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Il prossimo presidente Ue? Christine Lagarde (Fmi)

Quanto contano queste elezioni europee di domenica prossima? Sul piano della democrazia liberale meno di zero.

La stragrande maggioranza della popolazione lo ignora, ma il parlamento europeo non è affatto un parlamento borghese. E’ infatti privo del “potere legislativo”, ossia della prerogativa senza la quale un’assemblea qualsiasi non può esser definita Parlamento.

Beh, dirà qualche impenitente “elettoralista di sinistra”, però stavolta potremo almeno scegliere chi sarà il presidente della Commissione Europea – ossia del “governo” dell’Unione Europea – anche se poi i ministri (i “commissari”) verrano come sempre nominati dai singoli governi nazionali, secondo proporzione di popolazione (due commissari per i paesi grandi oppure uno solo per quelli piccoli).

In teoria è vero, in pratica è falso. A rivelarlo in modo chiaro è il giornale dei padroni per eccellenza, IlSole24Ore, organo di Confindustria. Il prossimo presidente della Commissione sarà infatti con ogni probabilità la signora Christine Lagarde, ex ministro dell’economia francese con Sarkozy, poi presidente del Fondo Monetario Internazionale, uno dei tre pilastri della “Troika” (gli altri sono la Ue e la Bce).

Ma non è neppure candidata! (dirà il solito elettoralista di sinistra in affanno). Verissimo. Ma il motivo è già pronto: siccome è probabile che nessuno dei due scheramenti principali (centro destra “popolare” e centrosinistra “socialdemocratico”) riuscirà a prevalere in modo netto, a causa dell’annunciato successo dei movimenti “populisti” (sbrigativamente vengono chiamati così queli di estrema destra o di sinistra radicale, in quanto tutti più o meno “euroscettici”), chi comanda davvero in Europa – le imprese multinazionali e le grandi banche continentali – ha già deciso che sarà meglio affidare un “governo di larghe intese” a uno dei propri membri più fedeli. La signora Lagarde appunto.

Che ha il non disprezzabile vantaggio di garantire una linea di politica economica assolutamente neoliberista e di destra, ma di poter essere presentata come “scalta progressista”… in quanto donna.

Il cerchio si chiude. Un parlamento senza poteri e senza alcuna utilità verrà governato dall’alto da un gruppo di “ministri” nominati all’insaputa di alcune centinaia di milioni di elettori turlupinati.

Questo è la “democrazia occidentale” oggi. Vi pare di essere in Ucraina? E certo, dove pensavate di vivere?

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Tra Schulz e Juncker alla Commissione Ue potrebbe spuntare il terzo incomodo Lagarde (Fmi)

di Vittorio Da Rold

 

Sarà stata la pratica del lavoro comune svolto dalla Troika, la task force composta da Ue, Bce e Fmi o la forza intrinseca del direttore generale dell’Fmi, ma le voci di una candidatura di Christine Lagarde a presidente della Commissione Ue si fanno sempre più forti.

Alla domanda di chi sarà il prossimo presidente della Commissione europea, molti analisti delle segrete cose europee, non indicano il socialdemocratico Martin Schulz o il democristiano Jean-Claude Juncker ma un terzo incomodo. Se nessuno dei due “pesi massimi” dovesse vincere con un netto vantaggio, anche a causa del voto dei populisti, allora potrebbe farsi avanti un candidato alternativo di stazza internazionale, già ex ministro dell’Economia francese, attuale direttrice del Fondo monetario: Christine Lagarde. Naturalmente la diretta interessata smentisce con forza le indiscrezioni ma la partita è aperta, sottolineano a Bruxelles gli addetti ai lavori. E molto naturalmente dipenderà dall’esito delle elezioni per il rinnovo del Parlamento del 25 maggio.

L’ipotesi su cui puntano i conoscitori degli equilibri europei è l’ipotesi dello stallo politico a livello continentale, cioè quella situazione dove nessuna delle due grandi formazioni politiche – il Ppe e il Pse – con i due rispettivi “cavalli di razza” in campo, il lussemburghese Jean Claude Juncker e il tedesco Martin Schulz, prevarrà nettamente (al momento la prospettiva più probabile). Al quel punto si dovrà trovare un compromesso che potrebbe favorire proprio Lagarde in quanto donna, esperta di questioni internazionali e finanziarie, candidato sostenuto dal cancelliere tedesco Angela Merkel che non vuole lasciare al Parlamento europeo la scelta definitiva, non esposta al rischio di un “niet” preventivo inglese e, in quanto francese, sostenibile anche dal presidente socialista François Hollande anche se la Lagarde era stata ministro e fedele alleata di Nicolas Sarkozy.

Ma la scelta del nuovo presidente della Commissione – che i 28 leader della Ue cominceranno a discutere dal 27 maggio in un vertice informale a Bruxelles – è solo uno dei tanti nodi che dovranno essere sciolti nei prossimi mesi, nel corso della presidenza di turno dell’Italia, un semestre che si prevede complesso e denso di appuntamenti importanti.

Sul fronte delle nomine in particolare, i partner europei dovranno completare il puzzle scegliendo anche il presidente permanente del Consiglio Europeo (il sostituto del “grigio” Herman Van Rompuy) e quello dell’Eurogruppo (oggi in mano all’olandese Jeroen Dijsselbloem che non è stato proprio impeccabile nella conduzione ad esempio della vicenda della crisi economica di Cipro). E soprattutto, secondo le intenzioni del governo italiano espresse recentemente a Bruxelles all’Ansa dal sottosegretario agli affari europei Sandro Gozi, “mettere in discussione lo status quo” dell’Unione.

Un’azione a 360 gradi che avrà come momento centrale il Consiglio Europeo di ottobre, quando i 28 avranno sul tavolo le proposte sugli accordi di partenariato per favorire crescita e occupazione, le due parole magiche che si dovranno aggiungere ad austerity e conti in ordine, il mantra tedesco fin qui seguito da tutti i partner salvo la Gran Bretagna di Cameron. In quell’occasione, secondo Gozi, si dovrà andare oltre il concetto di regole “rigide a taglia unica” passando a politiche flessibili che consentano di fare fronte al costo delle riforme e rilanciare lo sviluppo.

Un fronte sul quale il governo Renzi è più determinato che mai a giocare in pieno la sua partita in Europa per sfruttare tutti i margini di manovra previsti dalle regole della governance economica. «Perché la chiusura psicologica mostrata finora dalla Commissione – ha sottolineato Gozi – non è più accettabile». Staremo a vedere come gli altri partner risponderanno alle sollecitazioni del governo italiano.

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1 Commento


  • Fred

    Foto a dir poco pregnante della Lagarde, quella scelta per l’articolo !

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