Menu

Tolto il segreto sulle “stragi di stato”

“Ho firmato oggi la direttiva che ‘declassifica’ – si dice così, in gergo tecnico – gli atti relativi ai fatti sanguinosi di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, stazione di Bologna, rapido 904, Gioia Tauro. Una mole enorme di documenti che saranno presto a disposizione degli studiosi, degli organi di informazione, di tutti i cittadini”. Lo scrive Matteo Renzi su Facebook. Mentre su Twitter il premier pubblica una foto della direttiva con cui dispone la declassificazione.

Vedremo se questo atto significa l’apertura reale di armadi ancora pieni o la sconsolata constatazione che sono stati tutti svuotati da tempo. A pelle, “la seconda che hai detto”.

L’atto in sé è ovviamente corretto. Arriva solo con qualche decennio di ritardo (nè Napolitano da ministro dell’interno e poi da presidente della Repubblica, né Massimo D’Alema da primo ministro lo avevano fatto). E questo la dice lunga su quanto il Pci ed i suoi “ex” abbiano cercato di rompere le scatole al “partito americano” in Italia: zero.

Ma d’altra lato non possiamo certo dimenticare che Renzi è il figlioccio diretto di quella Democrazia Cristiana più interlacciata con la massoneria nostrana e internazionale; che le sue proposte di “rfiorme costituzionali” sono in realtà una messa in chiaro del “piano di rinascita democratica” a suo tempo stilato da Licio Gelli; che tutti gli istituti della democrazia parlamentare sono per lui – come lo erano stati per Berlusconi – un’inutile perdita di tempo sul cammino del “fare” quel che l’Unione Europea decide.

E forse è proprio qui che può essere rintracciato il quid che giustifica la “declassifica” dei documenti secretati sulle stragi. Nell’Europa che conta, infatti, quella prassi da repubblica delle banane (i servizi segreti che compiono stragi dandone la colpa agli “anarchici”, poi nascondono – male – le prove, depistano le indagini della magistratura, ammazzano testimoni e pretendono comunque l’impunità e i massimi gradi di carriera)  non è più di casa da qualche decennio.

Fare pulizia, eliminare anche l’impressione che sia mai esistito un “doppio Stato” (ce n’è sempre stato uno soltanto, e chi ha visto doppio o era un depistatore o si era bevuto il cervello) è quasi un “dovere tecnico”.

Naturalmente, se i documenti fossro ancora tutti conservati e quindi messi a disposizione – fra gli altri – anche della magistratura, non resterebbe probabilmente molto della vecchia classe dirigente. Se sul piano della politica questa è ormai stata pensionata, ai massimi livelli degli apparati dello Stato le cose stanno ben diversamente.

Proprio per questo motivo – pur sperando di vedere le prove di quel che riteniamo di sapere già, a grandi linee – ci sembra di poter dire che questo atto doveroso arriva con ogni probabilità a buoi abbondantemente scappati. E proprio perché sono già scappati.

Altro discorso, invece, sul piano storico. I professionisti della ricerca archivistica avranno sicuramente molto materiale da vagliare, in qualche caso fondamentale per ricostruire ben diversamente le vicende dell’Italia attraversata dallo stragismo di Stato. Per quanto lacunoso potrà essere quel giacimento di documenti che verrà messo a disposizione, infatti, basterà vagliarlo con soltanto un pizzico di onestà scientifica per demolire governanti, imprese, servizi segreti, carabinieri, ecc, del passato.

Sul piano storico, almeno.

A riprova di quanto sopra detto, Aldo Giannuli fa notare che ci sono ancora almeno tre “giacimenti” che fin qui sono rimasti intangibili anche alla magistratura:

-quello della Presidenza della Repubblica che ha sempre rifiutato ogni accesso, per quanto minimo, alla magistratura in nome dell’immunità Presidenziale;

-quello dell’Arma dei Carabinieri (alludiamo all’archivio informativo, non a quello amministrativo) che non si capisce dove stia;

-quelli delle segreterie di sicurezza dei vari enti e dei relativi uffici Uspa che sono protetti dal segreto Nato.

Ed è chiaro che senza la documentazione “ultra-classificata” tutto quel che può venir fuori è politicamente inoffensivo.

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *