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La ‘ndrangheta in Emilia. 170 arresti tra affiliati, imprese, politica

A chi avesse seguito la vicenda Mafia Capitale, la notizia potrebbe richiamare alla mente diversi collegamenti. 
La Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna ha emesso 117 richieste di custodia cautelare per l’operazione denominata “Aemilia”, che ha impresso un duro colpo al clan dei Grande Aracri di Cutro (Crotone) che da anni aveva iniziato una penetrazione nel tessuto economico e non solo dell’Emilia. Con oltre 200 persone indagate, i reati per ora contestati sono associazione di tipo mafioso, usura, porto e detenzione illegale di arma da fuoco, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, emissione di falsa fattura. Altre 46 richieste sono state emesse a Brescia e Crotone. 
Da anni alcuni esponenti del clan si sono trasferiti in territorio emiliano, ramificando un’attività che va dall’edilizia allo smaltimento dei rifiuti tramite un’azienda, la Bianchini
costruzioni srl, che ha ottenuto numerosi appalti per lavori conseguenti al sisma che nel 2012 colpì l’Emilia. Anche in questo caso, come successe all’Aquila, dopo il sisma due indagati sono stati registrati mentre ridono e parlano degli affari legati alla ricostruzione. 
E ovviamente i Grande Aracri non hanno certo indugiato verso la politica locale, e sin dal 2002 hanno tentato di prendere contatti per le amministrative di diversi Comuni. E i loro tentativi non sono stati vani dato che Giuseppe Pagliani, consigliere del Comune di Parma appartenente a Forza Italia è stato prelevato ieri mattina dalla sua abitazione, il Sindaco di Mantova Nicola Sodano è accusato di favoreggiamento in relazione ad un appalto, e Giovanni Paolo Bernini, ex Presidente del consiglio comunale di Parma è accusato di essere il politico di riferimento del clan, avendo richiesto e ottenuto i voti degli affiliati nel 2007. Le intimidazioni, conditio sine qua non dell’organizzazione di stampo mafioso, sono state usate nei confronti di amministratori, imprenditori e giornalisti.
L’organizzazione aveva come capo indiscusso Nicolino Grande Aracri, la sua attività era estesa su diverse regioni italiane e all’estero ed era riuscita, grazie all’avvocato Benedetto
Giovanni Stranieri, ad avvicinare un giudice di Cassazione per fare annullare una sentenza a carico del genero del capo.
Ultima similitudine con la vicenda romana, sono stati arrestati 3 poliziotti e 3 ex carabinieri in congedo, i quali sarebbero gli informatori dei Grande Aracri. 
Di certo non siamo di fronte ad un fatto nuovo. Il mondo produttivo e finanziario del nord è da anni terreno di conquista delle varie organizzazioni criminali, che ricercano appoggio tra gli amministratori locali di qualsiasi partito, dirottano finanziamenti pubblici e lucrando sulle catastrofi e successive ricostruzioni o gestione delle emergenze, piegano le cose a proprio vantaggio con la corruzione o le intimidazioni, accumulando sempre più ricchezze.
Ciò che risalta davvero è proprio la similitudine con la vicenda romana e con altre avvenute in questi anni. Il modus operandi delle varie organizzazioni è collaudato, sperimentato, e funziona. Esse sono parte integrante del capitalismo e del Sistema Italia e il resto dei capitalisti nostrani ha imparato da loro o gli somigla molto, vedi le indagini sull’Expo. Il tessuto produttivo tiene anche grazie ad esse, che creano ricchezza e anche consenso elettorale. 
Ma osservando il patrimonio confiscato, che ammonta a poco più di 100 milioni di euro, viene da notare che stiamo parlando del “mondo di mezzo”. 100 milioni sono molto più di quanto una persona normale possa sognare di avere in tasca, ma per il “mondo di sopra” sono poca roba. E al ‘mondo di sopra’ fa comodo che queste organizzazioni rimangano tali, che non si espandano più di tanto divenendo un ‘corpo intermedio’ con cui dover condividere le fette della torta. Con questo non proponiamo nessuna dietrologia, pensiamo che ogni tanto le indagini colpiscono i criminali, che fanno parte pienamente della struttura economica italiana, che è caratterizzata da elementi di debolezza che favoriscono il sorgere di organizzazioni mafiose. E che questa debolezza è assolutamente favorevole al capitale multinazionale e in linea col ruolo che è stato assegnato all’Italia nella divisione internazionale del lavoro.
Se il terreno è fertile, anche se si taglia l’erba essa dopo un po’ ricomincia a crescere. Così possiamo immaginare che in futuro sentiremo di nuovo parlare di infiltrazioni mafiose nel nord Italia. A meno che non cambi qualcosa, e non a livello giudiziario, ma politico.

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