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Roma. Il commissario Tronca vuole privatizzare gli asili comunali

Perché affannarsi a far eleggere in tempi rapidi un nuovo sindaco quando una città – la capitale! – può essere governata da un commissario straordinario di provata fede renziana? Tolto di mezzo l’ingombrante Marino, il commissario straordinario Francesco Paolo Tronca va avanti come un carro armato a ridisegnare la città. In peggio ovviamente, in ossequio agli interessi delle grandi lobbie che non vedono l’ora di allungare i propri tentacoli su quel poco di patrimonio pubblico che i vari governi capitolini di centrodestra e centrosinistra non sono finora riusciti a svendere agli ‘amici degli amici’.
Ed ecco che, proprio durante le feste di fine anno, il commissario straordinario ha paventato concretamente la possibilità di privatizzare completamente gli asili nido romani, misura che potrebbe essere inserita nel bilancio 2016. Un bilancio, neanche a dirlo, ‘lacrime e sangue’.

A quanto riferiscono i media – senza grande clamore, a dire il vero – il progetto di privatizzare i nidi comunali e di cedere allo Stato le scuole d’infanzia è già contenuto nel bilancio 2016 sul quale sta lavorando il governo tecnico del Campidoglio.
Sono lontani i tempi in cui bastava declamare “privato è bello” per suscitare gli entusiasmi di un’opinione pubblica che nel frattempo ha dovuto concretamente fare i conti con il peggioramento dei servizi e con il rincaro delle tariffe dei settori privatizzati. Per non parlare delle ricadute occupazionali.
Ma la ricerca del consenso e della mediazione non è un problema che possa riguardare un tecnico messo a governare una città, per quanto importante come Roma.
E comunque Tronca e i suoi ci provano a far sembrare la consegna ai privati degli asili nido come una scelta obbligata e comunque dalle conseguenze benefiche: aumenteranno i posti disponibili, si ridurranno le liste d’attesa, caleranno i costi di gestione e quant’altro, promettono.
Il messaggio dei tecnici (che, a guardarli bene, sono in realtà molto politici) è che per far fronte alla richiesta dei bambini in lista d’attesa, “sarebbero necessari ulteriori fondi, per un importo pari a 6 milioni e 500 mila 613 euro l’anno per la copertura delle spese di gestione”. Ma siccome non è possibile racimolare risorse aggiuntive, “si propone di avviare un progressivo passaggio alla gestione in concessione, che consentirebbe una minor spesa per ciascuna struttura stimata in 450 mila euro annui” afferma il commissario. Analogo discorso per le materne: per esaurire le liste d’attesa servirebbero altre “90 sezioni nuove a tempo pieno, e ulteriori fondi per un importo pari a 12 milioni e 375 mila euro l’anno”. Per questo l’idea è una “progressiva statalizzazione delle scuole dell’infanzia”.
Per ora sembrano (quasi) tutti contrari alla sparata di Tronca, da destra a sinistra passando per le associazioni dei consumatori ai sindacati concertativi. Compresi alcuni esponenti del Partito Democratico ai quali però lo stesso commissario ricorda che le sciagurate scelte da lui difese “sono coerenti con il percorso tracciato dalla precedente amministrazione, nonché con il piano di rientro che aveva già prescritto un programma di ristrutturazione della spesa nel settore dei nidi”. A causa del quale le rette aumenteranno nei prossimi anni di circa 200 euro all’anno per famiglia. È la conseguenza, appunto, di un atto della giunta Marino nel 2014, la “rimodulazione delle tariffe per i servizi”, quella contestata dalle famiglie che andarono a protestare con i passeggini in Campidoglio. Una sentenza del Tar aveva annullato gli aumenti per l’anno scolastico passato, ma la intollerabile misura rimane in vigore a partire dal prossimo anno. 
La posizione più netta e chiara, come sempre, è quella espressa dall’Unione Sindacale di Base. “La proposta di privatizzazione degli asili nido e di cessione progressiva allo Stato delle scuole dell’infanzia comunali, vedrà la ferma opposizione di USB – recita un  comunicato del sindacato indipendente – e come fatto, già questa estate per impedire il licenziamento di migliaia di precarie, siamo pronti a rimettere le nostre tende in Campidoglio per impedire la svendita dei servizi pubblici essenziali e la perdita di centinaia di posti di lavoro!”.

Le delegate di Nidi e Scuole dell’Infanzia di USB di Roma Capitale denunciano un piano di rientro per 180 milioni di euro “che prevede una prima tranche di 17 nidi dati in concessione ai privati, nell’ottica di una progressiva privatizzazione dei servizi, aumento delle tariffe per le famiglie e un graduale affidamento delle scuole dell’infanzia allo stato”. Secondo l’Usb sarebbe già pronto l’elenco dei nidi da regalare ai privati: “Boccioni (II Municipio); Tor Cervara di via Eneide, Giocolandia di via Montecassiano, Bimbilandia di via Bonifacio e Flora (IV Municipio); Casale Prampolini di via Valente(V); Castelverde di largo Rotello, Ponte di Nona di via Crocco e Villaggio Prenestino di via Montegano (VI); Trafusa, Vivanti e Camboni (IX); Il bruco e la mela di via dei Colli Portuensi, Massimina di via Aquilanti e PortaPortese di via Bettoni (XII), Valcannuta (XIII) e Monsignor Antonino Spina di via San Basilide (XIV). 17 strutture considerate d’impiccio per il bilancio comunale. Eppure i rapporti nazionali sulle città che hanno esternalizzato i servizi educativi parlano chiaro: più la gestione è privata e più i costi salgono”.
“Un vero schiaffo in faccia alla città – sottolineano le delegate dell’Usb – all’idea stessa del valore dell’educazione che famiglie e lavoratrici in questi anni hanno rimesso costantemente al centro della politica gestionale, affermando che il futuro delle persone non si decide con il pallottoliere. Uno schiaffo che parla chiaro: la politica spinge i tecnici al lavoro sporco e Roma Capitale taglia sull’educazione. In linea con le tragiche politiche di governo, vedi la buona scuola, ci si libera in un sol colpo della responsabilità sul futuro di migliaia di lavoratrici precarie e di quella di garante di una qualità educativa fin troppo strumentalizzata in tempi di campagna elettorale”.

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