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La “macelleria messicana” di Genova aiuta a far carriera. Caldarozzi a Finmeccanica

La notizia è di quelle che chiariscono senzase e senza ma come funziona il legame tra apparati repressivi e industria militare. Non solo in Italia, naturalmente. Quel che in ogni altro mestiere diventa una limitazione invalidante – una condanna definitiva per aver firmato, quindi “coperto” e avallato, verbali falsi che dovevano giustificare l’irruzione nella scuola Diaz di Genova, nel 2001 – nel caso di Finmeccanica diventa un punto di merito.

Finmeccanica è un’azienda statale, quotata in borsa ma con una golden share saldamente nelle mani del Tesoro, perché controlla tutta la produzione industriale dedicata alla guera (dalle navi ai sistemi di puntamento). L’accusa di aver falsificato atti pubblici, per di più di polizia, evidentemente è un dato rassicurante sulle capacità manageriali  degli individui che vengono chiamati a ricoprire funzioni importanti.

Non è difficile immaginare che l’attuale presidente di Finmeccanica, ed ex capo della polizia a Genova 2001, abbia avuto una certa influenza nell'”assunzione” di Gilberto Caldarozzi. E che l’attuale amministratore delegato – Mauro Moretti, ex a.d. delle Ferrovie al tempo della strage di Viareggio, nonché ex segretario della Filt Cgil – non abbia avuto nulla da eccepire.

 

L’articolo di Fiorenza Sarzanini sul Corriere della sera di oggi:

Ha finito di scontare la pena nel giugno scorso. E in attesa del reintegro in polizia, ha ottenuto un contratto di consulenza con Finmeccanica per occuparsi del settore della sicurezza. Gilberto Caldarozzi, l’ex capo del Servizio centrale operativo, condannato a tre anni e otto mesi di reclusione nel processo per l’irruzione alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001, lavora per la holding specializzata in sistemi di difesa guidata da Mauro Moretti da un paio di settimane. Ha raggiunto l’attuale presidente dell’Ente, Gianni De Gennaro, all’epoca capo della polizia, del quale Caldarozzi era certamente uno dei collaboratori più stretti.

 Gilberto Caldarozzi

Diventato famoso per aver catturato tra gli altri il boss mafioso Bernardo Provenzano, l’alto funzionario è stato riconosciuto colpevole di falso per aver firmato i verbali che attestavano il sequestro delle bottiglie molotov all’interno della Diaz durante il blitz nella notte tra il 20 e il 21 luglio di quattordici anni fa. E per questo, oltre alla condanna, interdetto per cinque anni dai pubblici uffici. Dopo la sentenza definitiva pronunciata dalla Cassazione, i giudici del tribunale del Riesame di Genova gli avevano negato l’affidamento in prova ai servizi sociali. Decisione poi ribadita dalla Suprema Corte.

Gli otto mesi di pena (il resto era coperto dall’indulto) li ha scontati agli arresti domiciliari con il permesso di lavorare presso l’ufficio sicurezza di un istituto di credito e svolgere attività di volontariato in un’associazione antiracket. Nessun commento viene dai diretti interessati, l’unica indiscrezione filtrata da Finmeccanica è che si tratta di una consulenza con contratto a tempo determinato. Una limitazione che probabilmente non basterà per evitare le polemiche.

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