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L’aria che tira a Roma. Vietato il corteo del pubblico impiego

Sarà un caso, ma non può esserlo. A Roma, governata da una diarchia prefettizia, la questura ha vietato il corteo in occasione dello sciopero generale del pubblico impiego, indetto dall’Unione sindacale di Base per venerdì 20 novembre.

Ridicole o provocatorie le motivazioni: “gravi ripercussioni sull’ordine e la sicurezza pubblica”. Stiamo parlando di un corteo di padri e madri di famiglia, lavoratori dello Stato e/o degli enti locali, impiegati del catasto e quant’altro.

Ma c’è un'”ordinanza prefettizia” . quindi direttamente governativa – che vieta qulsiasi manifestazione durante il giubileo. A meno che non avvenga di sabato o domenica. Ma uno sciopero del genere non può avvenire nel weekend, né ha senso convocare una mamifestazione in un giorno diverso dallo sciopero.

Il “modello Expo” è questa roba qui. Il governo decide che in occasione dei “grandi eventi” – siamo in attesa che vengano dichiarati tali anche gli internazionai di tennis, le partite del Sei Nazioni e la sagra della porchetta – i diritti costituzionali a esprimere il proprio dissenso rispetto alle scente del governo siamo sospesi. Che il lavoro possa essere non retribuito. Che soltanto gli affari – anche quelli sporchi – non debbano subire intralci.

Decisioni come questa non sono l’ordinaria amministrazione, ma esibizioni pratiche di un golpe costituzionale continuo. Con l’affidamento alla polizia degli incarichi politico-amministrativi viene reciso il legame tra amministrazione e cittadinanza organizzata (in sindacati, partiti, organismi sociali collettivi, ecc). Viene insomma soppressa la mediazione politica tra interessi diversi. Vigono solo le decisioni governative, trasmesse attraverso una catema militare.

Nessuno più potrà parlare di istituzioni democratiche, in queste condizioni. Un governo non eletto, nominato d’autorità e privo di una maggioranza parlamentare stabile, peraltro espressa da un parlamento di nominati attraverso una legge elettorale dichiarata con sentenza incostituzionale, impone militarmente le sue decisioni e cerca di renderle “costituenti” di un altro, eversivo, ordine.

Questa è la realtà. Se la capitale è corrotta, la nazione è infetta, si diceva una volta. Dunque, se la capitale è militarizzata, il paese è avviato alla dittatura.

Vedi anche https://contropiano.org/politica/item/33854-squadra-di-polizia-per-roma-capitale

Segue il comunicato dell’Usb.

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QUESTURA ROMA VIETA CORTEO SCIOPERO GENERALE PUBBLICO IMPIEGO

USB, ATTO GRAVISSIMO RICORREREMO IN TUTTE LE SEDI

La Questura di Roma ha negato l’autorizzazione al corteo indetto per il prossimo 20 novembre a Roma, in occasione dello sciopero generale nazionale dei lavoratori pubblici, proclamato per la stessa giornata dall’USB Pubblico Impiego contro la Legge di Stabilità 2016.

A motivo della mancata autorizzazione, si sostiene che la manifestazione “si sarebbe dovuta svolgere in giorno lavorativo in difformità dall’ordinanza prefettizia che prevede lo svolgimento dei cortei nelle giornate di sabato e domenica” e che la centralità del percorso prescelto comporterebbe “gravi ripercussioni sull’ordine e la sicurezza pubblica”.

La Confederazione USB, considera la decisione assunta dalla Questura di Roma un gravissimo atto lesivo delle libertà sindacali e democratiche, che reprime un corteo di lavoratrici e lavoratori  pubblici indetto in occasione di uno sciopero generale nazionale per il quale sono previste altre due manifestazioni, a Milano e Napoli.

Sottolinea che non è stato possibile conoscere il testo della direttiva prefettizia a cui si fa riferimento nel divieto (la 182692 del 26 giugno 2015) e che  l’USB ne sta richiedendo accesso agli atti, ai sensi della legge 241 del 1990.

La Confederazione USB evidenzia inoltre che nell’ordinanza viene surrettiziamente introdotto il motivo delle ripercussioni sull’ordine e la sicurezza pubblica, unica ragione per cui la Costituzione italiana contempla il divieto a manifestare.

La Confederazione USB annuncia infine che si opporrà contro tale divieto in tutte le sedi, a cominciare dal Tar del Lazio, presso il quale depositerà ricorso nelle prossime ore.

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