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Dopo Parigi. La Libia primo target del furore europeo?

L’Italia è pronta a dare il suo contributo per una soluzione della crisi libica, in prima battuta attraverso lo strumento politico e negoziale, ma non esclude un impegno militare sotto l’egida delle Nazioni Unite nel caso fosse necessario un intervento di “peacekeeping rinforzato”. Lo scenario interventista in Libia, già anticipato dal ministro degli esteri Gentiloni il 26 novembre scorso, è stato confermato oggi dal Sottosegretario con delega all’intelligence Marco Minniti nella trasmissione domenicale di Lucia Annunziata.

Mentre sullo sfondo sfilavano le immagini della manifestazione di Parigi a seguito della strage alla redazione di Charlie Hebdo e poi nelle strade della capitale francese, Minniti ha fatto chiaramente intendere che il primo passo sul fronte esterno della reazione dei governi europei ai fatti di Parigi (fronte interno) sarà proprio quello verso la Libia, già bombardata e destabilizzata da Francia e Italia nel 2011. Mentre sul fronte interno, quello destinato a combattere quello che ha definito il “terrorismo molecolare” ha esplicitato il ritorno alla delazione da parte della popolazione – nobilitato dal termine di mobilitazione dell’opinione pubblica – nella lotta al terrorismo, come avvenuto in Italia negli anni ’70.

Ma sul fronte esterno, l’opzione interventista in Libia più volte delineata da Matteo Renzi – soprattutto a seguito dei colloqui con il capo del nuove regime egiziano, il generale Al Sisi – godrebbe del sostegno di Usa, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Ue e Onu per affrontare con decisione la questione libica. Il 9 dicembre le diverse anime del disgregato scenario libico avevano provato a tornare al tavolo negoziale con la mediazione dell’Onu, ma senza successo. A breve dovrebbe esserci un nuovo round negoziale di conciliazione nazionale a Ginevra ha fatto sapere Minniti, ma se questo non dovesse produrre risultati, si passerà all’opzione peace keeping rinforzata. Dunque i motori dei jet francesi e italiani potranno cominciare a scaldarsi mentre contingenti di truppe di terra verranno allertati.
L’Italia insieme e Francia e Germania rimane tra i principali importatori di greggio libico ed unico importatore di gas. Soprattutto dopo che a seguito del danneggiamento dell’impianto di liquefazione di Marsa al-Brega, il gasdotto Greenstream che collega Mellitah a Gela, in Sicilia, rimane l’unico canale di fornitura ancora in funzione, anche se a intermittenza, facendo dell’Italia l’unico beneficiario del gas libico.
In secondo luogo,  Frontex, l’agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne, afferma che la Libia è uno dei luoghi in cui ha origine la Central Mediterranean Route, rotta migratoria del Mediterraneo centrale che vede nell’Italia il principale punto di approdo.
Dopo le due stragi di Parigi e l’agitazione che investe le cancellerie europee, Parigi e Roma soprattutto, a preoccupare – ed a creare condizioni ideali nella mobilitazione bellicista dell’opinione pubblica – è anche l’aumento del fenomeno terroristico e del rischio associato all’esplosione delle tensioni libiche.

“Il rischio terrorismo è particolarmente significativo in tutto il Nord Africa, dove la nascita di diverse formazioni e la loro affiliazione all’autoproclamatosi “Stato islamico” fa crescere i timori per un rapido deterioramento delle condizioni di sicurezza” scrive la newsletter dell’Istituto Affari Internazionali, il think thank strategico italiano, “Ciò è particolarmente evidente in Egitto: alla ricerca di una legittimità interna, il regime del presidente Abdel Fattah al-Sisi è preoccupato per la convergenza tra i gruppi terroristici libici e quelli egiziani”. L’Egitto infatti, con il quale Renzi ha avuto ben due colloqui a date ravvicinate, prima a Il Cairo e  poi a Roma, secondo Affari Internazionali non si è limitato a proporre soluzioni per la crisi libica, cercando di escludere gli islamisti e coinvolgendo a livello diplomatico i principali attori regionali (come evidenziato dalle recenti visite di Stato del Presidente al-Sisi a Roma e Parigi), “ma avrebbe anche preso parte al conflitto. Nonostante le smentite, l’Egitto è stato infatti accusato di aver offerto sostegno logistico alle operazioni aeree degli Emirati Arabi Uniti effettuate ad agosto contro le postazioni di milizie islamiste in Libia; e di aver compiuto raid aerei nel mese di ottobre a Bengasi in supporto alle milizie del generale Khalifa Haftar, impegnate nell’operazione Karama (dignità) contro gli islamisti”. Al Sisi, recentemente oltre che in Italia aveva avuto colloqui su questo anche durante la sua visita in Francia.

La Libia è divenuta un campo di battaglia tra le differenti potenze regionali. L’Egitto è uno dei principali attori coinvolti assieme ad Arabia Saudita ed Emirati per contrastare il sostegno che Qatar e Turchia offrono alle milizie islamiste. Da diversi mesi inoltre l’Algeria si sta offrendo di ospitare un incontro tra le diverse fazioni libiche coinvolte nella crisi. L’Italia e le autorità algerine ne hanno discusso lo scorso 2 dicembre durante la visita di Renzi ad Algeri.


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