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Squadra di polizia per Roma Capitale

Uno scenario impressionante, da terzo mondo di una volta o da fascismo imperante. Con un tocco di fiction televisiva, vien da aggiungere, perché nominare cinque viceprefetti come “subcommissari” per Roma Capitale suscita immediatamente l’immagine della “squadra di polizia”. E non manca neppure un briciolo di ironia della cronaca, perché il grado di viceprefetto è qualche gradino superiore a quello di commissario (in mezzo ci sono vicequestori e questori), e sembra un gioco di ruolo che siano ora diventati “subcommissari”.

Francesco Paolo Tronca, fresco ex prefetto di Milano, che a Roma si era fatto notare per la guida dei Vigili del Fuoco e per l’auto di servizio concessa al figlio per andare allo stadio (la responsabilità è stata poi scaricata su un funzionario, come si usa in questi casi), ha dato spazio a un solo tecnico non poliziotto: Pasqualino Castaldi, dirigente di prima fascia della Ragioneria Genrale dello stato, con l’ovvia delega a curare il non brillante bilancio del Comune di Roma.

Gli altri sono tutti funzionari di polizia di assoluta fiducia del neocommissario.

Ugo Taucer,per esempio, capo di gabinetto con lo stesso Tronca a Milano, fino al 31 ottobre, data di chiusura dell’Expo. Anche Iolanda Rolli, viceprefetto, ha ricoperto fino ad oggi lo stesso incarico, ma presso il Dipartimento dei Vigili del Fuoco. Livio Panini D’Alba, ha invece appena lasciato l'”incarico speciale presso la Prefettura di Milano per Expo 2015″, a conferma di una squadra fatta a misura di commissariato. Clara Vaccaro, l’unica donna, anche lei viceprefetto, è stata invece fin qui vicario della Prefettura di Roma, con Gabrielli. Infine Giuseppe Castaldo, che era stato invece commissario di Reggio Calabria dopo lo scioglimento del Comune per mafia.

Dire che si tratta di un team inquietante, per nulla da dream, è dire poco. Mettere la polizia – una mentalità, un metodo di lavoro, anche a prescindere dalle doti personali dei prescelti – a capo della Capitale di un paese avanzato è qualcosa di più di un segno dei tempi. E’ uno stile di governo.

La città e le sue articolazioni sociali vengono considerate così un intralcio al disbrigo dell’amministrazione corrente. Gli unici ad avere udienza saranno i potentati locali, interessati alla continuazione degli affari attualmente in corso, e il Vaticano, per ovvi motivi territoriali e giubilari. Dunque un’amministrazione che si annuncia aperta con il business e occhiuta con tutti coloro che per i motivi più vari – dai lavoratori dipendenti dal Comune o dalle municipalizzate fino alle soggettività sociali più diverse che animano conflittualmente una metropoli di oltre tre milioni di abitanti – saranno considerati un intralcio. All’amministrazione e al business.

E’ una verticalizzazione del potere – i prefetti rispondono al governo, quindi a palazzo Chigi – di cui bisognerà tenere adeguato conto, nei prossimi mesi. Guai a chi si muove come se le cose fossero sempre uguali…

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