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La periferia rivuole il suo diritto alla città. Bella e difficile assemblea a Tor Sapienza

La sala del centro culturale Morandi, spazio prezioso di vita sociale collocato in mezzo ai casermoni delle case popolari di Tor Sapienza, era strapiena in occasione dell’assemblea cittadina convocata sabato mattina per affermare che “le periferie ripartono da Tor Sapienza”. Lanciata da un appello che ha circolato nei giorni scorsi, l’assemblea si è rivelata un tentativo riuscito di rimettere insieme la composita, disgregata e vulnerabile composizione di classe della periferia romana.

Più di duecento persone, del quartiere ma anche da tutta la banlieu romana, si sono confrontate in una discussione niente affatto facile né scontata. Tant’è che all’inizio c’è stata anche qualche tensione tra gli abitanti di Tor Sapienza passati alle cronache nazionali per l’assalto al centro di accoglienza degli immigrati a novembre.

A cercare di mettere in fila diagnosi realistiche e impietose e proposte di “riscossa” di questa parte di città ci prova nell’introduzione Angelo Fascetti dell’Asia-Usb. La mobilitazione contro la vendita delle case popolari, nelle settimane scorse ha visto quasi trenta assemblee nei quartieri e una riuscita manifestazione al Ministero delle Infrastrutture contro il decreto Lupi per bloccare il decreto. Una “vertenza” che ha dato il via ad un tentativo di rimettere insieme le esigenze e la rabbia di una periferia che si sente sempre più espropriata dal diritto alla città e sempre più ridotta a discarica, dei rifiuti veri e propri ma anche discarica dei problemi e delle tensioni sociali. Il 70% della città vive nella sempre più estesa periferia ma a questo non corrispondono proporzionalmente le risorse messe a disposizione dalle amministrazioni centrali e locali. Anzi, il governo e le sue propaggini locali sembrano ormai voler passare dalla “guerra tra i poveri” alla guerra contro i poveri con misure che fanno dell’esclusione sociale il bancomat per depistare risorse verso altri investimenti, sempre più spesso privati e con obiettivi dichiarati di profitto.

Guido Lutrario (Usb) avanza la proposta delle carovane delle periferie come momento di ricomposizione visibile dei diversi e innumerevoli problemi e vertenze che si sono accumulati negli anni e che stentano a riconoscersi come comuni e collettivi sia nelle responsabilità che nelle soluzioni. Esordisce con una affermazione di principio importante: “Dobbiamo essere indipendenti” proprio con l’inchiesta su mafia capitale c’è stata la conferma che non si è data una diversa politica ma che la politica è diventato proprio questo intreccio tra affari, malaffare e controllo ferreo della rappresentanza, “questi fanno i soldi su di noi e sul degrado che ci scaricano addosso”. Ci sono i fondi europei che a questo punto devono essere controllati dal basso e vogliamo essere ai tavoli dove se ne discute la destinazione e le periferie devono essere tra queste.

C’è un po’ di parapiglia su un passaggio dell’intervento, quando Lutrario mette in guardia dal farsi strumentalizzare dai fascisti. Alcuni abitanti di Tor Sapienza, contrastati da altri, non accettano questa immagine ed emergono le tensioni latenti anche nelle relazioni sociali dentro il quartiere con recriminazioni reciproche.

Che sarebbe stata una assemblea difficile ma vera e vera ma difficile si sapeva da prima. “Sporcarsi le mani con la periferia è difficile ma doveroso” sottolineano nell’intervento sia Irma di Tor Sapienza che Michele che viene da San Basilio (altro quartiere popolare e periferico “difficile”), figlio di occupanti di case e attivista dell’Asia-Usb in quel quadrante della città.

L’assemblea ritrova il suo ritmo di discussione e si alternano gli interventi di una geografia sociale e urbanistica di una area metropolitana diventata sconosciuta per molti – soprattutto nella sinistra – negli ultimi venti anni.

Gualtiero Alunni del Consiglio Metropolitano, che raggruppa diversi “comitati di scopo” attivi nelle vertenze territoriali, sottolinea come il vero “antidoto antimafia e anti-corruzione” sia la mobilitazione popolare, inclusa quella contro le grandi opere che continuano a devastare e cementificare il territorio assicurando guadagni stellari a costruttori, grandi imprese e multinazionali, ultimo in ordine di tempo il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle (periferia ovest), diventato il pretesto per una nuova colata di cemento di cui lo stadio vero e proprio rappresenta meno del 20% di una operazione speculativa.

Sandro di Cinecittà Bene Comune segnala le numerose lotte e vertenze con cui su quel territorio si sta cercando di fare resistenza e creare alternative, dalla lotta per mantenere i servizi sanitari al Policlinico Tor Vergata, al verde pubblico agli studios di Cinecittà che si vorrebbero trasformare in alberghi e centri commerciali.

Intervengono poi le esperienze dei nuovi quartieri popolari, quelli che arrivano fino a 12 chilometri oltre il Raccordo Anulare. E’ Ponte di Nona dove convivono le casi popolari con centinaia di appartamenti privati di Caltagirone rimasti vuoti, invenduti e inutilizzati. Barbara di Corcolle che la dice chiara e tonda: “Incazziamoci di più ma con chi se lo merita”. Questa dichiarazione di ripudio della guerra tra poveri viene ripetuta in molti interventi tra cui spicca quello di Abubakar Soumahoro, ivoriano, immigrato in Italia e attivista sindacale della Usb che magnetizza l’assemblea con proposte e ragionamenti sulla vivibilità nella città che lasciano molti di stucco, ma che vede anche qualcuno uscire dalla sala borbottando “mo’ ce lo dicono gli africani quello che dobbiamo fare”.

Un intervento di un comitato di Tor Sapienza insiste nel ribadire che il problema da affrontare è quello della vendita delle case popolari e solo quello, ma ci sono altre realtà di quartieri periferici e condizioni abitative diverse da quelle di chi vive nella case popolari (Prato Fiorito o gli inquilini resistenti dell’Enasarco) che, giustamente, pongono il problema dell’abitare nel suo complesso e non solo di un tetto sulla testa. E’ una intera condizione di esclusione e subalternità che deve essere rovesciata contro chi ne porta le responsabilità. Un dato questo che viene ribadito da Vittoria del comitato di Tor Bella Monaca, ma anche da Daniela Cortese, intervenuta per Ross@ Roma, che ha dato un contributo importante al riavviamento di un confronto collettivo e di una visione comune delle vertenze di lotta nel territorio e nelle periferie, una visione che Cortese riconnette strettamente alla questione del lavoro, del deficit di democrazia nelle decisioni e alla necessità della rappresentanza politica indipendente come garanzia. Interviene Luca Fagiano del coordinamento di lotta per la casa che invita ad una assemblea sotto il Comune per giovedi prossimo.

Prende parola anche Paolo Gelsomini dei comitati del Centro Storico di Roma, ha sentito l’esigenza di stare dentro questa discussione e riporta l’esperienza del Cinema America occupato (e sgomberato) a Trastevere come bene che intende essere restituito alla collettività. Segnala anche un passaggio interessante sulla distorsione dei fondi per la mobilità, sottratti alle periferie perchè concentrati sulla nuova metropolitana ma immobilizzati e dispersi da lavori che non vanno e forse non andranno mai avanti.

Tra gli interventi finali c’è anche Claudio Ursella, segretario del Prc di Roma, Vittorio Antonini dell’associazione Papillon attiva con una biblioteca popolare proprio nella estrema periferia est e Paolo Carsetti del Comitato romano per l’Acqua Pubblica che lancia l’allarme sull’ulteriore privatizzazione dell’Acea da parte del Comune di Roma, sulla neutralizzazione del referendum e sulla resistenza che nei quartieri va crescendo contro i distacchi delle utenze idriche da parte dell’Acea alle famiglie che non riescono a pagare le bollette.

Una assemblea popolare vera e difficile dunque quella a Tor Sapienza. Un primo momento di confronto che ha reso visibile tutte le difficoltà ma anche le possibilità di interrompere la disgregazione sociale – che spesso produce la guerra tra poveri – e di ricomporre su piattaforme comuni le esigenze popolari diverse ma comuni. Un progetto niente affatto semplice né in discesa ma che è parte decisiva di una sperimentazione sul campo di quella ricomposizione di classe di cui c’è urgenza e possibilità obiettive. La “guerra contro i poveri” scatenata dal governo e dalle classi dominanti, paradossalmente, offre suo malgrado terreni comuni dai quali ripartire. Se le periferie ripartono proprio da Tor Sapienza, le carovane delle periferie vogliono provare ad arrivare al cuore del problema. Ci si è riconvocati per lunedi 19 gennaio per passare alla attuazione delle proposte e verificare le possibilità di coordinamento.

 

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