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Monaco. Diplomazia contro fatti compiuti per evitare la guerra

La bozza del piano di pace per l’Ucraina, avanzata da Germania e Francia, prevede la concessione di “un’autonomia piuttosto forte” per le regioni orientali in armi contro Kiev, con una zona cuscinetto demilitarizzata tra i 50 e i 70 km di ampiezza tra le posizioni delle truppe di Kiev e i miliziani delle repubbliche indipendentiste. Secondo alcune fonti le diplomazie stanno lavorando per applicare effettivamente il mai rispettato accordo di Minsk del 5 settembre scorso (riconfermato inutilmente il 9 dicembre), per raggiungere un cessate il fuoco e poi l’avvio di un negoziato per stabilizzare la situazione.

Ma se le diplomazie cercano di ricomporre una crisi che può riportare la guerra in Europa, il problema è che la Nato – e di converso la Russia – procedono sul terreno dei fatti compiuti. E questo, come noto, è il fattore di rischio principale che può spazzare via in un attimo tutti i tentativi di mediazione, anche i più seri.

La riunione di tre giorni fa del Consiglio Nord Atlantico con la partecipazione dei 28 ministri della difesa dei paesi aderenti, ha infatti annunciato che la Nato ha deciso di potenziare le sue forze militari per condurre “l’intera gamma di missioni” e “affrontare le sfide da qualsiasi direzione provengano”. Con particolare riferimento all’Ucraina, dove “la violenza sta crescendo” perché “la Russia continua a violare le norme internazionali sostenendo i separatisti”, e all’”estremismo violento che si sta diffondendo in Nordafrica e Medioriente”. A tale scopo la Nato sta potenziando la “Forza di risposta”, portandola da 13mila a 30mila uomini e stabilendo unità di comando e controllo in sei paesi dell’Europa orientale. Sarà formata allo stesso tempo una «Forza di punta», composta da 5mila uomini, dispiegabile in pochi giorni.

Dal canto suo la Russia ha avviato la mobilitazione dei riservisti. “Il piano, discusso a Washington, di fornire armi a Kiev potrebbe avere conseguenze imprevedibili e minare gli sforzi per una soluzione politica alla crisi ucraina”, ha detto il capo della diplomazia russa, Sergej Lavrov, incontrando ieri a Monaco il segretario di stato Usa John Kerry. La messa in moto degli automatismi della Nato, che porta dunque la faglia di crisi e di potenziale conflitto a ridosso della dead line in qualche definita come non attraversabile dalla Russia, crea tutte le condizioni affinchè le mediazioni diplomatiche si trovino senza più materia per negoziare.

Dalla conferenza di Monaco giunge intanto la notizia che mercoledi prossimo a Minsk potrebbe esserci un nuovo vertice con Germania, Francia, Russia e Ucraina. Ma è un piccolo appiglio di fronte all’escalation in atto.
Significative due dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni da alcuni degli attori in campo. Innanzitutto il generale statunitense Philip Breedlove, comandante delle forze Usa e Nato in Europa, il quale ha affermato: «Non credo che dovremmo precluderci la possibilità dell’opzione militare» nel conflitto ucraino, intanto con massicce forniture militari al regime di Kiev. Breedlove ha anche bocciato come «completamente inaccettabili» le proposte avanzate finora che vanno nel senso della concessione di una autonomia delle regioni del Donbass.
Ancora più significativa la rapida ma inquietante battuta del presidente francese Hollande, secondo il quale gli sforzi di mediazione in atto rappresentano «una delle ultime chances» di evitare la guerra. 
A remare contro ogni possibile accordo il regime ucraino. Il presidente Poroshenko, che pure ha fama di moderazione rispetto al falco Jatsenjiuk, ha ribadito a Monaco che nel Donbass «non abbiamo bisogno di alcun contingente di pace (…) Bisogna semplicemente chiudere le frontiere e ritirare le truppe straniere». Truppe straniere – russe, ovviamente – che nessuno ha mai visto, ma che serve evocare per giustificare di fronte alla sempre più preoccupata popolazione ucraina le continue disfatte militari dell’esercito di Kiev.

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