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La doppia fregatura sul Tfr: in busta paga e ai fondi previdenziali

Le espressioni dialettali per qualificare le fregature che ogni governo regala ai cittadini sono numerose quanto i marchi “dop”. E non ce n’è una che non sia un insulto. Dopo averne cercate inutilmente di “scrivibili”, vi affidiamo il compito – se volete misurarvi con il tema – nei commenti.

La legge di stabilità (la ex “finanziaria” è stata approvata con voto di fiducia notturmo al Senato, senza che nemmeno i senatori avessero avuto il tempo di leggere il testo del “maxiemendamento” presentato dallo stesso governo al suo proprio testo. Chi blatera di democrazia dovrebbe pudicamente tacere, quando la legge più importante dello Stato viene fatta passare solo grazie a “peones” senza qualità disposti a dire sì a qualsiasi cosa pur di non perdere la poltrona anzitempo.

Idem per quanto accadrà stasera, stanotte o domani alla Camera.

Il testo è ormai definitvo, il dibattito parlamentare inesistente (scaramucce a beneficio di telecamere a parte), quindi si può esaminare il contenuto. Infinito, naturalmente. Prendiamo perciò per le corna un primo tema perché riguarda i lavoratori dipendenti assunti con qualsiasi formula contrattuale: il tfr (trattamento di fine rapporto o liquidazione).

Questa veneranda istituzione che permette a ogni lavoratore di accantonare un tredicesimo della retribuzione per incamerarla in un solo colpo alla fine del contratto di lavoro viene sottoposta da Renzi e dal suo esperto Padoan a una doppia fregatura.

La prima misura riguarda la possibilità – su base volontaria, dicono; ma quanti possono davvero scagliere sulla base di stipendi miserevoli? – di farsi accreditare mensilmente quella quota in busta paga. Direte voi: meglio pochi maledett e subito, che problema c’è? Il problema è tassazione. Se vi fate accreditare il tfr in busta paga è possibile – per una percentuale rilevante di lavoratori è certo – che questo determinerà un “aumento di stipendio” che vi porterà al passare all’aliquota fiscale superiore. In pratica: vi metterano (per ipotesi) 100 euro lordi in più, ma ne potreste avere un po’ di meno netti. Insomma: se decidete di volerli subito ne avrete anche di meno.Non basta. Anche se decidete di lasciarli dove sono, è stata innalzata dall’11,5 al 17% l’aliquota sulla rivalutazione (la maturazione degli eventuali interessi) del trattamento di fine rapporto. A differenza delle prime ipotesi, il governo al Senato non ha ritoccato questo punto.Sono soldi nostri, preferiscono tenerseli loro

Seconda fregatura. Ricordate tutta propaganda fatta per costringerci a sottoscrivere una “previdenza integrativa privata”? La motivazione era chiara: quella pubblica non vi basterà per sopravvivere, quindi vi serve la “seconda gamba”. Per facilitarvi la scelta, avevano anche messo una tassazione di favore sul tfr girato ai fondi pensione. Una volta deciso di ritirare la cifra tutta intera o di incassare mensilmente un secondo assegno pensionistico, sareste stati tassati all’11,5%. Un contratto è per sempre, perché nonn fidarsi?

Perché un governo come questo poteva in qualsiasi momento di aumetare la tassazione. E Renzi l’ha fatto: l’aliquota sale al 20%. Con buona pace dei vistri sogni di gloria da pensionati.

Attenzione però: se voi ci perdete, c’è qualcun altro che invece non ci perde nulla. In effetti, un aumento così forte della tassazione (l’8,5% in più) poteva incidere anche sull’appetibilità dei fondi pensione privati. A favore di questi, quindi, Renzi ha deciso che “per compensare” (c’è scritto proprio così…) i fondi privati viene fissato un credito di imposta (per un totale massimo di 80 milioni a favore delle Casse previdenziali (del 6%) e Fondi pensione (del 9%).

Questa erogazione (tecnicamente: la possibilità di defalcare una certa quota delle tasse dovute dal fondo privato) è però condizionata alla “scelta” dei gestori dei fondi: se decideranno di investire in economia reale, in progetti infrastrutturali. La compensazione scatterà dal 2016 per la parte di investimenti realizzata nel corso del prossimo anno e sarà a «rubinetto», ovvero limitata alle risorse messe in campo.

In realtà, anche per i gestori dei fondi, il guadagno non è alto; ma soprattutto diventa incerto. Ma non è su in loro favore che si deve spargere qualche lacrima.

Tutte le cose fi qui dette, infatti, sono semplicemente un modo per spolpare fette di tfr (sottili, se riferite a ogni singolo individuo, enormi se ci fa la somma di milioni di dipendenti). Ovvero di stipendio, se è vero – come è vero – che il tfr è “salario differito”.

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