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Le dimissioni di Marino erano un atto dovuto. E da tempo

Non ci stupiscono né ci rattristano le dimissioni di Ignazio Marino da sindaco di Roma. Ross@, praticamente da sola, le aveva chieste già dal dicembre 2014 quando esplose la prima parte dell’indagine su Mafia Capitale. Successivamente altre forze sociali, politiche e sindacali sono arrivate alla stessa conclusione.

Ma perché Marino doveva dimettersi già da dicembre? Non certo perché coinvolto nel verminaio di Mafia Capitale. I fatti dimostrano che gran parte del patto politico-criminale e trasversale esisteva da prima della sua elezione a sindaco. Il problema è che quel patto aveva prodotto gran parte dell’apparato politico e dirigenziale che Marino aveva lasciato al suo posto.

Marino è stato prima il prodotto e poi la vittima dello scontro per bande all’interno del Pd romano, un partito di potere con componenti “pericolose”, come ha documentato l‘inchiesta sui circoli Pd realizzata da Barca. Ma l’essere vittima di questa guerra nel Pd non lo assolve dalle sue responsabilità politiche come sindaco.

A parte la comprovata e ripetuta inadeguatezza ed estraneità alle dinamiche reali della città che doveva governare (una prova di più è stata la nomina del “sabaudo” Esposito ad assessore di un settore strategico come i trasporti), ogni volta che Marino ha preso parola sui problemi sociali o su quelli dei lavoratori l’ha fatta fuori dal vaso: dai fatti di Tor Sapienza ai dipendenti comunali, dagli autisti dell’Atac alle maestre delle materne e degli asili nido, dai vigili urbani ai dipendenti del Colosseo. Un sindaco espressione non tanto dei poteri forti ma coincidente in pieno – per mentalità e visione delle cose – con i poteri forti e gli interessi privati che vogliono spolpare ulteriormente la città di Roma, il suo territorio, i suoi abitanti, i suoi visitatori, i suoi servizi pubblici.

Le dimissioni di Marino sono dunque un atto tardivo e dovuto. Adesso occorre mettere in campo una seria alternativa di governo sulla città di Roma che non faccia della legalità solo una trappola, che dia priorità alle esigenze popolari, che rigetti i diktat del Patto di Stabilità, che tenga alla larga non solo i mafiosi e i fascisti del “Mondo di mezzo” ma anche gli appetiti del Mondo di Sopra, i quali già stanno facendo convergere i loro interessi su Marchini, l’uomo dei costruttori e delle banche.

Ross@ Roma

www.rossa.red

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