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La “visione” dei Pigs, per uscire dall’Unione Europea e dall’euro

Morire per Bruxelles o indicare ai lavoratori, ai settori popolari colpiti dalla crisi, ai paesi saccheggiati dai diktat della Troika un’alternativa? Di questo si discuterà sabato 23 maggio a Napoli (all’Asilo Filangieri) dove la Rete dei Comunisti ha convocato il secondo Forum Euromediterraneo (un primo si era tenuto a Roma nel novembre 2013) per discutere insieme a compagni e dirigenti politici provenienti dallo Stato Spagnolo e dalla Grecia la proposta di un’area euromediterranea alternativa e in rottura con l’Unione Europea e l’Eurozona.

Questa ipotesi ha cominciato a muovere i primi passi nel 2011, prima attraverso un libro ponderoso – “Il risveglio dei maiali” – curato da tre economisti marxisti (Arriola, Vasapollo, Martufi) tradotto successivamente in altri paesi e che individuava la necessità e la possibilità di una rottura dell’Unione Europea nei suoi “anelli deboli”, i paesi Pigs innanzitutto. Ma tra una buona idea e la sua maturazione non esiste sempre simultaneità. Ci sono voluti tre anni e la realtà prodottasi concretamente in Grecia, affinchè la proposta della rottura con la Ue e l’Eurozona e il progetto di un’area alternativa euromediterranea, incontrasse crescente interesse politico, nei paesi Pigs europei, Grecia e Spagna in modo particolare.
Il forum euromediterraneo di Napoli vede infatti ben rappresentati questi paesi. Al momento hanno confermato la loro partecipazione Alvaro Aguilera (Pce, Spagna); Joaquin Arriola (economista dell’università del Pais Vasco); Joan Canelo (Cup-Catalogna); Ramon Franquesa (Frente Civico-Somos Mayoria, Spagna), Pedro Montes (Socialismo XXI, Spagna), Joan Tafalla (Espai Marx, Barcellona), Leonidas Vatikiotis (Antarsya, Grecia). Mancherà invece Dimitri Belantis (che ha inviato il suo intervento scritto) perchè Syriza ha convocato un comitato centrale urgente per affrontare l’ennesimo passaggio sensibile del suo braccio di ferro con le autorità dell’Unione Europea. Interessante anche il contributo degli interventi italiani: dagli economisti Emiliano Brancaccio ed Ernesto Screpanti – oltre ovviamente Luciano Vasapollo – ad attivisti politici come Giorgio Cremaschi e Franco Russo. Infine i contributi dei compagni della Rete dei Comunisti che hanno promosso il forum.

E proprio dall’elaborazione ormai ventennale della Rete dei Comunisti sulla natura dell’Unione Europea, derivano le valutazioni che in questi anni hanno “smosso” un dibattito politico e teorico spesso stagnante, ma anche gli appiattimenti dell’antagonismo di classe sulla visione riformista di una Unione Europea come orizzonte ineluttabile o magari “riformabile” dall’interno. “A pochi decenni dalla sua costituzione l’Unione Europea viaggia a tappe forzate verso la costituzione di un polo imperialista in competizione con altri soggetti imperialisti presenti a livello globale e altre potenze che si contendono il pianeta” scrive nel documento di convocazione la Rete dei Comunisti. “Nonostante ritardi e contraddizioni l’Unione Europea svolge già un suo ruolo egemonico aggressivo sia all’interno che all’esterno dei propri confini per imporre gli interessi delle sue classi dominanti ai concorrenti, per impossessarsi delle risorse, per aumentare il suo peso politico e militare”. Un giudizio di merito sul carattere compiutamente imperialista dell’Unione Europea dunque, e cioè del grado di sviluppo raggiunto dal capitalismo europeo e dell’apparato che le classi dominanti europee hanno costruito per poter affermare la loro egemonia sia sulle classi subalterne che sui paesi più deboli, all’interno e all’esterno del perimetro dell’Unione. Il via libero all’intervento militare europeo in Libia e la partecipazione attiva della Ue ai “regime change” in tutta l’Africa per insediare governi subordinati agli accordi Epa, per esempio, ne sono la conferma anche sul piano politico/militare e non solo economico. Un imperialismo europeo che porta alla guerra mettendo definitivamente in soffitta quel “soft power” che molti – un pò ingenuamente – per troppo tempo hanno ritenuto diverso e alternativo all’hard power statunitense.

“Per attrezzarsi a questo sconto negli ultimi anni l’UE ha realizzato un processo di gerarchizzazione – creando un centro dominante e una periferia subalterna – e una vera e propria guerra interna contro i lavoratori e le altri classi sociali colpite da una gestione liberista e autoritaria della crisi economica. L’UE ha sfruttato il ricatto del debito per trasformare i paesi del Mediterraneo e i Pigs – Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna – in una ‘periferia interna’ dalla quale attingere manodopera a basso costo e nella quale vendere prodotti e macchine realizzati nel centro produttivo del continente, sempre più concentrato in Germania e nei suoi paesi satellite” – scrive ancora il documento della RdC – “Di fronte all’irriformabilità di una costruzione che serve gli interessi delle classi dominanti i lavoratori e i settori popolari scelgano una via alternativa a quella inefficace e illusoria finora perseguita dai partiti maggioritari della sinistra nei vari paesi”.

Si pone dunque il problema non più e non solo della opposizione all’austerity ma quello di alternative che facciano saltare l’Ue come “gabbia dei popoli” e indichino di nuovo la prospettiva del cambiamento. In tal senso, recita il documento “L’unica soluzione di fronte a questa vera e propria gabbia è costituita dalla rottura dell’Unione Europea e dell’Eurozona, con la costruzione di una nuova alleanza dei paesi e dei popoli dell’area euromediterranea che adotti nuove politiche sociali indipendenti dai diktat della Banca Centrale e dell’asse franco-tedesco, che vari una nuova moneta e che sull’esempio dell’Alba costruita in America Latina dai paesi sottoposti per decenni alla dominazione statunitense costruisca nuove relazioni interne e internazionali basate su giustizia, solidarietà e complementarità”.

La parola d’ordine della rottura dell’Unione Europea e della costruzione di un’area alternativa che riunisca i paesi del fronte mediterraneo costituisce uno strumento fondamentale di lotta politica su due fronti:

– da un lato possiede la capacità di rianimare la battaglia internazionalista per i diritti dei popoli di fronte ai diktat delle oligarchie europee e di quelle che nei diversi paesi impongono i diktat di Bruxelles e di Berlino senza opporre resistenza, oltre che la lotta contro il pericolo di guerra che irresponsabilmente l’establishment europeo alimenta per difendere gli interessi delle classi privilegiate.

– inoltre la parola d’ordine della rottura progressista dell’Ue può costituire la base programmatica, il collante e l’identità sulla quale basare la costruzione di un movimento popolare di massa che contro i tatticismi e le giravolte elettoraliste dei partiti della sinistra responsabili di anni di fallimenti e sconfitte sia in grado di invertire la tendenza lavorando ad una prospettiva credibile di carattere internazionale per strappare alle destre populiste e ai movimenti neofascisti il monopolio della protesta – sempre parziale e strumentale – contro il sistema di dominazione rappresentato dall’Ue e dal sistema dell’Euro. Per costruire un blocco politico-sociale indipendente e alternativo a quello dominante occorre lavorare alla formazione di un movimento popolare che dovrà vedere il protagonismo dei settori popolari, dei lavoratori, dei giovani, ma che dovrà necessariamente allargarsi a settori delle classi medie colpite frontalmente da un processo di concentrazione del potere e delle ricchezze che ha investito le società dei nostri paesi nel loro complesso”.

Di questo si discuterà sabato 23 maggio a Napoli. Obiettivamente è un appuntamento da non perdere

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