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Migranti. La Commissione Europea presenta piano straordinario. Trattato di Dublino addio

Domani pomeriggio a Strasburgo, Junker  presenterà le proposte della Commissione Europea sull’emergenza rifugiati e migranti. Dalle fughe di notizie più o meno orchestrate e da diverse fonti della Commissione, scrive l’agenzia Askanews, è trapelato già molto di quello che ci sarà nel pacchetto, contro cui c’è già stata una levata di scudi dei paesi dell’Est dell’Unione Europea ma che adesso deve fare i conti con il blocco degli Stati più potenti, il direttorio franco-tedesco innanzitutto, ma anche Italia e Spagna che scalpitano per stare nel “nucleo forte”. Il pacchetto di misure che verranno avanzate dalla Commissione Europea conterrà quattro nuove iniziative che, di fatto, annullano il precedente Trattato di Dublino sottoscritto dagli stati aderenti all’Unione Europea. Di fatto il “cambio di passo” della Germania conferma come i Trattati Europei possano rapidamente cessare la loro attuazione… se a farlo è uno degli Stati forti, una opzione questa negata alla Grecia o agli altri paesi Pigs.

La prima misura riguarda il ricollocamento fra i vari Stati membri, a carattere temporaneo (si parla dei prossimi due anni), di 120.000 rifugiati arrivati in Italia, Grecia e Ungheria, che si aggiungerà all’analoga proposta già fatta a maggio per 40.000 rifugiati (fra quelli arrivati nelle sole Italia e Grecia). La seconda proposta attiene ad un meccanismo permanente per la redistribuzione “automatica” dei rifugiati, sulla base di criteri oggettivi, ogni qualvolta i flussi d’immigrati superano una certa soglia d’emergenza in uno o più paesi membri. La terza riguarda un elenco di paesi di provenienza “sicuri”, che permetta di velocizzare – fino a ridurle ad appena qualche giorno – e di uniformare e rendere coerenti le procedure per accertare se un richiedente asilo abbia o no diritto alla protezione internazionale. Infine nuove procedure più rapide, severe ed efficaci, per rimpatriare chi è immigrato irregolarmente per motivi economici e non ha diritto all’asilo, sempre che il paese di provenienza rispetti lo stato di diritto e sia “sicuro” (ovvero che non vi siano conflitti in corso o rischi di persecuzione o tortura).

Il primo provvedimento appare quello più contrastato ed è relativo alla ricollocazione dei 120.000 nuovi rifugiati da ripartire fra gli Stati membri, 54.000 verranno dall’Ungheria, 50.400 dalla Grecia (che si aggiungono ai 16.000 della proposta di maggio, per un totale di 66.400) e 15.600 dall’Italia (si aggiungono ai 24.000 della proposta di maggio, per un totale di 39.600). La grande maggioranza dei 120.0000 ricollocamenti sarà assorbita da Germania (31.443, il 26,2%), Francia (24.031, il 20%) e Spagna (14.931, il 12,04%). Seguono Polonia (9.287, il 7,7%), Olanda (7.2014, il 6%), Romania (4.646, il 3,9%), Belgio (4.564, il 3,8%) e Svezia (4.469, il 3,7%). In questo calcolo, l’Ungheria sarebbe chiamata ad ospitare meno rifugiati di quelli che attualmente sono entrati nei propri confini. Le cifre, confermate oggi da fonti della Commissione, non sono ancora definitive perché nella ricollocazione provvisoria, potrebbero intervenire anche, volontariamente, altri paesi europei non membri dell’Ue, come Norvegia e Svizzera, o l’Irlanda che, come la Gran Bretagna e la Danimarca.

I paesi membri che dovessero rifiutare le quote loro assegnate potrebbero essere sottoposti a delle multe o sanzioni, secondo le indiscrezioni sul nuovo pacchetto. E’ ancora da vedere come funzionerebbe il meccanismo, e quale sarebbe l’entità delle multe (probabilmente proporzionale al Pil), ma l’idea è che il denaro andrebbe a finanziare un fondo per i rifugiati ospitati negli altri paesi. Si tratta, comunque, per ora, di uno degli aspetti più controversi e meno chiari del pacchetto. La nuova proposta di ricollocazione per 120.000 rifugiati dovrà essere approvata a maggioranza qualificata dal Consiglio Europeo (composto dai capi di stato), con la “consultazione” dell’Europarlamento. Se il Consiglio vuol modificare alcuni aspetti della proposta contro il parere della Commissione, quelle modifiche devono essere approvate all’unanimità. E’ probabile che entro settembre venga convocato un apposito Consiglio Europeo per dirimere queste contraddizioni.

Il pacchetto di misure punta poi a stilare una sorta di elenco di paesi terzi in cui si considera di poter rimpatriare i migranti irregolari per motivi economici che non hanno titolo all’asilo, senza che rischino di subire persecuzioni o torture. La lista unica, comune per tutti gli Stati membri, dovrebbe permettere alle autorità competenti di risolvere rapidamente (riducendo i tempi delle procedure “da sei mesi a cinque giorni”, secondo fonti della Commissione) i casi dubbi, quando le domande d’asilo sono usate strumentalmente dai migranti economici che non ne avrebbero bisogno. La lista conterrà tutti i paesi candidati all’adesione all’Ue, e dunque i paesi dei Balcani occidentali, compresi Serbia e Kosovo, e la Turchia. Questo non significa che non saranno presi in conto casi individuali particolari, per esempio dissidenti politici, che potrebbero avere bisogno della protezione internazionale nonostante la provenienza da un paese teoricamente “sicuro”.

Infine viene previsto che ogni rifugiato che sarà “ricollocato” avrà diritto a 6.000 euro che saranno pagati dal bilancio dell’Unione Europea, decisione questa che però era già contenuta nella proposta di maggio riguardante la prima ricollocazione. I richiedenti asilo arrivati in Italia, Grecia o Ungheria potranno esprimere le loro preferenze per il paese dell’Ue in cui essere “ricollocati”, ma saranno poi i paesi “ospiti” a decidere chi prendere in priorità, tenendo anche conto delle competenze e delle lingue eventualmente parlate dai rifugiati. Quando le richieste eccederanno le disponibilità, i rifugiati dovranno accettare di andare nel paese che verrà loro offerto.

Misure straordinarie dopo anni di inerzia e di abbandono dei paesi di frontiera (Italia, Grecia, Spagna), bandiera dell’Unione Europea assunto a simbolo di speranza dei rifugiati siriani, jet militari che scaldano i motori per andare a bombardare la Siria (non l’Isis ma la Siria). Una operazione di immagine e di strategia delle classi dominanti in Europa ben riuscita, purtroppo.

 

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