti (politici e imprenditori) che di tale supposta inefficienza sono rispettivamente responsabili e corresponsabili.

 
I primi perché da loro dipende la nomina dei principali manager pubblici che dovrebbero garantire una adeguata conduzione gestionale; i secondi (dalla grandi industrie coma la FIAT alle banche passando per  Alitalia etc.)  perché hanno potuto sopravvivere alla durezza del mercato solo grazie agli aiuti di stato e alle tasse dei contribuenti onesti  di cui la stragrande maggioranza appartiene proprio al comparto dei pubblici dipendenti.  
 
La realtà è invece ben diversa e racconta di un sistema in linea con gli altri paesi così come viene autorevolmente certificato dalla Corte  dei conti nella sua relazione del 2012 sul “Costo del lavoro pubblico”.

Dal punto di vista della consistenza degli organici  l’analisi comparativa effettuata, evidenzia, per l’Italia, valori non dissimili da quelli degli altri grandi paesi europei (ad eccezione della Germania), con parametri particolarmente virtuosi per alcuni rapporti. In particolare, negli ultimi  quattro anni, il numero dei dipendenti pubblici ha subito una decisa riduzione evidenziata anche dall’andamento dei dipendenti pubblici sul totale degli occupati.

Per  quanto riguarda i costi del personale  “il rapporto tra la spesa per redditi ed il PIL (11,1% nel 2011) appare superiore esclusivamente al parametro relativo alla Germania. Nella media europea si colloca il rapporto tra spesa per redditi e spesa corrente delle pubbliche amministrazioni. Il raffronto tra il numero dei dipendenti pubblici e il totale degli occupati, in forte discesa per l’Italia nell’ultimo decennio (dal 16,4% al 14,4%), evidenzia un peso della burocrazia sul mercato del lavoro pari a circa la metà della Francia e di gran lunga inferiore anche al Regno Unito”. In ogni caso “Il rapporto tra il PIL e la spesa per redditi dei dipendenti pubblici è,  stimato in diminuzione sino a raggiungere, nel 2014, un valore pari al 10%, dato che rappresenta il valore minimo decennale del predetto indicatore”  
 
Anche nei confronti dei redditi del settore privatola storia raccontata dalla Corte dei  conti va in direzione opposta a quello che si vorrebbe fare credere.  “Nel periodo 2005-2011 il divario tra le retribuzioni contrattuali del settore pubblico e quelle dei comparti privati subisce un drastico ridimensionamento, passando da un valore dell’8% al 2,6%, forbice destinata ad ulteriormente restringersi per effetto del blocco della contrattazione collettiva per i soli dipendenti pubblici fino a tutto il 201”
 
Ed infine per quanto riguarda la previsione di spesa“L’esame dei dati contenuti nel conto annuale della Ragioneria generale dello stato, aggiornati al 31 dicembre 2010, conferma un ritrovato controllo della spesa di personale per effetto delle norme contenute nel decreto-legge n. 112 del 2008, prima ancora, dunque, dell’entrata in vigore delle più stringenti misure di contenimento recate dal decreto-legge n. 78 del 2010, i cui effetti, in termini disaggregati ed analitici per singolo comparto di contrattazione, saranno esaminati nella Relazione del prossimo anno.
 
C’è dunque una narrazione che dissimula la realtà e nasconde un’altra veritàovverosia che lo stato sociale erga omnes è reso possibile solo ed esclusivamente grazie al lavoro dei dipendenti ( pubblici e non ) che con le loro tasse ne rendono possibile il funzionamento.
Su questo punto vorrei ricordare che circa l’82% dei dipendenti dichiara un’imposta netta, per un valore complessivo di 90,7 miliardi di euro (61% del totale imposta netta dichiarata) ed un valore medio di 5.300 euro.( i pensionati contribuiscono invece nella misura del 30% circa)
Mentre analizzando la composizione del reddito complessivosi evidenzia come l’incidenza  del reddito da lavoro dipendente sia circa il 91% del totale . Il restante 9% essendo composto prevalentemente da: redditi da pensione (3,43%), fabbricati (2,28%), altri redditi (1,44%), redditi d’impresa e di lavoro autonomo (1,05%) e redditi da partecipazione (0,95%).
 
I dipendenti pubblici del nostro paese, dunque, non sono diversi da quelli del resto d’Europama a differenza degli altri subiscono un accanimento fiscale che nel caso dei medici raggiunge livelli assolutamente intollerabili sia nel lavoro dipendente tradizionale sia in quello assimilato come nella libera professionale.
 
Un esempio concreto di questo ultimo tratto dalla  real life fugherà qualsiasi dubbio residuo. B.P. è un professionista di comprovata esperienza che decide di avviare una attività di libera professione intra-moenia attraverso la stipula di una convenzione tra la propria ASL e una struttura totalmente privata non convenzionata  con il SSN e che offre  prestazioni sanitarie in regime esclusivamente privato.
Il professionista in questione esegue visita e test diagnostici in vivo e lavora presso la struttura per circa 6 ore settimanali e questo è il resoconto dei primi due mesi di attività
 
Importo Fatturato totale  4.085,00 €
Quota provvigione struttura convenzionata  973 €
Importo Fattura inviata alla ASL  3.112.00 €.
Trattenuta Costi aziendali (5%+10%) -431 
Importo parziale  2680€
Fondo perequativo-5%
Legge Balduzzi -5%
Lordo busta paga 2424
Netto in busta paga (aliquota 43%) 1.382

Alla fine B.P. ha percepito per ogni ora di lavoro una somma di 45% € netti, fatte salve le spese per i trasporti e in quota parte della assicurazione professionale che ha dovuto accendere per espressa richiesta della struttura ospitante.
 
Questo dunque è l’orizzonte in cui si muovono oggi i dipendenti pubblicie in modo particolari i medici. Un paesaggio contrassegnato da scarsa considerazione 8 i cosiddetti fannulloni)  e da una oppressione senza precedenti dal punto di vista fiscale che mortifica il lavoro e la libera intraprendenza individuale.  Una situazione a cui il nuovo governo deve mettere mano subito e  in modo incisivo se il Presidente del consiglio Renzi vuole essere all’altezza delle sue promesse e non sprecare il credito di cui attualmente gode.

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