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Falso di polizia, Ballarò se la beve

“Andare in televisione” pare sia davvero la droga più potente in circolazione. Quella che permette ad esseri umani altrimenti insignificanti di immaginarsi forti, colmi di carisma. Protagonisti e non – com’è nella logic dello spettacolo – comparse.

Naturalmente bisogna saper “coglierel’attimo”, sparare qualcosa di memorabile (“scandaloso”) in quei pochi minuti. Qualcosa che colpisca forte, sia ripreso, enfatizzato, gonfiato a dismisura, in modo da garantire altri passaggi televisivi, fino ad avere – sperabilmente – una vita da “vip”.

Non c’è bisogno di grande introspezione psicologica, insomma, per intuire quel che passa per la testa dei tanti che vanno in tv a gridare qualcosa, esibendo prove e provette. Nemmeno se è un funzionario di polizia, dirigente di un sindacato di ultradestra come il Sap, invitato a nientepopodimeno che a Ballarò – esistono talk show assai meno importanti – a parlare di “sicurezza”, dotazioni delle forze di polizia, adeguatezza alle “sfide della criminalità e del terrorismo”.

In questo caso non c’è neanche un grande sforzo di fantasia per “sparare” quel che basta a sollevare scandalo, con tutto quel che ne consegue. Basta far vedere, in un servizio in cui i poliziotti parlano “camuffati” come pentiti di mafia, qualche casco e qualche giubbotto antiproiettile, autentici residuati bellici – o equivalenti – che dovrebbe testimoniare “l’impotenza della polizia” davanti a una criminalità teconologicamente avanzata, “antagonisti” in piazza con alabarde spaziali e terroristi più armati di un’astronave aliena.

Peccato che tutto ciò sia stato dimostrato talmente falso da garantire, all’incauto funzionario-sindacalista-poliziotto una normale denuncia dopo breve inchiesta della Digos (devono aver avuto uno stranguglione notevole in questa indagine).

Ciò nonostante il leader del Sap lo difende, assicurando che quello mostrato nel servizio di Ballarò “è tutto vero”. Ma chi è questo leader? Ganni Tonelli non è uno che ami star lontano dalle telecamere, tantomeno dalla politica. Di ultradestra, naturalmente. Di recente ha stretto i rapporti con Matteo Salvini, fino a salire sul palco di Bologna per tenere addirittura un discorso, mentre i suoi colleghi manganellavano chiunque cercasse di protestare contro la calata leghista sulla città (un flop assoluto, come dimostrato ampiamente da tutte le testimonianze e dai calcoli matematici). Una presa di posizione politica assolutamente incompabile – anche secondo gli stessi dirigenti della polizia – con il ruolo di pubblico funzionario, che richiederebbe almeno la finzione della “neutralità”.

Un passaggio deciso dalla vecchia destra alla “nuova”, perché rima era solito farsi vedere e fotografare accanto a Maurizio Gasparri, com’era avvenuto quando aveva invitato ad applaudire come eroi i poliziotti processati per l’omicidio del giovane Federico Aldrovandi.

Un “personaggetto”, direbbe il Crozza nei panni di De Luca, di cui è evidente soprattutto l’ambizione a “scendere in politica” (stavolta il verbo sembra davvero appropriato).

Il “caso” è tutto qui, e tutto il mondo politico ci ha tenuto a far conoscere la propria opinione in proposito (inutile riportarle, dunque). L’opinione meno onorevole, perciò meritevole di essere riportata per intero, è stata espressa dal conduttore di Ballarò, quel Massimo Giannini che è passato senza troppo successo dal ruolo di invitato a quello di conduttore.

Se dall’inchiesta della Procura fosse accertato un illecito commesso da appartenenti al corpo di Polizia di Stato, che ci abbiano fornito false informazioni, saremmo i primi a considerarci “parte lesa”. Il nostro inviato ha ascoltato diversi esponenti delle forze di Polizia. Il servizio era ampio, completo e accurato. Del resto, se non possiamo fidarci di un poliziotto, di quale altra fonte potremmo e dovremmo fidarci?“.

Un giornalista italiano medio non dovrebbe mai pronunciare una frase del genere. Pena una caduta di credibilità professionale al limite della radiazione dall’albo. L’elenco della menzogne e dei falsi, anche processuali, attribuiti in modo certo a funzionari di polizia di questo paese è infatti sterminato. Basterebbe ricordare la morte di Pinelli o i fatti di Genova 2001. o le indagini sulle “stragi di Stato”, per sapere che la parola di un poliziotto, in questo paese, è una parola senza alcuna sacralità, pronunciata da una persona qualsiasi. E spesso non proprio delle migliori…

 

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