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Renzi in cerca del plebiscito per il golpe

Gli storici – se esisteranno ancora, in futuro – scriveranno le pagine su questo periodo italiano come la “resistibile ascesa di Arturo Ui”. L’unica incertezza, al momento, è sulla riuscita o il fallimento di questa ascesa, che si svolge da un anno sotto lo sguardo comprensivo di diversi “Dogsborough”.

Quanto sta avvenendo alla Camera sulla riforma della Costituzione, è quasi un colpo di stato in forma pseudo-parlamentare. Le opposizioni sono fuori dall’aula; il Pd procede a tappe forzate sotto il comando del piccolo fuhrer – con la sua “minoranza interna” complice e questionante solo per “aspetti di metodo” – come se si stesse decidendo di un decreto sull'”eviscerazione dei polli”, ossia di qualcosa di inessenziale per la vita democratica di un paese. E invece stanno cambiando le regole fondamentali, i princìpi base su cui poi si faranno le leggi, i regolamenti, si compenseranno – oppure no – i diversi poteri della Stato, si limiteranno le libertà fondamentali a partire dal totem della “governabilità”. Ovvero dalla delegittimazione, per legge, della possibilità di opporsi, addirittura  in forma democratico-parlamentare. Figuriamoci in piazza…

Stanno scrivendo una riforma costituzionale a “maggioranza semplice”, quindi obbligatoriamente da sottoporre a referendum confermativo. E proprio all’investitura referendaria sembra puntare il guitto di Pontassieve per provare a trasformare la sua precarietà in stabilità occupazionale. O, detto altrimenti, il suo essere un banale “premier per caso” in un durevole Arturo Ui.

Chi sta portando a compimento questa operazione golpista è un manipolo di parvenu senza storia né spessore, arrogante come solo chi ignora può essere, gente che nel 99% dei casi scomparirà nel nulla una volta portata a compimento “l’opera” reazionaria.

Il capomanipolo arranca e accelera a ogni ostacolo, come se non avesse – e non potesse mai avere – un “piano B”. Sta facendo strame della Costituzione formale (quella “materiale”, naturalmente, era già morta con oltre 40 anni di  consociativismo e 20 di picconate berlusconiane) un personale preso in prestito dal generone televisivo, ormai a un passo dal rimanere immerso – più che sfiorato – nelle inchieste giudiziarie per aggiottaggio e insider trading a favore di questo o quel finanziere d’assalto, di questo o quel vicepresidente di banca popolare…

Si capisce la fretta, certo. L’immagine del sempre vincente è a forte rischio, se si impantana; la maschera del “rottamatore giovane” può andare facilmente in pezzi se sarà inchiodata al palo del piccolo cabotaggio fatto di “favori agli amici”, ai ladri di futuro che animano le piazze finanziarie giocando su informazioni riservate, su decisioni che il governo non ha ancora preso e che magari sono state direttamente suggerite dagli interessati. Favori fatti in modo altrattanto non disinteressato, si può facilmente immaginare…

Il “governo del cambiamento” emana ogni giorno che passa un più forte odore di liquami stagnanti. “Mafia capitale” aveva lì dentro potenti referenti, e non sembra un caso che tutta la stampa mainstream abbia rapidamente messo la sordina sugli sviluppi dell’inchiesta (che ancora producono risultati, con altre mafie concorrenti che progettavano “normali” eliminazioni fisiche per sostituirli nella filiera “giusta”).

Ma “va avanti lo stesso”.

Può farlo perché ha davanti un’opposizione parlamentare finta, composta da personaggi altrettanto ridicoli. All’opposizione perché fatti fuori, non per alti motivi ideali e/o democratici. Non ci sono Matteotti, in giro. Solo gente che non ha dietro referenti sociali da mobilitare, al massimo qualche vecchia clientela o una mail list da far cliccare “mi piace”.

Può farlo perché i “corpi intermedi” – partiti, sindacati, associazioni, organizzazioni – si sono liquefatti nel corso di alcuni decenni passati a gareggiare per una poltrona di parlamentare o consigliere comunale, per arrivare a “gestire” decisioni comunque provenienti da Bruxelles o dai “mercati”. Basta guardare le facce dei parlamentari vendoliani, stupefatti per il trattamento che ricevono dopo aver per venti anni e più (con la presente o altre sigle) controfirmato insieme al Pd ogni scelta antipopolare, mentre acora stanno discutendo di liste comuni alle regionali…

Può farlo perché l'”antagonismo” è fatto oggi di tante singole fissazioni su singoli aspetti del dominio capitalistico, senza alcuna visione d’insieme del capo di battaglia. C’è chi si occupa del diritto alla casa, chi di antifascismo, chi di spazi sociali giovanili, chi di vertenze locali, chi di sindacato, chi di cultura… Tutte attività meritorie, com’è ovvio. Ma ognuno – per fortuna non tutti – come se “soltanto quella cosa lì” fosse la cosa giusta da fare, l'”unica davvero antagonista”, il metro di misura con cui approcciare – e criticare – tutti gli altri che si occupano di altre cose.

Va da sé: tutto questo serve solo a far sentire nel giusto chi lo fa, non a combattere per cambiare il quadro d’insieme. Serve a volte a ottenere un titolo di giornale – negativo, ovviamente – non a “disturbare il manovratore”.

La “resistibile ascesa di Arturo Ui” può essere invece interrotta. Ma non se ognuno continua ad “andare avanti” – renzianamente,  senza però gli stessi poteri – per conto suo…

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1 Commento


  • Paolo

    Bravo Alessandro, condivido anche se, evidentemente, la creazione dell’uomo del destino è oggi pura immagine da pixel. Rispetto alla satira del reale, descritta da Bertolt Brecht , con Renzie siamo alla reale “parodia”. Non c’è “gioco” nell'”essere”. Renzie non è l’uomo qualunque che diventa re. Da subito è un cartone, fantasma già evaporato, controlla i sondaggi: è lo “share” che fa la “Storia”. Tu immagina un Fuhrer che si presenti col gelato in mano ad una conferenza stampa o abbia bisogno di un direttore di clac in piedi al centro della scena… e così via. Vero invece è che la sua forza è nella debolezza organizzativa di un disegno programmatico dell’opposizione. Forse più di un Tsipras ci sarebbe bisogno di un Varoufakis.

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