Menu

Roma. Per i sondaggi il Pd è ormai al 17%

Si capisce bene perché il Pd abbia “blindato” Ignazio Marino intimandogli – o forse pregandolo in ginocchio – di rimanere alla guida del Comune di Roma. Sarebbe già sufficiente la “ragion politica” – finché non si dimette o non viene commissariato, può continuare a dire che “siamo stati noi a cacciare i cattivi” – ma ce n’è un’altra più terra terra. Insomma, al livello che Renzi e il suo cerchio magico può persino capire: un sondaggio definito “riservatissimo” assegna al partito di Renzi, in caso di elezioni amministrative a Roma, appena il 17%. Da “partito della nazione” a partitino sul viale del tramonto, surclassato dai Cinque Stelle e addirittura dalla lista dei palazzinari guidata da Alfio Marchini.

I segnali sociali erano già visibili – impossibile trovare tra gli iscritti i “volontari” disponibili a cuocere le salcicce alla festa de L’Unità (che non c’è oiù, ma la festa sì, come il partito…) – ma vederseli quantificati in un’autentica disfatta deve far male anche a stomaci sepolti sotto quintali di pelo.

A questo punto l’ipotesi del commissariamento sarebbe quasi più accettabile, perché concederebbe un anno di pausa e tentativi di recuperare credibilità, per quanto difficile possa sembrare dopo i più recenti viluppi dell’inchiesta Mafia Capitale. E dire che proprio stamattina il Commissario Anticorruzione, quel Raffaele Cantone messo lì proprio da Renzi, andava spiegando che “è molto complicato commissariare un Comune, bisognerebbe dimostarre che è tutto infiltrato dalla mafia”. Come dire: se ce sono dieci buoni su mille, li lasciamo continuare tutti?

Entro la fine di luglio, in ogni caso, dovrà arrivare una decisione sullo scioglimento e il commissariamento. Il sondaggio secretato non lascia speranze e mostra come l’astensionismo è diventato maggioranza assoluta (il 51% non andrebbe a votare), mentre il restante 49% verrebbe distribuito come spiegato prima (con in più un 8% attribuito a Salvini per via della sua alleanza con i resti del neofascismo romano, che però poteva prima contare su percentuali da paura (anche il 30%, quando alla guida c’era Fini – Fini chi?).

Del resto, Gramazio e Carminati possono essere quaificati in molti e poco onorevoli modi, ma di certo costituivano l’asse portante della destra romana, in versione istitutional o goodfellas. Quindi anche quel tipo di elettorato lì dovrebbe essere congelato per un bel po’, impossibilitato com’è a farsi rappresentare da un leghista senza pedigree di piazza e senza quarti di aristocrazia nera da esibire.

 

 

 

 

 

Il paradosso è che – Cinque Stelle a parte – nessuno vorrebbe davvero vincere questa tornata elettorale su Roma: tra inchieste e tagli alla spesa, infatti, il Comune può vantarequasi solo debiti e casse clamorosamente vuote. Se non c’è trippa, i vecchi gattopardi capitolini sarebbero quasi felici di passare la mano.

L’altro elemento interessante è quasi filosofico: ma il Pd renziano potrebbe reggere davvero una consiliatura all’opposizione? C’è da dubitarne fortemente, visto qual’è stato il collante negli ultimi venti anni (chiedere a Buzzi per dettagli più espliciti).

Ma chi è che deve decidere sul commissariamento o meno. Il prefetto. Quel Franco Gabrielli già capo della Digos nella questura di Roma, poi direttore del SISDE e dell’AISI (servizi segreti interni), quindi prefetto dell’Aquila nella gestione del post-terremoto, dal 13 novembre 2010 al 2 aprile 2015 capo del Dipartimento della Protezione Civile. Sembra il fratello gemello – come carriera – di Gianni De Gennaro. Secondo una ricostruzione de Il Fatto in base alle carte di Mafia Capitale, quando Luca Odevaine (arrestato, detto anche “mr. un euro aimmigrato per me”) era rappresentante del governo per la gestione dell’emergenza rifugiati sarebbe contattato dall’attuale prefetto in questo modo: “Me dice: senti Luca… prendite un attimo ‘ste carte – si legge in una intercettazione ambientale contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare eseguita oggi – guarda un attimo perché secondo me questa cosa (la gestione del Cara di  Mineo, ndr) costa ‘no sproposito”. Quando si dice il fiuto dell’investigatore…

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *