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Expo, Un modello ideologico per “l’economia della promessa”

’Expo non solo come grande evento ma come modello ideologico veicolato dalle èlite dominanti, un modello che non solo distrugge le garanzie sociali esistenti ma mette in campo una sorta di “economia della promessa”  alla quale tutti devono essere disposti a credere e disponibili ad adeguarsi.

Decisamente interessante l’incontro pubblico organizzato sabato  da Ross@ a Milano sul tema dell’Expo. A un mese e mezzo dalla manifestazione del 1 Maggio e dalle polemiche che ne sono seguite, Ross@ Milano ha ritenuto che fosse importante non mollare la presa contro l’evento  Expo per i suoi risvolti sul piano lavorativo, speculativo, sociale ma anche ideologico.

E’ infatti questa dimensione ideologica dell’operazione messa in campo con l’Expo che va compresa, contrastata, rovesciata. Dal lavoro gratuito all’idea che l’alimentazione possa essere una opzione di vita piuttosto che una necessità,  dal saccheggio di suolo che lascia in eredità solo cemento e debito pubblico da ripagare con tasse e tagli ai servizi, all’idea che la società possa essere una vetrina dove tutti si espongono, o come manichini o per quello che vendono. Insomma una dimensione complessiva dell’Expo che finalmente, è riuscita a comprendere anche chi lo aveva seguito più da lontano.

Intorno all’Expo si intende costruire un modello di città e di società ha affermato Nico Vox di Ross@ aprendo i lavori, il problema è che questa è la “loro città e la loro società” e tutti gli altri ne sono esclusi. Vox ha denunciato la precettazione contro i lavoratori dell’Atm nel periodo dell’Expo, ha ricordato il ricorso presentato contro l’uso del lavoro gratuito e i licenziamenti realizzati dall’Expo sulla base di rapporti di polizia secretati. Fatti questi consentiti dagli accordi sindacali firmati proprio in occasione della “tregua sociale per l’Expo”.

Decisamente interessanti per la visione “ampia”  del modello Expo gli interventi di apertura e chiusura dell’incontro fatti da due attivisti storici del movimento No Expo: Abo e Luca della rete attitudine No Expo. Efficace la sintesi che ne ha offerto Abo  “Expo significa debito, cemento, precarietà”,  “è una sintesi tra Jobs Act e decreto Sblocca Italia”. Severo il giudizio di Luca su quelle associazioni o reti che “quindici anni fa erano nelle strade di Genova a contestare un modello di mondo che rifiutavano e adesso hanno accettato di stare dentro Expo”.  Entrambi rinviano al libro Expopolis dove questo modello, la sua storia e il suo impatto viene descritto in modo complessivo.

Preziosa la testimonianza di Nicoletta Dosio, esponente del movimento No Tav della Val di Susa, la quale ha letto un volantino del 2003 del movimento No Tav nel quale si anticipava e denunciava l’uso del lavoro gratuito già nelle Olimpiadi di Torino del 2006. Nicoletta Dosio ha poi invitato alla solidarietà contro la repressione che si è abbatte contro gli attivisti No Tav con migliaia di inquisiti, processati e arrestati. Per i No Tav è stato naturale sostenere e partecipare alle mobilitazioni dei comitati No Expo.

E’ intervenuto Domenico Finiguerra, conosciuto per la sua campagna contro il consumo di territorio avviata quando per due legislature è stato il giovane sindaco di Cassinnetta di Lugagnano, piccolo comune lombardo, un impegno che prosegue oggi come consigliere di opposizione ad Abbiategrasso, comune dell’hinterland milanese dove contrastare l’effetto Expo è praticamente una lotta quotidiana. E’ poi intervenuto Roberto Maggioni, coautore del libro Expopopolis e giornalista di Radio Popolare.

Giorgio Cremaschi per il Forum Diritti Lavoro ha parlato di Expo come di una operazione ideologica. “Non è facile essere No Expo perché intorno ci hanno costruito un senso comune”,  “Expo dà lavoro quindi dobbiamo essere disponibili, altrimenti non ci comprano”.  Eppure secondo un sondaggio il 40% degli intervistati non gradisce Expo, e gli altri non si esprimono.  Sono una vergogna i sindacati che hanno firmato l’accordo sul lavoro gratuito e hanno accettato anche la precettazione dei tranvieri dell’Atm in occasione di due scioperi convocati da Cub e Usb durante il periodo dell’Expo. Il Forum Diritti Lavoro ha presentato un esposto al Ministero del Lavoro contro il lavoro gratuito.

Marco Fumagalli, docente universitario e animatore della rete San Precario, ha affermato che si vanno aprende delle crepe nell’immaginario creato dall’Expo. Ha chiarito come il lavoro volontario vada definito per quello che è: lavoro non remunerato. In questo senso dalle Olimpiadi di Torino del 2006 è cominciata una eccezione – l’uso del lavoro non remunerato – che sta diventando una norma. L’accordo sindacale del 23 luglio 2013 su Expo ha sancito l’uso del lavoro gratuito, un fattore che fa il paio con la legge sulla “Garanzia Giovani” avviata a maggio 2014. Con il modello Expo e questi provvedimenti siamo ormai dentro “l’economia della promessa”. Le contraddizioni di questo modello possono scoppiare negli ultimi due mesi di Expo cioè settembre/ottobre, occorre arrivarci preparati.

Infine è intervenuto Sergio Cararo di Ross@ di Roma, che ha inquadrato la tempesta dell’inchiesta su Mafia Capitale dentro il cambio di passo dei poteri forti nel mettere le mani sulle grandi aree metropolitane. Da tempo i grandi gruppi finanziari e multinazionali stanno guardando alle metropoli come punti di valorizzazione dei capitali. Le aree urbane, il territorio ma soprattutto i grandi flussi di consumatori dinamici (turisti e visitatori) diventano il mercato per gli investimenti di questi gruppi che stanno soppiantando quelli vecchi e meno internazionalizzati. In questo senso Roma e Milano hanno un amaro destino comune scandito dai grandi eventi.  In questa gentrificazione forzata delle aree metropolitane, per i settori popolari e a più basso reddito c’è solo la marginalità e l’esclusione, anche fisica, verso periferie sempre più allucinanti. Ha spiegato di come a Roma Ross@ sin da dicembre abbia dato battaglia politica chiedendo lo scioglimento del consiglio comunale e le dimissioni della giunta Marino, anche di fronte ai silenzi e alle resistenze della sinistra e di alcuni settori dei centri sociali. Da qui la necessità della rottura con una certa storia e modalità della sinistra e della indipendenza politica che Ross@ persegue come progetto politico.

Le conclusioni sono state tirate da Maurizio Disoteo di Ross@ Milano che ha sintetizzato alcune idee circolate nella discussione: il controllo popolare sulle aree dell’Expo che andranno in degrado subito dopo la conclusione dell’evento; opporsi all’aumento delle imposte locali che ci sarà a causa dei debiti lasciati da Expo su Comune e Regione; tenere l’iniziativa sulle garanzie dei lavoratori dentro e fuori l’Expo;  nessuna mediaziono o patto con il modello Expo; difendere la sovranità popolare sul territorio.
L’Expo infatti è costato 320 milioni di euro a Comune, di Milano, Regione Lombardia e Stato. Nonostante i trionfalismi tutti sono consapevoli che resterà un debito pubblico enorme sulle spalle. Tant’è che lo stesso Sole 24 Ore, già il 5 maggio, quattro giorni dopo l’inaugurazione, segnalava che forse l’Expo sarebbe stato meglio farlo nell’area dell’Ortomercato che era già di proprietà del comune. Non solo, i bandi su come utilizzare le strutture una volta finito l’Expo vanno deserti sul piano economico. Chi pagherà? Ci verranno a dire che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità e quindi occorre aumentare le imposte e tagliare i servizi sociali per ripagare il buco del debito lasciato dall’Expo? I maligni dicono che è per questo motivo che Pisapia ha annunciato che non si candiderà a fare ancora il sindaco di Milano. Ci vorrà infatti una bella faccia tosta……

 

 

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