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Salvinomics. La destra si candida a governare

Sente il vento favorevole e gioca le sue carte come opzione di governo in una intervista al Sole 24 Ore. E’ un Salvini meno sborone di quello televisivo, il politico che oggi risponde alle numerose domande del quotidiano della Confindustria. Capisce che qui si sta giocando la carta decisiva – la “benevolenza di Confindustria e di parte del padronato italiano – e quindi deve provare a risultare credibile rinunciando a “spararle grosse”.

Incalzato soprattutto dalle domande sulle questioni economiche, Salvini parte dalla situazione in Grecia mutuando al contrario la definizione della tragedia hegeliana, quando afferma che “ci sono due torti, un torto europeo perchè non si può portare mezzo continente alla fame, e un torto della Grecia perchè ha speso quello che non aveva”. Dato un colpo al cerchio e uno alla botte, il leader emergente della destra italiana (in tutte le sue componenti, inclusa quella neofascista), afferma che se fosse greco voterebbe no ma come italiano spera che si arrivi ad una intesa. Formalmente perchè fa suo il tormentone che l’Italia ha prestato i soldi alla Grecia, sostanzialmente perchè se si trovasse nella situazione della Grecia, Salvini avrebbe abbassato le penne molto prima. “L’uscita unilaterale dell’Italia dall’euro sarebbe un casino”. Dunque? “Stiamo pensando a più monete per aree più omogenee”. Ma poi prevale l’animale politico e Salvini precisa che “Se l’Europa continua a difendere l’euro così com’è, siamo anche pronti a uscire dall’Europa”.

Si capisce tra le righe che Salvini deve destreggiarsi su materie che maneggia poco e che in qualche modo delega ai suo consiglieri come l’economista Borghi. Viene da chiedersi se, quando afferma questo, Salvini ha ancora in mente l’integrazione de facto tra le imprese del Nord (do you remember la Padania? Ndr) con la “kernel Europa” intorno al nucleo tedesco; oppure se ha una visione valida per tutto il paese, dal Nordest fino a Trapani. Nell’ultimo anno ha provato a fare questa operazione “nazionale” ma sa benissimo che i suoi azionisti di riferimento sono ancora quelli che da anni ambiscono a legarsi al nucleo duro della UE piuttosto che condividere una soluzione valida per tutto il paese.

Ma i soldi, i soldi Salvini dove li troverete? Incalza il giornalista del Sole 24 Ore. Anche qui un colpo al cerchio e uno alla botte. “Che me ne faccio dei conti in ordine se la gente non lavora?” dice Salvini e giù botte anche contro l’obbligo di pareggio di bilancio. Fin qui tutto bene, potremmo dire, ma poi ci tiene a precisare che non taglierebbe mai le spese militari, ossia il punto di convergenza permanente sul quale non ci sono mai divergenze tra destra e cosiddetto centro-sinistra.

Anche sulla questione immigrazione, tema su cui la destra sta costruendo le sue fortune elettorali, Salvini si morde la lingua perchè deve tenere conto dei suoi azionisti di riferimento, limitandosi così all’impegno di “fermare il flusso, perchè l’immigrazione regolare è un valore aggiunto”.

Ma l’asino casca sulla questione fiscale, dove Salvini non trova di meglio che riproporre la flat tax, ossia una aliquota unica valida sia per i miliardari che per i pensionati. Ne propone una al 15% mentre Berlusconi ne propone una al 20%. Addio alla progressività dunque, cioè a quel meccanismo che attraverso la fiscalità cerca di tamponare le sempre più profonde disuguaglianze nei redditi. “La nostra è una reaganomics” ammette Salvini, rivelando che il suo anelito di difesa del ruolo dello Stato nelle grandi aziende strategiche come l’Eni, l’Enel e la Finmeccanica, dovrebbe convivere con il liberismo – o meglio l’ordoliberismo di ispirazione tedesca – in tutte le sfere della vita economica e sociale. Eh si perchè per quanto Salvini sgomiti per farsi paladino degli interessi italiani versus quelli tedeschi, il suo impianto calza perfettamente con le tesi dei liberali tedeschi del dopoguerra che hanno operato forsennatamente affinchè l’Unione Europea venisse edificata su quei parametri abbandonando ogni velleità keynesiana.

Salvini si candida quindi a governare. Abbandonati i panni del “Rodomonte in cassuela” con il quale ha trovato un inusitato spazio nei mass media bipartisan, il leader della Lega presenta il suo progetto di paese. In condizioni normali non sarebbe un problema, ma nelle condizioni eccezionali di questa fase storica potrebbe diventarlo, soprattutto perchè la fase storica ha messo definitivamente in soffitta la logica del menopeggio. Adesso servono soluzioni alternative vere, quelle che possono cambiare il corso delle cose magari con un segno progressista e non reazionario. L’invasione di campo di Salvini e della destra su terreni sui quali le forze della sinistra di classe potrebbero e dovrebbero mostrare maggiore coraggio e lungimiranza politica (uscita dall’euro e dalla Ue, accettare la sfida di una integrazione regionale alternativa a quella delle oligarchie e delle banche), conferma che il terreno di scontro è questo. E su questo o prevale una via d’uscita reazionaria o una progressista e di classe.

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