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Chi vuole mettere il bavaglio a Contropiano?

Vedersi arrivare nello stesso giorno le ordinanze di apertura d’indagine da due diverse procure – Torino e Napoli – può far parte dei rischi del mestiere. In entrambi i casi, la redazione di Contropiano è stata denunciata per diffamazione a mezzo stampa. Ma nel caso di Torino, il querelante è decisamente d’eccellenza, trattandosi del dott. Caselli, ex procuratore capo ritiratosi a gennaio. Il dott. Caselli si è sentito diffamato da un articolo pubblicato dal nostro giornale proprio in quell’occasione, articolo nel quale segnalavamo l’accanimento contro gli attivisti del Movimento No Tav e le infiltrazioni mafiose negli appalti dei lavori per l’Alta Velocità, anche in Val di Susa.

E’ ancora misterioso il provvedimento emesso invece dalla Procura di Napoli. Si sa che il motivo è lo stesso (art. 585 cp), quindi diffamazione a mezzo stampa, ma a tutt’oggi non ci è stato comunicato di quale articolo si tratti.

In questi giorni, casualmente ma non in contrasto con la fase storica in cui ci tocca di vivere ed agire, in Parlamento si sta discutendo proprio della messa a punto delle misure sulla diffamazione a mezzo stampa. Si parla di abolizione della detenzione per i direttori e i giornalisti responsabili degli articoli ‘incriminati’ e di misure più “stringenti” sulle rettifiche, ma nulla si dice sulle querele temerarie, cioè su quelle azioni che costringono il giornalista querelato ad eliminare l’articolo sotto accusa, ancora prima che un tribunale si sia pronunciato e sotto la minaccia di risarcimenti milionari.

Continua, ad esempio, ad essere ignorato il rapporto delle Nazioni Unite sulla libertà d’espressione che raccomandava fosse riservata al querelante sconfitto in sede giudiziaria, una sanzione pari al risarcimento richiesto al giornalista querelato, oltre, s’intende, al pagamento delle spese legali. L’assenza di questo “deterrente” fa si che i giornalisti, soprattutto di piccole testate incapaci di pagare eventuali risarcimenti milionari, debbano continuare a scrivere costantemente sotto la minaccia della querela temeraria, spesso usata come clava sia per imporre il bavaglio sia – e questo sotto certi aspetti è ancora peggiore – l’autocensura.

Contropiano, come dimostrano i dati sulle visite e le letture in continua crescita, in questi anni ha saputo diventare un quotidiano online dandosi come ragione sociale proprio quella di informare, controinformare e incentivare il pensiero critico. Colpisce, in tal senso, che personalità che dispongono di enorme visibilità su tutti i mass media si sentano preoccupati o diffamati nella loro immagine da un “piccolo” giornale online. Delle due l’una: o ci sottovalutiamo noi o certi ambienti e certi personaggi sono così incerti sulla propria autorevolezza che devono preoccuparsi anche delle voci difformi del panorama non mainstream.

Se dovremo andare in tribunale, andremo in tribunale e affronteremo tutti i processi. Lo faremo non solo per la libertà di stampa; ma per riaffermare le libertà politiche e di espressione in uno dei periodi più bui della storia recente del nostro paese. Quando il potere ti chiede il silenzio, stare zitti è complicità.

Invitiamo quindi i nostri lettori, i compagni, i giornalisti indipendenti e i democratici a sostenerci in questa battaglia o meglio, a sentirla anche come la loro battaglia.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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6 Commenti


  • Mic

    Se l’unico giornale che leggo quotidianamente viene querelato da uno come Caselli per una questione come la repressione dei No Tav, ne traggo due conclusioni:
    1) Contropiano sa fare il suo lavoro di informazione, e per questo dà fastidio ai disinformatori dotati di potere
    2) Faccio bene a leggervi ogni giorno, e la vostra battaglia è indubbiamente anche la mia.


  • Franco Astengo

    La solidarietà alla redazione di Contropiano fa parte della nostra battalgia di tutti i giorni contro lo scivolamento dentro a un regime autoritario. MI permetto di postare di seguito un intervento sul tema della fascitizzazione del quadro politico chiedendovi eventualmente di pubblicarlo , Grazie e come si diceca un tempo: al lavoro! e alla lotta!
    RENZI E GRILLO: L’OMOLOGAZIONE NEL NICHILISMO di Franco Astengo
    Già agli albori della loro “resistibile ascesa” Renzi e Grillo potevano essere accomunati in una comune logica di tipo sostanzialmente “fascistoide” e, in verità, qualcosa sul tema era stato scritto (esempio: Renzi, Grillo e il fascismo, pubblicato su questo blog il 26 ottobre 2013).
    Oggi nel pieno dell’esercizio da parte di entrambi del “segno del comando” è possibile approfondire l’analisi e convenire su di una definizione di sostanziale omologazione tra i due all’interno di una forma precisa di nichilismo.
    Nichilismo inteso proprio nella versione nietzschiana della “volontà di potenza, affidata a un superuomo”.
    Nietzsche si contrappone in questa sua visione a quella di Schopenhauer che, ne “Il mondo come volontà e rappresentazione”, appare ancora nostalgicamente orientato al recupero del fondamento perduto nell’opposizione tra mondo ideale e mondo sensibile.
    Per Nietzsche (ma anche nella pratica politica di Renzi e Grillo) si è ormai radicata una svalutazione dei valori tale da condurre a quell’“oblio dell’essere” che trova la propria espressione più radicale nel dominio della “tecnica di potenza”.
    In questo modo si può rovesciare il “niente” che questa società rappresenta nella sua affermazione della vita sottratta a ogni valore trascendente: basta il dominio dell’ “io” sugli altri.
    Allora posso giudicare il valore degli atti umani, qualsiasi atto: dalla maternità allo stendere uno striscione con il “mio” metro, quello dell’espressione del “mio” dominio.
    Gli spazi interiori sono così sottratti alla potenza ordinativa del Leviatano e la strategia decisionistica esce dallo schema del paradigma della modernità, quello che aveva dato origine alla democrazia nel suo significato più originario: fosse questa democrazia “liberale” o “democrazia “socialista”.
    Si verifica su questo elemento un punto che già è stato sollevato in altra sede (Enzo Scandurra sul “Manifesto” : Adattarsi al sistema PD con risposta su questo blog: “Adattarsi al PD” il 14 Ottobre 2014): questa condizione non può essere superata o contrastata attraverso la forma politica, ma soltanto assumendolo come il nostro medesimo destino.
    Negli atti politici concretamente fin qui compiuti Renzi e Grillo tendono a dimostrare l’inesistenza della mediazione politica: per adesso, in alcune occasioni vi si adattano per opportunità ma è evidente che la tendenza che dimostrano si dirige verso un superamento di questo elemento di costrizione nell’esercizio della loro forza assoluta.
    Si sovrappongono, nella forma comune di esercizio del comando, l’assenza di riconoscimento della condizione comune e l’idea dell’impossibilità di apertura di una forma di libertà politica che limiti il potere personale.
    Si torna così alle origini, allo Stirner di “L’unico e la sua proprietà” (1844): “ogni concetto ideale astratto che si contrapponga alla concretezza irriducibile del singolo va destituito secondo una prospettiva individualistica”.
    L’individualismo come punto comune e fonte di un nichilismo fondato sul “bel gesto” dell’esercizio del dominio del singolo sulle masse.
    Renzi e Grillo per dirla con un termine di moda “antipolitica allo stato puro”.
    Questo è il punto filosofico al riguardo della situazione rispetto alle tendenze maggioritarie (ampiamente accettate) sul piano teorico che corrono all’interno del sistema politico italiano.
    A questo ci ha portato lo svilimento totale della funzione die partiti e del loro sistema.
    Quanto tempo dovremo aspettare perché emerga un qualche segnale di consapevolezza e di messa in opera di una riflessione e di un’azione assolutamente controtendenza?


  • Marco

    La cosa che mi sento di fare è sottoscrivere e buon lavoro teste dure!
    Marco.


  • Rita Chiavoni

    ‘SIAMO TUTTI CONTROPIANO’
    carissimi redattori è vero che forse vi sottovalutate come è vero che per un potere che vuole essere assoluto, il dissenso è assolutamente indigesto.
    è dura, ma va bene così !


  • marco

    un saluto a pugno chiuso e la massima solidarietà dal sottoscritto.
    Come compagno, come lettore e infine come collega redattore di taxidrivers, rivista di cinema indipendente


  • Eros Barone

    Esprimo la mia solidarietà militante nei confronti dei compagni di “Contropiano”, a cui mi permetto però di tirare le orecchie per non aver pubblicato la notizia dell’assoluzione da me riportata nel processo di primo grado intentatomi dalla Lega Nord. Come stanno a dimostrare questi attacchi giudiziari, la legge, che dovrebbe servire a proteggere i deboli dalla oppressione e dalle sopraffazioni del potere, viene oggi usata, grazie al mutamento dei rapporti di forza tra le classi che si è verificato, come strumento di intimidazione e sopraffazione verso i deboli: in altri termini, è diventata la veste giuridica del potere proprietario, della sua affermazione autoritaria, della sua coazione di classe e della sua repressione economica. Sennonché la magistratura, pur assolvendo in ultima analisi una funzione di classe in difesa della società borghese-capitalistica, vede ancora una presenza significativa di giudici attenti alla Costituzione e alle garanzie che essa pone. Così, il 14 maggio u.s. la giudice Anna Azzera del tribunale di Varese ha riconosciuto la piena legittimità del diritto di critica da me esercitato (art. 21 della Costituzione) e mi ha assolto con formula piena nel processo per diffamazione a mezzo stampa che la Lega Nord aveva intentato nei miei confronti. I compagni possono immaginare la mia soddisfazione dopo otto anni (tanti ne sono passati a partire da quel mio scritto) trascorsi con la spada di Damocle di questo processo sospesa sulla testa. La mia controparte chiedeva ben 50.000 euro di indennizzo per danni morali; alla fine, per saldare la parcella del mio avvocato ne spenderò, comunque, circa 6.000. Tra l’altro, sono stato recentemente ricoverato per una decina di giorni all’ospedale a causa di un’aritmia cardiaca, effetto “secondario” di un periodo di tensione nervosa e sovraffaticamento fisico in cui il processo ha sicuramente giocato la sua parte. Tuttavia, se questo è il prezzo della libertà di critica e di espressione (gli antichi greci parlavano di ‘parrhesía’ a questo proposito), ebbene sono fiero di pagarlo. Il conflitto politico-ideologico, lo so bene, ha i suoi costi, soprattutto quando non si è più giovani. Comunque sia, il dispotismo leghista è stato sconfitto all’interno della sua roccaforte, là dove io l’ho sfidato equiparando in modo del tutto legittimo la sua ideologia e la sua pratica al nazifascismo.
    Che cosa insegnano queste vicende politico-giudiziarie? La prima lezione che si può ricavare è quanto pesi sul proletariato e sui militanti comunisti la mancanza di un partito comunista che trasformi casi giudiziari come questo in iniziativa politica, sostenendo sul piano politico, morale e legale i compagni colpiti dalla repressione e dalla intimidazione poste in essere dall’avversario di classe. È dunque necessaria e urgente, a mio avviso, per contrastare questo tipo di offensiva reazionaria, la costituzione di un Comitato contro la repressione che preveda sia la creazione di un gruppo di avvocati democratici per la difesa legale di militanti comunisti e sinceri democratici colpiti da denunce per diffamazione il cui scopo è quello di intimidire scientemente oppositori e critici del blocco di potere governativo e padronale, sia un osservatorio nazionale sui casi che si verificano nelle varie regioni, sia, più in generale, l’indizione di una campagna nazionale, da articolare a livello regionale e territoriale, per la difesa delle libertà democratiche e costituzionali, nonché contro l’attacco alla libertà di pensiero, di espressione e di critica. Una cosa è certa (cito da un messaggio di solidarietà che ho ricevuto da un compagno): “Quando il gioco si fa duro alla fine sono i duri a vincere”. E questo è forse, sotto il profilo etico-politico e nella prospettiva della costruzione del partito comunista, l’insegnamento più prezioso che si trae dalla vittoria che ho riportato in questa piccola, ma significativa, vicenda politico-giudiziaria.

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