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Torino-Lione. Virano “incompatibile” con la prosecuzione dei lavori

L’affare della Tav sulla tratta Torino-Lione è un festival di illegalità. Nelle istituzioni e nelle società costruttrici, non nella popolazione e nei movimenti che la contestano. L’ultima riprova viene dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (Agcm), che ha accolto il ricorso di una consigliera regionale Cinquestelle, la piemontese Francesca Frediani, contro la nomina di Mario Virano a massimo dirigente della Tunnel Européen Lyon-Turin (Telt), la società italo-francese che deve condurre i lavori.

Virano è incompatibile con quella carica in base alla legge del 2004 che regola il “conflitto di interessi” (nemmeno particolarmente severa, dunque). Quando ha assunto quest’ultimo incarico, infatti, non erano passati i 12 mesi di tempo che quella legge prevede come termine minimo prima che un qualsiasi dirigente torni a mettere mano su quel che faceva prima in altra veste.

Virano non è peraltro un dirigente qualsiasi, ma l’”anima operativa” della Torino-Lione, forse più della “talpa” che scava materialmente nella montagna. Ed è un recordman in fatto di conflitti di interesse sulla stessa opera. Per esempio, era stato nominato dal governo “commissario straordinario” a guida dei lavori (a Ferragosto del 2006), ma nello stesso tempo presiedeva anche l’Osservatorio tecnico. Con una parte del cervello, insomma, portava avanti lo scavo senza se e senza ma, con l’altra metà avrebbe dovuto – a questo serviva in teoria l’Osservatorio – fare da arbitro tra le diverse soluzioni possibili sul piano tecnico, per arrivare a opzioni condivise.

Non entriamo nel merito psicologico, perché la parte vincente non è mai stata quella dell’arbitro, ovviamente, ma quella del giocatore in campo; per conto del governo e delle imprese private ammesse agli appalti (alcune pesantemente accusate di collusioni con la malavita organizzata).

Il bello di questa “sentenza” dell’antitrust è che è arrivata su segnalazione – peraltro obbligatoria – dell’autorità anticorruzione, che aveva materialmente ricevuto l’esposto della consigliera grillina. Raffaele Cantone, insomma, nominato dai ministri di questo governo ogni volta che serve qualcuno a rappresentare l’imparzialità della legge, ha dovuto mettere la testa di Virano – altrettanto coccolato da tutti i governi a favore della Tav – nelle mani dell’antitrust.

Ora ci sarà naturalmente il ricorso di Virano contro la “destituzione”, e ci si possono attendere diverse sorprese. Ma già quel che è accaduto fin qui dimostra, ad abundantiam, che per fare la Tav la legalità è diventata da tempo un ostacolo. Una decisione coerente, insomma, sarebbe quella di rinunciarvi, non di rpomuovere processi mostruosi – anche sotto il profilo strettamente giuridico (vedi la strampalata accusa di “terrorismo” per quattro attivisti accusati di aver bruciato un generatore) – contro chi vi si oppone.

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