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Alenia/Aermacchi: nuovi tagli e ristrutturazioni. Ci vuole un cambio di rotta

Nell’ambito del generale processo di ristrutturazione del gruppo Finmeccanica una nuova tegola sta per abbattersi sulla testa dei lavoratori Alenia di Capodichino (Napoli).
Nelle settimane scorse la direzione di Alenia/Aermacchi ha infatti comunicato alle organizzazioni sindacali la prossima dismissione del sito di Capodichino da attuarsi attraverso due operazioni complementari tra loro.
Da subito andrebbe trasferito il programma lavorativo C27J allo stabilimento di Torino/Caselle e subito dopo verrebbe concretizzata una cessione di ramo d’azienda (circa 180 lavoratori) alla società Manutenzione Aeronautiche che, nelle intenzioni del management di Moretti, dovrebbe controllare oltre alla società Atitech anche un nuovo soggetto societario (una New. Co. sulla scorta di quella fatta da Marchionne a Pomigliano d’Arco) nella quale andrebbero a confluire i 180 lavoratori.
La partecipazione di Alenia/Aermacchi nella New. Co. sarebbe minoritaria (si vocifera di un 25%) come minoranza rimarrebbe quella di Finmeccanica. Il resto dovrebbero essere soggetti privati tra cui quel Lettieri già proprietario di  Atitech dove non ha brillato per lungimiranza industriale ma solo per l’abilità con cui si dinamizza con i vari presidenti del consiglio, da Berlusconi a Renzi.

E’ evidente – quindi – che, dopo le passate ristrutturazioni di Pomigliano e Casoria, siamo in presenza di un nuovo tassello della strategia padronale di smantellare i siti più importanti del gruppo Alenia presenti in Campania con buona pace di tutta la retorica propagandistica dei governi e delle amministrazioni regionali le quali hanno sempre sostenuto che i processi di ristrutturazione sarebbero stati forieri, in un prossimo futuro, di nuova occupazione e di nuove attività produttive.
In realtà – come abbiamo sottolineato anche in altri articoli su Contropiano (https://contropiano.org/archivio-news/documenti/itemlist/tag/Finmeccanica) – l’attacco ai lavoratori di Capodichino non è altro che la continuazione di un’offensiva del padronato la quale, nelle maglie della competizione globale internazionale, punta a scaricare sui lavoratori la propria crisi economica e commerciale. 

Una possibile e nuova determinazione
nella lotta operaia e nella battaglia sindacale

Certo, da quello che si apprende dalla stampa e dagli atti amministrativi, sembra che le amministrazioni regionali del Nord sono più attive, almeno formalmente, nella difesa dei siti produttivi collocati nei loro territori ma non è con la contrapposizione o con la concorrenza con i lavoratori del Nord Italia o con quelli degli altri paesi che si potranno difendere i posti di lavoro e la garanzia del salario.
Questo concetto politico e programmatico dobbiamo acquisirlo per davvero o saremo, anche inconsapevolmente, soggetti attivi della volontà padronale di frantumare ulteriormente lo schieramento dei lavoratori.
La crisi del settore aeronautico, dell’insieme delle produzioni aereo/spaziali e, quindi, anche del gruppo Alenia non può essere surrogata, come a volte anche molti compagni operai si illudono, confidando in questa o quella committenza o con gli abituali cicli di innovazione tecnologica e di ricerca che le aziende mettono in campo.
Purtroppo la realtà vera del settore è molto più complessa ed articolata e necessita, se non si vogliono ripetere gli errori consumati nelle passate vertenze sindacali e sociali, di una nuova e più avanzata consapevolezza tra i lavoratori e tra quanti, nei posti di lavoro e nei territori, intendono opporsi a questo ennesimo attacco anti operaio.
La crisi strutturale di questo settore è una conseguenza concreta dei processi di concentrazione e di centralizzazione che, a scala globale, si stanno affermando anche tra i comparti produttivi afferenti all’aerospaziale e che stanno causando la perdita di migliaia di posti di lavoro in tutti i paesi occidentali.
Di fronte a questa gigantesca operazione capitalistica, di cui il buon Moretti in Italia è solo un mediocre partecipante, la lotta operaia non può attardarsi nell’inseguire i candidati alle prossime elezioni regionali, il deputato di turno che viene a fare la passerella propagandistica agli incontri pubblici o le promesse sempre più fantasiose delle organizzazioni sindacali complici le quali in questi anni hanno avallato tutto il corso degli accordi/bidone che si sono succeduti nel tempo.
Dobbiamo avere la consapevolezza e la determinazione necessaria che per mantenere in vita anche solo l’attuale assetto produttivo di Alenia/Aermacchi in Campania e nelle altre parti del paese non basteranno un nuovo Polo di Manutenzione o qualche ordinativo di nuovi veicoli ma occorrerà iniziare a porre, decisamente, il problema di un intervento strategico dello stato nella pianificazione e nell’organizzazione produttiva di questo settore. 
Il futuro dei lavoratori Alenia non può essere appeso ai flussi contradditori del mercato aeronautico ma deve diventare una variabile indipendente dai fattori di crisi che sempre più si stanno addensando con il rischio di scatenare una incredibile contrapposizione e guerra tra i lavoratori delle varie regioni e dei vari stabilimenti.
Allora, da subito, nei capannelli operai, nelle discussioni in corso e nelle prime mobilitazioni che si stanno organizzando occorre avanzare – con decisione – la parola d’ordine che nessun licenziamento è giustificato e che, se necessario, non bisogna escludere la prospettiva della nazionalizzazione di questo settore strategico della produzione.
Una Nazionalizzazione della pianificazione produttiva e della gestione del comparto rappresenterebbe la soluzione programmatica più avanzata per difendere non solo il salario operaio ed i posti di lavoro ma anche per assicurare un uso sociale della mobilità e della circolazione degli uomini e delle merci in un mondo in cui i trasporti sono un bene da difendere, implementare ed ulteriormente socializzare.

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