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Le secchiate per la Sla. Dalla sanità pubblica alla carità privata

Impossibile non commuoversi vedendo un malato di sclerosi laterale amiotrofica, altrimenti nota come “morbo di Gehrig”, un famoso giocatore di baseball che fu tra i primi campioni a cadere sotto i colpi della malattia. Impossibile specie per chi, come noi, ha avuto amici che sono morti in questo modo.

Ma c’è qualcosa di decisamente malato e vergognoso nella logica sottesa alla campagna di “secchiate d’acqua gelata” che sta riempiendo i media d’agosto. Si sono sottoposti al rito, rigorosamente sotto l’occhio delle telecamere, “vip” di regime (renzi, Galliani, il direttore de La Stampa e il suo vice, ecc), attori, cantanti e “famosi” di varia virtù. Tutti uniti, tutti d’accordo, bisogna fare di più per combattere questa malattia di cui si sa ancora troppo poco, per la quale non esiste terapia ma solo quanche “ritardante” di scarsa efficacia, che richiede assistenza crescente con il progredire inesorabile del male.

Naturalmente siamo d’accordo sul fatto che bisogna fare di più. Le domande sorgono sul “come” fare questo qualcosa. Altrimenti tanto vale affidarsi ai “santoni” alla Vannoni e ai “metodi stamina” de noantri…

In un paese – e in una Unione Europea – che va smantellando il welfare, tagliando la spesa sanitaria e soprattutto l’assistenza domiciliare (“privatizzata” quasi 20 anni fa, quando fu affidata alle cooperative del “terzo settore” e al volontariato cattolico), una camoagna mediatica così diffusa ha un solo obiettivo: convincere i cittadini, commuovendoli, a mettere la mano in tasca per fare un’offerta. Stile Telethon, insomma. Ovvero a “integrare” con l’offerta caritatevole le risorse calanti di uno Stato obbligato a ridurre il deficit e il debito.

Tanto più saremo commossi, tanto più tireremo fuori. Per questo serve così tanta gente “famosa” per rendere virale lo spot della secchiata (“gelida”, poi, è per autodichiarazione, no?). Soprattutto, a forza di commozione, smetteremo di pensare che questa come altre mille malattie richiedono uno sforzo collettivo per cui già paghiamo – con le tasse, i ticket, ecc – un prezzo. A cui però corrisponde sempre meno un servizio pubblico, per rispettare i vincoli di bilancio.

Ecco: questa sostituzione del servizio sanitario nazionale pubblico con la carità privata, non soltanto a noi, speriamo, sembra veramente un orrore. Pari solo a quello della Sla.

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